Il Papa chiede di pregare per le comunità cristiane dell’Asia perché sappiano trovare
i modi per annunciare Cristo nel continente
Per il mese di novembre, Benedetto XVI chiede ai fedeli di pregare per la Chiesa in
Asia. In particolare, l’intenzione di preghiera per questo mese afferma: “Perché le
comunità cristiane dell'Asia, contemplando il volto di Cristo, sappiano trovare le
vie più consone per annunciarLo alle popolazioni di quel vasto continente, ricco di
cultura e di antiche forme di spiritualità, nella piena fedeltà al Vangelo”. Un’intenzione
su cui si sofferma padre Piero Gheddo, missionario del Pime, profondo conoscitore
del continente asiatico, intervistato da Alessandro Gisotti:
R. - In altri
continenti come l’Africa, la Chiesa ha annunciato Cristo in un modo molto semplice,
anche perché l’Africa non aveva delle culture antiche organizzate, non aveva religioni
organizzate. In Asia, si pone invece il problema di annunciare Cristo in modo che
gli appartenenti a queste culture antiche possano intendere bene il messaggio. E quindi
ci sono vari problemi. Dice bene il Papa nell’intenzione di preghiera: “Contemplando
il volto di Cristo”, perché le religioni asiatiche, soprattutto l’induismo, il buddismo
e anche l’islam nella sua espressione del sufismo, hanno questa caratteristica di
dare un grande spazio alla contemplazione, al misticismo. Nell’annunzio del Vangelo,
perciò, dobbiamo innanzitutto, in Asia, dare l’immagine di una Chiesa che adora, una
Chiesa che contempla, che prega. In Asia c’è stata soprattutto una Chiesa che ha esercitato
un’opera sociale di accompagnamento allo sviluppo del popolo. Questo va molto bene:
abbiamo offerto un’immagine del contenuto essenziale del Cristianesimo che è la carità.
Oggi, però, nell’evoluzione dell’Asia, questi popoli vanno verso religioni che hanno
come caratteristica soprattutto il mondo soprannaturale, la contemplazione. C’è dunque
una questione di adattamento anche della teologia e del modo di vivere del cristianesimo
che pone dei problemi alle Chiese asiatiche e per questo dobbiamo pregare, perché
il Signore le illumini e le fortifichi.
D. – Quale,
oggi, secondo lei, è la più grande sfida nell’evangelizzazione in Asia, pur considerando,
ovviamente, le differenze, anche profonde, da uno Stato all’altro?
R.
– La più grande sfida, immediata, è quella delle persecuzioni. E’ inutile nasconderselo:
in Asia, un po’ a causa dei regimi comunisti, Nord Corea, Cina, Vietnam, Laos… un
po’ per gli Stati musulmani, Pakistan, Iran, Malaysia, Indonesia, ecc. e un po’ per
la rinascita delle culture, le religioni locali come l’India con l’induismo, c’è il
grande problema di avere la libertà religiosa. Una libertà che in Asia c’è solo in
alcuni Paesi ma non in tanti. Quasi ovunque, io ho girato l’Asia parecchie volte,
si trovano situazioni, non dico sempre di persecuzione, ma certamente di ostacolo
alla fede.
D. – Eppure questi testimoni, proprio
come i martiri alle origini del cristianesimo, sono semi che danno molto frutto, lo
vediamo anche in queste terre…
R. – Certamente i
martiri portano frutto, il cristianesimo nasce dal sangue di Gesù, dal sangue degli
Apostoli e dei martiri, non c’è dubbio. Pero, in questo momento preciso, la Chiesa
combatte soprattutto per questo: per ottenere la libertà religiosa.
D.
– Quindi, per concludere e riassumere: la libertà religiosa è fondamentale...
R.
– Oggi, il primo problema delle Chiese dell’Asia è la libertà religiosa. Poi, il secondo
problema è fortificare l’aspetto contemplativo del cristianesimo.