Padre Pizzaballa: lo scandalo della rissa tra cristiani al Santo Sepolcro
Resta teso il clima a Gerusalemme dopo le tensioni tra monaci armeni e greco-ortodossi
degenerate ieri in rissa nella Basilica del Santo Sepolcro. Lo scontro è avvenuto
durante la cerimonia annuale del ritrovamento della Croce di Gesù, portata in processione
dai monaci armeni bloccati poi, davanti all’Edicola, da un monaco ortodosso. Un’atmosfera
che è il segno di una difficile convivenza. Al microfono di Benedetta Capelli
il commento di padre Pierbattista Pizzaballa, custode di Terra Santa: R.
– Noi siamo purtroppo un po’ abituati a queste situazioni ma ogni volta creano un
senso di sconcerto e disagio profondo per quanto sta accadendo, che è anacronistico,
però succede. E’ vero che a Gerusalemme il passato non passa mai, però c’è un limite
a tutto e questo è stato abbondantemente superato. D. – Molti
vivono come uno scandalo quanto accaduto in un luogo santo che dovrebbe essere proprio
un luogo di unità… R. – Sì, è uno scandalo, dobbiamo chiamare
le cose con il loro nome. Oggi i conflitti, le incomprensioni, che sono inevitabili
nel nostro ambiente, non possono essere superate con la violenza, assolutamente. Che
credibilità avremmo, soprattutto noi cristiani, quando invitiamo tutte le parti soprattutto
israeliani e palestinesi ad un dialogo e poi facciamo queste cose? Detto questo, bisogna
anche comprendere che le culture qui sono molto diverse ed è anche vero che l’unità
è una realtà alla quale aspiriamo ma che purtroppo ancora non c’è. D.
– Come mai ogni turbamento dello status quo è poi così carico di tensione? R.
– Diciamo che, soprattutto negli ultimi due anni, tra la comunità greco-ortodossa
e armeno-ortodossa, c’è una sorta di incomprensione su tutto ma che è più che altro
sentimentale e viscerale che ragionevole e razionale. Così tutte le cose anche i più
piccoli fraintendimenti vengono esagerati e degenerano soprattutto quando ci sono
di mezzo questi giovanotti seminaristi un po’ focosi. Ormai sono quattro o cinque
mesi che succede sempre qualcosa. Mi auguro che, dopo quest’ultimo episodio così scandaloso,
tutti facciamo un passo indietro. Il nostro compito è anche quello di aiutare in questo. D.
– Come è strutturato e diviso il Santo Sepolcro? R. – Le confessioni
principali sono tre: sono la greco-ortodossa, la cattolica con i francescani e l’armeno
ortodossa. Poi ci sono altre tre chiese: i copti, i siriani e gli etiopi che però
hanno minori diritti, diciamo così, almeno secondo la terminologia dello status quo.
La Chiesa è divisa, è frazionata ma generalmente nelle proprie zone non accade nulla.
I problemi ci sono nelle zone comuni come l’Edicola, la Rotonda che sono gestite insieme,
i problemi sorgono anche quando ci sono le liturgie, su chi deve fare cosa e dove.
Lo status quo non è una legge scritta ma un insieme di consuetudini che, ultimamente
almeno, vengono interpretate in maniera diversa tra queste due comunità. D.
– Qual è il ruolo della custodia francescana, anche rispetto a quanto accaduto ieri? R.
– Noi, grazie a Dio, siamo fuori da questa contesa, abbiamo anche noi i nostri fraintendimenti
che però risolviamo in maniera diversa. Il nostro ruolo adesso è quello di mediare
in questo caso tra l’uno e l’altro, incontrarli, aiutarli a ricomporre il dissidio.
Ho in programma un incontro con il Patriarca greco ortodosso, poi vedremo cosa potremo
fare con gli armeni. E’ chiaro che, dopo questi episodi, bisogna continuare; la vita
è più forte di tutto, si deve ricominciare a vivere insieme. D.
– Quale il suo auspicio? R. – Il mio auspicio è che, con sano
realismo cristiano come lo chiamo io, i dissidi si risolvano parlando insieme e non
con la forza.