2008-11-18 09:31:17

Accogliere la sfida della vita: così, il cardinale Bagnasco sulla vicenda di Eluana Englaro


“Il papà di Eluana parli con il mio, cambierà idea”: è l’appello di Bobby Schiavo, fratello di Terri, la donna americana in stato vegetativo, spentasi nel 2005 in Florida dopo 13 giorni senza idratazione e alimentazione. “Quella che è toccata a mia sorella - afferma Bobby al quotidiano “Avvenire” - è una delle morti più orribili e disumane. Nessuno dovrebbe essere mai più messo in quella situazione, in nessun posto al mondo”. Intanto, ieri un rapporto del Ministero della salute ha definito “assurdo” parlare di certezza di irreversibilità nel caso di persone che versano in stato vegetativo. D’altro canto, è sempre acceso in Italia il dibattito sull’eutanasia e sul testamento biologico dopo la sentenza della Corte di Cassazione che ha autorizzato la sospensione dell’idratazione e dell’alimentazione ad Eluana Englaro. Ma si può parlare di eutanasia nel caso di Eluana? Luca Collodi lo ha chiesto al cardinale arcivescovo di Genova, Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana:RealAudioMP3

R. - Sì, c’è questo rischio molto grave e anche evidente. Sospendere l’idratazione e la nutrizione è sospendere le funzioni vitali di una persona umana, al di là della sua situazione fisica, di salute. Quindi, queste funzioni non possono assolutamente essere considerate delle terapie, dei farmaci invasivi o straordinari, ma assolutamente incommensurabili.

 
D. - Un recente studio del Ministero della salute afferma che pur essendo poche le possibilità di recupero, lo stato vegetativo non può mai essere definito irreversibile. Lei concorda con questa analisi?

 
R. - Questo studio, che non conoscevo fino a questo momento, conferma la assoluta cautela con la quale dobbiamo affrontare questi temi della vita e della morte. Non soltanto per il valore intrinseco della vita - anche quando è ferita e dunque richiede una maggiore attenzione da parte della società e di tutti - ma in qualunque altra situazione. Soprattutto in questo momento, il mistero della vita deve suscitare all'interno della società intera una riflessione molto più attenta e molto più umile.

 
D. - Eminenza, perché la società italiana sembra difendere più il diritto a morire che a vivere: “diritto” che peraltro non è contemplato nella Costituzione?

 
R. - Penso che alla base di tanti problemi odierni da questo punto di vista, cioè dal punto di vista etico, vi sia una concezione della libertà in termini di assolutezza, come se la libertà, il principio di autodeterminazione - che certamente è un principio valido - debba essere applicato in termini assoluti, senza limiti di riferimento e senza altri giudizi di ordine superiore. E’ necessario per tutti quanti noi riprendere il concetto vero di libertà, non in termini individualistici, ma in termini personalistici: che tenga sempre conto della importanza delle relazioni e dell’esistenza di valori oggettivi non disponibili per le nostre decisioni.

 
D. - I temi della fine vita possono favorire una riflessione positiva tra laici e cattolici oppure rischiano di rendere il dialogo più difficile?

 
R. - L’auspicio, il desiderio, la speranza di tutte le persone di buona volontà è certamente che ci sia un dialogo sempre più intenso, più vero, più disponibile e non ci siano dei muro contro muro. Naturalmente, un dialogo vissuto nell’onestà intellettuale da parte di tutti, a partire dalla consapevolezza che esistono dei valori che sono oggettivi e assoluti e quindi non frutto di maggioranze, di minoranze di nessun genere, ma frutto di un riconoscimento intellettuale e onesto di valori. Valori che sono da parte dell’uomo soltanto da riconoscere, da accogliere, da custodire, da promuovere, perchè promuovere quei valori significa rispettare l’uomo e creare una società più umana.

 
D. - Lei, quindi, esprime l’auspicio che tutto questo si possa tradurre in un clima positivo anche nelle aule parlamentari per una legislazione al riguardo?

 
R. - E’ quanto veramente auspico e tutti quanti auspichiamo in nome della dignità vera dell’uomo e dell’umanità autentica di una società.







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