Ricerca della giustizia e rifiuto della violenza: l'appello al mondo da Cipro, al
termine del Meeting "Uomini e religioni"
Nessun odio, nessun conflitto, nessun muro può resistere alla preghiera, al dialogo,
al perdono. Rappresentanti di confessioni e culture diverse lanciano un forte appello
per la pace nel mondo. Questo il richiamo espresso ieri sera a conclusione dell’incontro
“Uomini e Religioni”, organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio a Cipro. Da Nicosia,
la nostra inviata, Francesca Sabatinelli:
Dialogo e
preghiera per far crescere una civiltà di pace che eviterà al mondo di diventare disumano.
L’appello di pace che ha chiuso "Uomini e Religioni" chiede ai ricchi del mondo di
guardare ai poveri e a chi soffre per guerra e violenza. Più spirito e più senso di
umanità è quello che chiedono i leader religiosi. Il richiamo a cancellare le ingiustizie
si alza da una Cipro drammaticamente divisa, una ferita che questo Meeting vuole contribuire
a risanare favorendo la reciproca conoscenza, permettendo l’incontro tra alcuni religiosi
con i negoziatori greco-cipriota e turco-cipriota, che assieme all’inviato Onu portano
avanti le trattative. Niente è perduto con il dialogo e tutto è possibile, ha detto
il fondatore di Sant’Egidio, Andrea Riccardi: occorre far crescere tra gli uomini
quello spirito di Assisi che ha avuto in Giovanni Paolo II il suo iniziatore e che
il prossimo anno soffierà a Cracovia. Ed è stato affidato a Ingrid Betancourt il compito
di rendere testimonianza e di chiedere a nome di chi soffre, di chi è ostaggio, torturato
e abusato dal potere, di non arrendersi e di vedere nelle religioni non muri ma ponti
che uniscono. E lo stesso Andrea Riccardi, fondatore della
Comunità di Sant'Egidio, è stato avvicinato al termine dell'incontro da Francesca
Sabatinelli, che gli ha chiesto un bilancio dell'edizione 2008 del Meeting:
R. - Siamo
venuti qui non per fare una mediazione, ma siamo venuti qui per affermare uno spirito
di pace, una cultura di pace e di incontro, in una situazione di divisione incancrenita,
di violenza, di diritti umani violati. Abbiamo incontrato i negoziatori proprio perché
i leader religiosi dovevano prendere contatto con la situazione: dovevano parlare
loro stessi, far sentire il loro anelito di pace, essere informati. D.
- Le speranze di questo incontro Cipro 2008 in vista di Cracovia 2009? R.
- Cracovia è un grande obiettivo, perché Cracovia sarà anche Auschwitz, la vicenda
della Shoah, della distruzione di interi popoli durante la II Guerra mondiale. Ma
noi non dimenticheremo Cipro: non dimenticheremo questo lembo di Europa occupata,
il mondo ortodosso, questa bella isola ferita. D. - La Comunità
di Sant’Egidio è soddisfatta? R. - Sant’Egidio è sempre soddisfatta.
Ma è ancora insoddisfatta perchè in questo nostro mondo non c’è pace. Il
valore dell'incontro e del dialogo promosso da "Uomini e religioni", come strategia
efficace per la soluzione di controversie di diversa natura - religosa come politica
- è un segno per tutte quelle zone del mondo in cui si cerca di risolvere un contenzioso
usando la violenza. L'Iraq è una di queste zone e sul suo futuro prossimo Francesca
Sabatinelli ha raccolto, da Nicosia, gli auspici di mons. Benjamin Sleiman,
arcivescovo latino di Baghdad:
R. - Non
bisogna perdere la speranza, ma bisogna essere realisti. La violenza è un messaggio
politico, per questo - se uno fa attenzione alla storia del Medio Oriente - ci sono
dei momenti nei quali, ogni volta che c’è un incontro in cui si spera in qualcosa
di buono, c’è allo stesso tempo un’operazione violenta che cerca di neutralizzarlo.
Quindi, bisogna che si rinunci a fare politica con lo strumento della violenza e si
trovino altri metodi per fare politica. D. - Sembra che si
voglia cercare di lasciare spazio al dialogo e non alla violenza: c’è stato questo
accordo raggiunto sul graduale ritiro delle truppe Usa. Lei è ottimista? R.
- Certamente, apre uno spiraglio di speranza per una situazione migliore e forse salva
l’Iraq da un vuoto soprattutto al livello della sicurezza. Se questo trattato non
fosse stato firmato, forse ci sarebbe stato il rischio di un vuoto ancora più grande
e quindi di una situazione più pericolosa. D. - La situazione
dei cristiani: sembrava che fossero rientrati in buon numero a Mossul, ma c’è ancora
un ingresso e un’uscita costante di queste persone... R. - Se
non c’è pace - e più che pace un riconoscimento dei diritti di tutti - se l’Iraq non
ritrova veramente la cittadinanza come base comune, molti saranno tentati ancora di
andarsene via. Il più debole si sente minacciato, e anche se non lo è... Non tutti
hanno un motivo preciso per andarsene via. Ma la paura per quello che accade a uno
oggi, e che poi accadrà a me domani, fa sì che sia meglio prevenire che guarire. D.
- Lei ha definito i cristiani in modo molto forte: “Merce di scambio della politica”... R.
- In questi ultimi tempi abbiamo visto che si è giocato con la sorte dei cristiani
per ragioni politiche, perchè ognuno ha una tattica, un progetto politico che non
è quello dell’altro, e i cristiani non sono veramente protagonisti in questo gioco.
Uno vota una legge, dando più voti ai cristiani, e l’altro rifiuta questa legge perché
non vuole che vi siano più voti. Quindi, stanno strumentalizzando i cristiani. D.
- Lei di cosa ha paura in questo momento? R. - In questo momento
ho paura dell’estinzione dei cristiani.