2008-11-14 14:50:48

Alla Conferenza in Vaticano sui bambini malati, interventi di segno multireligioso sulla intangibile dignità della vita umana


“Il primato della persona del bambino malato trova una crescente difficoltà di riconoscimento” anche "all'interno delle stesse strutture sanitarie”, come ad esempio in Olanda dove, in base al Protocollo di Groninghen, “medici e genitori possono decidere di rinunciare o sospendere le cure” se ritengono che la futura “qualità della vita” del bambino sia minacciata. E’ la denuncia che mons. Ignacio Carrasco de Paula, cancelliere della Pontificia Accademia per la Vita, ha levato alla seconda giornata della Conferenza internazionale in corso in Vaticano su "La pastorale nella cura dei bambini malati". Alla conferenza - che oggi ha visto prendere la parola, fra gli altri, al cardinale Dario Castrillon Hoyos, presidente della Pontificia Commissione Ecclesia Dei, e ad alcuni esponenti di altre religioni - interverrà nel pomeriggio di oggi lo psicologo e psicoterapeuta Vito Ferri, esperto dei rapporti tra i bambini malati e le loro famiglie. Eliana Astorri lo ha intervistato su questo delicato aspetto:RealAudioMP3
 
R. - Accade un terremoto esistenziale, che si abbatte su un gruppo familiare. Anche qui ci sarebbe molto da dire, perché parliamo di famiglia, ma la condizione stessa della famiglia oggi è una condizione di fragilità. Quindi, è un terremoto che si abbatte su una struttura che già di per sé o è pericolante o comunque scricchiola, non è mai solida e stabile. Dunque, il bambino già di per sé è fragile e la famiglia è pure in una condizione di fragilità, anche perchè è un’istituzione sulla quale non si investe - se ne sta parlando da molto tempo - e ciò è dovuto al fatto che si tende a lasciare la famiglia a se stessa, abbandonata. L’abbandono è rischioso: o la famiglia o l’individuo - quando è abbandonato, quando è solo - è in una condizione di estremo rischio. Immaginiamo quando poi è colpito dalla malattia: questo non è più un rischio, ma diventa un pericolo, diventa sofferenza, diventa una sofferenza particolare in queste famiglie, che è quella della desolazione.

 
D. - E quindi, in questo contesto di famiglia fragile, che patisce una sorta di abbandono, quando arriva un bambino malato, oppure quando il bambino sano si ammala...

 
R. - Sì, la famiglia è smarrita. Si sente impotente, vive anche un’esperienza di rabbia. E magari il bambino è figlio unico, oggi c’è anche questo dramma.

 
D. - Un genitore si chiede: “Perché proprio a me”?

 
R. - “Perché proprio a me”: ecco la rabbia. Alcune volte se la prende con il Signore: “Perchè non mi fai un miracolo?”, “Perché mio figlio non guarisce?” Purtroppo, molte famiglie rimangono in questa condizione, che è una condizione di desolazione, se non ricevono aiuto dalle istituzioni, se non ricevono aiuto sociale, se non ricevono aiuto da altre famiglie o altre persone. Questa è una malattia che si aggiunge alla patologia del bambino. Il bambino è colpito da patologia, vive una condizione di malattia, ma è la famiglia che si ammala, cioè vive un disagio profondo.

 
D. - Dunque, quando la condizione di malattia di un bambino si verifica in una famiglia la prima reazione è questa consapevolezza di impotenza. Poi che cosa succede? Cosa fa scattare la reattività, cosa trasforma questa tragedia in un qualcosa di proiettato verso il futuro?

 
R. - Finché noi guardiamo dall’esterno queste famiglie, rischiamo di esserne spaventati: c’è paura e disagio nel confrontarsi con queste famiglie. Se ci si limita solo ad uno sguardo di superficie, vediamo situazioni disarmanti, di desolazione continua. Se invece seguiamo queste famiglie nel loro evolversi - perché una famiglia si evolve, cresce dove c’è un bambino con una malattia cronica - ci accorgiamo che molte di queste famiglie, non tutte purtroppo, iniziano ad accedere ad una nuova condizione. Pur permanendo lo stress, la fatica, il disagio, iniziano a guardare il bambino con un occhio nuovo: vedono un essere vivente che ha una sua ragione di esistere, dal quale provengono anzi tanti doni. Queste famiglie sanno identificare cosa è veramente importante nella vita e ne vengono arricchite. E sono tutti doni che provengono da quel figlio, da quel bambino malato. E’ chiaro che non sempre questo è possibile da soli: le famiglie hanno bisogno di altre famiglie. E saranno solo queste famiglie che potranno guardare poi con un occhio particolare le famiglie che stanno vivendo ancora la fase della desolazione e fare in modo che possano accelerare questo processo di sollievo.







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