Il Papa alla Conferenza internazionale promossa dalla Pastorale della salute: i bambini
malati siano oggetto di rispetto, tenerezza e solidarietà
Nei riguardi di ogni bambino affetto da malattia, specie se grave, si ha il dovere
“di offrire il meglio della competenza e dell’umanità”. E’ l’imperativo che Benedetto
XVI ha indicato ai partecipanti alla 23.ma Conferenza internazionale organizzata dal
Pontificio Consiglio per la Pastorale della salute, ricevuti questa mattina in udienza.
Con i piccoli malati, ha detto il Papa, va cercato il giusto equilibrio tra cura senza
accanimento, garantita la comunicazione con le famiglie, assicurata la solidarietà
quando la malattia di un bambino è figlia di uno dei tanti volti della miseria. Il
servizio di Alessandro De Carolis:
“Al fanciullo
si deve il massimo rispetto”. La frase del poeta latino Giovenale sintetizza con efficacia
la responsabilità che un adulto ha verso chi è piccolo, indifeso, non ancora nato,
in modo particolare se colpito da una qualche patologia. Benedetto XVI ha citato quella
antica massima affermando, con accenti di grande delicatezza, che “la Chiesa non dimentica
questi suoi figli più piccoli”. Davanti al Papa, nella Sala Clementina del Palazzo
Apostolico, era schierata la vasta platea di esperti internazionali, alcuni di fama
mondiale, che in questi giorni hanno dibattuto in Vaticano attorno al tema della “Pastorale
nella cura dei bambini malati”. Con loro, il Pontefice ha ricordato che lo scenario
dell’infanzia in difficoltà, purtroppo diffuso “in vaste regioni della terra”, si
sintetizza nel dramma di un numero: quello dei 4 milioni di neonati che ogni anno
si affacciano a una vita che per loro non arriva a 26 giorni. I progressi della medicina,
ha pure riconosciuto Benedetto XVI, hanno permesso di migliorare le condizioni di
molti bimbi ammalati. E tuttavia, ha affermato:
“La
ricerca medica si trova talora di fronte a scelte difficili quando si tratta, ad esempio,
di raggiungere un giusto equilibrio tra insistenza e desistenza terapeutica per assicurare
quei trattamenti adeguati ai reali bisogni dei piccoli pazienti, senza cedere alla
tentazione dello sperimentalismo. Non è superfluo ricordare che al centro di ogni
intervento medico deve esserci sempre il conseguimento del vero bene del bambino,
considerato nella sua dignità di soggetto umano con pieni diritti”. Fin
da prima della nascita, dunque, un bambino che soffre a causa di una malattia - che
non di rado comporta per lui trattamenti “particolarmente invasivi” - deve sempre
essere assistito “con amore”, avendo cura - ha ammonito il Papa - di “assicurargli
una comunicazione costante con i familiari”:
“L’aspetto
sanitario e quello umano non vanno mai dissociati, ed ogni struttura assistenziale
e sanitaria, soprattutto se animata da genuino spirito cristiano, ha il dovere di
offrire il meglio della competenza e dell’umanità. Il malato, in modo speciale il
bambino, comprende particolarmente il linguaggio della tenerezza e dell’amore, espresso
attraverso un servizio premuroso, paziente e generoso, animato nei credenti dal desiderio
di manifestare la stessa predilezione che Gesù nutriva per i piccoli”.
Nel
ringraziare i partecipanti alla plenaria per il loro contributo professionale, e aggiungendo
un attestato di grande stima per quelle strutture socio-sanitarie cattoliche che portano
sollievo ai bambini malati, come ad esempio l’Ospedale pediatrico Bambin Gesù, Benedetto
XVI ha terminato con un appello ad avere il cuore allargato su ogni sofferenza dei
più piccoli, specie se provocata da situazioni ambientali particolarmente svantaggiate:
“Penso
soprattutto ai piccoli orfani o abbandonati a causa della miseria e della disgregazione
familiare; penso ai fanciulli vittime innocenti dell’AIDS o della guerra e dei tanti
conflitti armati in atto in diverse parti del mondo; penso all’infanzia che muore
a causa della miseria, della siccità e della fame. La Chiesa non dimentica questi
suoi figli più piccoli e se, da un lato, plaude alle iniziative delle Nazioni più
ricche per migliorare le condizioni del loro sviluppo, dall’altro, avverte con forza
il dovere di invitare a prestare un’attenzione maggiore a questi nostri fratelli,
perché grazie alla nostra corale solidarietà possano guardare alla vita con fiducia
e speranza”.