2008-11-15 14:40:43

Il cardinale Tauran sulle conclusioni della Conferenza promossa all'Onu dal re saudita


“Promuovere il dialogo tra popoli e culture ed il rispetto per differenti religioni”: è l’impegno rilanciato al termine del vertice “Cultura di Pace” nella sede dell’Onu a New York, tenutosi su iniziativa del re dell’Arabia Saudita, Abdullah II. Nella dichiarazione finale è stato ribadito “il rifiuto all’uso strumentale delle religioni volto a giustificare l’uccisione di persone innocenti con atti di terrorismo e violenza”. All’incontro, al quale hanno partecipato delegazioni di oltre 75 Paesi e numerosi capi di Stato e di governo, ha preso parte anche il cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso. Al microfono di Romilda Ferrauto, responsabile del nostro programma francese, il porporato si sofferma sul significato della conferenza tenutasi nella sede delle Nazioni Unite:RealAudioMP3

R. – Je dirais que la conférence était importante dans la mesure ou il s’agissait ...
Direi che la conferenza è stata importante perché con essa si è voluto far conoscere alle Nazioni Unite, informare le Nazioni Unite in merito alla riunione che si è svolta a Madrid nello scorso mese di luglio. L’attuale conferenza è stata introdotta dal re d’Arabia Saudita, che è stato l’ideatore della riunione di Madrid, ed ha permesso di informare le Nazioni Unite sui suoi risultati. Ci si chiederà: perché le Nazioni Unite? Il re d’Arabia Saudita aveva, inizialmente, in programma di fare in modo che il Documento di Madrid divenisse oggetto di una Risoluzione dell’Assemblea generale; gli abbiamo fatto notare – ed era la posizione della Santa Sede – che non è la “vocazione” delle Nazioni Unite preoccuparsi della libertà di religione in quanto tale; le Nazioni Unite hanno come compito, per quanto riguarda la libertà di religione, di verificare che i Paesi membri rispettino gli impegni presi in materia. La Conferenza di Madrid è stata una riunione di capi religiosi e le Nazioni Unite non hanno la competenza di legittimarla o per discuterne il contenuto. Si è trattato quindi semplicemente di informare le Nazioni Unite sulla Conferenza di Madrid.

 
D. – La Conferenza di New York è sfociata in una dichiarazione comune: c’è stata dunque una dichiarazione che riguardava capi di Stato e capi religiosi?

 
R. – Oui. Bien sur. Mais la Conference de New York a fait …
Sì, certamente. Ma la conferenza di New York ha fatto sì che il tema della libertà di religione sia considerato, dai responsabili delle società, come una priorità nelle relazioni, sia interne agli Stati, sia nelle relazioni internazionali. Abbiamo potuto rilevare una certa differenza nell’apprezzamento: i musulmani, le delegazioni musulmane hanno insistito sul rispetto della libertà di religione e soprattutto sulla necessità di non fare dei simboli religiosi e delle religioni oggetto di derisione, mentre gli occidentali si sono applicati in maniera particolare a sottolineare gli aspetti concreti della libertà di religione, in particolare la reciprocità per quanto riguarda i luoghi di culto. Devo dire che personalmente sono rimasto sorpreso da un’affermazione fatta a nome dell’Unione Europea dal rappresentante della Francia che ha pronunciato questa frase piuttosto curiosa: “L’esercizio della libertà religiosa non può essere concepito senza quello della libertà d’espressione”, e questo mi sembra molto normale; ed ha aggiunto: “compreso, a volte, l’aspetto della derisione”. Questo ha molto sorpreso molte delegazioni e io sto preparando un intervento specifico, chiedendo un commento, una spiegazione in merito a questa affermazione che mi sembra inaccettabile.

 
D. – La conferenza di New York si è svolta meno di una settimana dopo il primo seminario del Forum cattolico-musulmano, che si è tenuto a Roma. Ci sono diversi percorsi di dialogo. I percorsi si completano o può esserci rischio di dispersione?

 
R. – Bien, c’est a dire, c’est l’hasard du calendrier, la succession des deux réunions. …
Bè, in realtà, è stata una circostanza fortuita, la successione delle due riunioni. Penso, se così posso dire, che la libertà di religione oggi è di moda, e quindi il rischio di dispersione esiste. Ed è per questo che è importante che la Santa Sede, in particolare, con i suoi interlocutori chiarisca bene la specificità del dialogo all’interno di canali già ben determinati. Credo però che, quello che importa in fondo, è che attraverso tutte queste iniziative si comprenda che il dialogo significa innanzitutto ascoltarsi, spiegare la propria fede: non si cambia religione, ma ci si ascolta. Ecco, questa è, fondamentalmente, la novità. Nella Dichiarazione finale del seminario di Roma, ci sono i punti 5 e 6 che sono molto importanti, perché in essi si dice – per quanto riguarda la libertà di religione – che le comunità possano praticare la loro fede in privato ed in pubblico, e questo è molto importante per i cristiani. In secondo luogo, il punto 6 dichiara che le minoranze religiose devono essere rispettate nelle loro convinzioni religiose e nella pratica religiosa, devono avere un luogo di culto proprio e che né la religione, né il suo fondatore, possono essere oggetto di derisione. Ecco: questi due punti della conclusione del seminario di Roma, sono molto importanti.

 
D. – Come si possono tradurre in pratica questi due punti? Ci saranno iniziative comuni concrete, al di là degli incontri e delle dichiarazioni comuni?

 
R. – Il y aura un second forum qui se tiendra dans un pays à majorité musulmane …
E’ previsto un secondo seminario, che tra due o tre anni si terrà in un Paese a maggioranza musulmana: siamo ancora in fase esplorativa. Nella conclusione del seminario di Roma ho insistito sul fatto che è importante che questi progressi nel rispetto e nella conoscenza reciproci passino dai livelli alti a livello delle masse: ecco, questo è importante, in questo momento. Questi progressi si stanno verificando a livello di responsabili religiosi e politici, ma è importante che tutto ciò arrivi alla base! Nel corso del mio intervento a New York, ho insistito sul fatto che le religioni, a dispetto delle debolezze e delle contraddizioni dei loro seguaci, sono sostanzialmente messaggere di riconciliazione e di pace; ho molto insistito sul fatto che ogni settimana, milioni di credenti si riuniscono nelle loro sinagoghe, nelle loro chiese, nelle loro moschee dove fanno l’esperienza della fratellanza, e ricordano che l’Uomo non vive di solo pane. Ed è questa competenza che noi siamo convinti di voler mettere a disposizione di tutti.







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