Mons. Bertin: delinquenti comuni o estremisti islamici dietro il rapimento delle suore
italiane
Resta alta la preoccupazione per le due suore italiane rapite nella notte tra domenica
e lunedì ad Elwak, piccolissimo villaggio in territorio kenyota, al confine con la
Somalia. Rimane l’ipotesi che siano state portate in territorio somalo da un consistente
gruppo di uomini armati: si parla di 30 o 50. Suor Caterina Giraudo e suor Maria Teresa
Olivero, le due missionarie del cuneese rapite, appartenenti all'ordine del Movimento
Contemplativo Charles de Foucauld, operavano in Kenya da decenni, sempre a disposizione
dei più poveri e diseredati e dei malati. Avevano creato un piccolo ospedale dove
vengono assistiti soprattutto disabili, epilettici e tubercolotici. Fausta Speranza
ha intervistato mons. Giorgio Bertin, vescovo di Gibuti e amministratore apostolico
a Mogadiscio, chiedendo innanzitutto se ci sono novità:
R. – Per
il momento niente. Io le avevo incontrate - c’era stato un incontro a Garissa - appunto
perché erano all’interno della diocesi di Garissa ad El Uach. Ma ricordo appunto la
loro spiritualità legata alla spiritualità di Charles de Foucauld, preghiera e lavoro.
Io penso due possibili piste: una è quella dei delinquenti comuni che hanno visto
che prendere in ostaggio una persona o due, oppure prendere in ostaggio una nave,
rende. Questa è una pista: i banditi comuni. Oppure, potrebbe esserci anche qualche
gruppo che si rifà ad un certo islamismo radicale per cui, la presenza delle due suore,
delle due persone consacrate, poteva un po’ dare fastidio. Ecco, io penso a queste
due piste possibili.
D. – Mons. Bertin, come sono
i contatti, gli scambi tra Kenya e Somalia?
R. –
Diciamo quella zona lì, al confine tra Somalia e Kenya, è una zona dove chiunque può
passare da una parte all’altra. C’è pochissimo controllo. Le forze di sicurezza del
Kenya avevano detto che la frontiera era troppo porosa, come si dice, e volevano un
po’ rafforzare il controllo però rimane che chiunque, di fatto, può passare.
D.
– Quale è stata la reazione della gente alla notizia del rapimento delle suore?
R.
– Naturalmente la gente comune sa bene che queste persone sono lì per fare del bene
anche se lo fanno in nome della loro religione, la fede cristiana. Sono in genere
persone apprezzate dalla gente comune. Il problema è appunto con questi piccoli gruppi
o fanatici musulmani, o semplicemente delinquenti comuni che sono alla ricerca di
soldi.
D. – Mons. Bertin, qual è la situazione oggi
in Somalia? Sembra regnare l’anarchia…
R. – Nel centro
sud, la Somalia rimane nella situazione di anarchia con un cosiddetto “governo teorico”,
il governo federale di transizione, l’esercito etiopico che controlla qualche città,
ma il resto della campagna, il resto del Paese, rimane in totale anarchia, quindi
è estremamente facile compiere questi gesti.
D. –
Mons. Bertin, ci dice la preghiera che ha nel cuore in questo momento?
R.
– Che queste sorelle, che hanno dedicato la loro vita alla popolazione somala - anche
se è la popolazione somala nel Kenya - possano essere liberate, rilasciate e i loro
rapitori capiscano che hanno fatto un errore. Preghiamo perché non le maltrattino
queste nostre care sorelle.
Intanto in Somalia una fulminea offensiva degli
estremisti islamici del movimento ‘al Sbabaab’ ha portato al controllo dell’importante
centro portuale di Merka, 90 chilometri a Sud di Mogadiscio. Un attacco che potrebbe
ritardare il ritiro delle truppe etiopiche dal Paese del Corno d’Africa. Il servizio
di Stefano Leszczynski:
Sono considerati
il braccio armato di al Qaeda in Somalia ed hanno soppiantato in molti casi le Corti
islamiche: i ribelli di “al Sbabaab”, gioventù in arabo, hanno conquistato lo strategico
porto di Merka, mettendo in fuga le truppe regolari dopo una rapida battaglia. I ribelli
che stanno gradualmente prendendo il controllo della regione del Basso Shabelle, avevano
in precedenza conquistato anche Chisimaio, dove la scorsa settimana è stata pubblicamente
lapidata una tredicenne accusata di adulterio, in rigida applicazione della "Sharia".
La perdita di Merka si teme possa avere conseguenze gravi sulla distribuzione degli
aiuti umanitari alle stremate popolazioni somale. In quel porto, infatti, attraccavano
le navi del PAM, il Programma Alimentare Mondiale dell'ONU. Proprio per difendere
gli aiuti umanitari dalla minaccia dei pirati che imperversano nel Golfo di Aden sono
ormai operative le unità navali dell’UE con licenza di aprire il fuoco sui predoni.