2008-11-21 16:13:14

Giornata mondiale della televisione: intervista con mons. Viganò


Incoraggiare gli scambi di programmi televisivi che si concentrano su temi come la pace, la sicurezza, lo sviluppo economico e sociale ed il potenziamento degli scambi culturali. E’ la priorità indicata dall’ONU in occasione della “Giornata mondiale della televisione”. La comunicazione televisiva dovrebbe anche essere capace di trasmettere valori e di diffondere una conoscenza delle diverse culture. Sul significato di questa giornata si sofferma, al microfono di Federica Andolfi, mons. Dario Edoardo Viganò, responsabile del settore spettacolo e cultura della Conferenza episcopale italiana:RealAudioMP3

R. - Il senso di questa Giornata è che finalmente si guarda alla televisione ma mettendo al centro i fruitori, quindi è un modo che ci permette di riflettere sulle relazioni infrafamiliari, sul modo di consumare i prodotti cosiddetti culturali a partire, appunto, dalla televisione.
 
D. - Attraverso la comunicazione televisiva, è ancora possibile favorire la diffusione di valori ed ideali forti come la pace o valorizzare gli scambi culturali?
 
R. - Ci vuole un gruppo di persone - management, manager, autori - che siano persone abitate da questi valori, perché se io avessi l’80 per cento degli autori delle trasmissioni televisive capaci di scrivere dei programmi di intrattenimento, a partire da una visione cristiana della vita, certo che la televisione sarebbe in grado di veicolare dei valori. Diversamente, quando la televisione è abitata da logiche diverse, che sono le logiche meramente commerciali, anche se gli autori avessero qualche barlume di riferimento valoriale ma avessero una personalità fragile, certo, avremmo una televisione incapace di comunicare dei valori. Diversi sono gli scambi culturali, la conoscenza di culture diverse, di modalità religiose differenti: è possibile farlo, certo, con prodotto di fiction di qualità.
 
D. - Tra i diversi mezzi di comunicazione, quale, secondo lei, è il più efficace e quale è capace di influenzare maggiormente gli utenti?
 
R. - Non si può pensare che la televisione influisca sulla persona tout court, nel senso che lo spettatore non è una parte di una massa acritica ma è una persona che è dentro alcune relazioni sociali. Certamente, devo dire che la rete - e il Papa almeno nel tema della Giornata mondiale delle comunicazioni sociali lo ha messo in evidenza - è un medium molto forte per un segmento di popolazione che è quello giovanile. I media, certamente, sono un fattore importante nella società e nel comportamento di una persona, non sono l’unico, e poi molto spesso si intersecano, si incrociano, si sovrappongono.
 
D. - Quindi, la televisione ancora ha un ruolo così determinante nella comunicazione nonostante l’evoluzione degli altri canali informativi, appunto, come ad esempio, internet?
 
R. - Per un pubblico adulto e un po’ distratto, credo di sì, non ad esempio gli adolescenti che sono, tra le altre cose, attratti da altre iniziative di socializzazione, dallo sport ad altre esperienze, oppure di socializzazione sulla rete.
 
D. - Nella società di oggi, quale messaggio è auspicabile che la televisione lasci?
 
R. - Affidiamo la televisione alla sua patrona, a Santa Chiara, perché appunto, in qualche modo, l’immagine non si consumi in se stessa ma sappia sempre rimandare, evocare, un mistero più grande di noi, sia in chi la guarda, sia in chi la fa.







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