Stato di allerta per le elezioni nel Kashmir indiano
In una situazione di massima allerta, si sono aperti oggi i seggi per il rinnovo dell'Assemblea
dello Stato indiano del Jammu e Kashmir, da tempo percorso dalla violenza separatista
islamica. Le elezioni, previste in sette round che termineranno il 24 dicembre, sono
boicottate dai partiti che sostengono l'indipendenza dello Stato conteso da India
e Pakistan. Ma cosa manca per una reale pacificazione della zona? Risponde il prof.
Michelguglielmo Torri, docente di Storia dell’Asia all’Università di Torino, intervistato
da Giada Aquilino: R. – Non si
coinvolge mai a sufficienza la popolazione del Kashmir. La grande maggioranza degli
abitanti del Kashmir, in realtà, se solo avessero potuto, avrebbero voluto mantenere
uno Stato indipendente sia dal Pakistan, sia dall’India. Quindi, il popolo kashmiri,
in realtà, è, come dire, il convitato di pietra di questa sorta di scontro in atto
fra India e Pakistan; né il Pakistan, né l’India hanno veramente coinvolto la popolazione
del Kashmir nella soluzione del problema. D. – La violenza separatista
islamica da tempo insanguina la zona; al separatismo si sono aggiunte, in altri Stati
indiani, le violenze anticristiane, pensiamo all’Orissa. Ecco, oggi l’India che Paese
è? R. – L’India è un Paese attraversato da grandi tensioni,
che sono legate a una serie di fattori consistenti; cioè, l’India non è semplicemente
un paese multiculturale, multietnico, dove esiste una serie di gruppi etnici con lingue,
religioni e tradizioni diverse. L’India è soprattutto un paese dove esistono forti
discriminazioni e forti differenze sociali; è un Paese dove - nonostante il funzionamento
di un sistema democratico, che è un sistema democratico non di facciata – rimangono
grandi ingiustizie sul piano sociale. In realtà, le violenze - che non sono solo le
violenze del separatismo islamico e le violenze contro i cristiani, ma anche le violenze
contro la minoranza musulmana da parte dei fondamentalisti indù e le violenze da parte
dei gruppi sociali dominanti nei confronti degli strati più poveri della popolazione
- tutto questo magma di situazioni è, in ultima analisi, legato a una situazione di
ingiustizia sociale di fondo che lo Stato indiano non ha fatto abbastanza per rimuovere,
soprattutto a partire dall’inizio degli anni ’90, quando si è fatta la scelta di uno
sviluppo di tipo neoliberista. Questo sviluppo di tipo neoliberista ha sì comportato
la rapida crescita degli indici macroeconomici, ma la verità è che la ricchezza è
andata a beneficio di un sesto circa della popolazione - significa 200 milioni di
persone, in India – ma che di fatto hanno tagliato fuori, dai suoi benefici, la grande
maggioranza della popolazione.