Somalia: massima cautela nella trattativa per la liberazione delle due suore italiane
Si lavora nello più stretto riserbo per liberare Caterina Giraudo (67 anni) e Maria
Teresa Olivero (61), le due suore italiane rapite il 9 novembre scorso in Kenya da
uomini armati e probabilmente trasferite in Somalia. Delle due religiose si sa che
stanno bene, come confermato tre giorni fa dal “provincial commissioner”, Josefant
Maingi. Sarebbero poi stati avviati dei contatti con i rapitori attraverso l’aiuto
dei capi tribù di El Wak. Un lavoro molto delicato che fa escludere l’ipotesi del
blitz lanciata ieri dal quotidiano keniota “The Standard”, citando il portavoce dell’esercito
del Kenya Ongeri, secondo il quale le truppe keniane sarebbero ''pronte ad intervenire
contro i miliziani'', qualora le due religiose e l'autista che le accompagnava non
fossero rilasciati immediatamente. Sulla questione è intervenuto anche il ministro
degli Esteri italiano, Franco Frattini, che da Londra ha voluto smentire con decisione
l'ipotesi di un intervento dell'esercito keniano, che risulterebbe troppo pericoloso
specialmente se annunciato. Intanto si moltiplicano gli appelli per la liberazione
delle due religiose e tutti gli operatori umanitari nelle mani delle bande di sequestratori
somali. Ultimo in ordine di tempo quello di Nino Sergi, segretario generale dell’organizzazione
non governativa Intersos, che coglie l’occasione “affinché la politica e i media aprano
gli occhi sulla realtà somala”. Sergi denuncia “il crescente disinteresse della comunità
internazionale, a parte alcune lodevoli iniziative, e la scelta di chiudere gli occhi
di fronte alla gravità del caso: un Paese per diciotto anni senza Stato, abbandonato
a sé stesso, nella sua povertà, nella più totale disgregazione sociale, in preda alle
prepotenze che a turno si sono succedute e con le porte aperte a qualsiasi attività
o potere illecito”. Come Ong, afferma Sergi, “non intendiamo abbandonare la Somalia”.
“Anche la cooperazione avviata dai Governi e dalle agenzie internazionali va quindi
assolutamente continuata – sostiene ancora il segretario dell’Ong -. Occorre ripensare
il ruolo delle Nazioni Unite nell’area” e “ripensare le scelte e l’impegno dei Paesi
membri” tra cui l’Italia. Secondo Sergi è anche necessario “valorizzare il già positivo
ruolo dell’Europa” e sostenere “le iniziative regionali africane”. (M.G.)