La Chiesa celebra oggi la memoria di San Leone Magno, il grande Pontefice vissuto
nel quinto secolo, in un tempo di grandi rivolgimenti politici e sociali che di lì
a poco avrebbero portato alla caduta dell’Impero Romano. Il Papa gli ha dedicato un’udienza
generale il 5 marzo scorso. Ce ne parla Sergio Centofanti.
“La Croce
di Cristo è sorgente di tutte le benedizioni e causa di tutte le grazie”: è quanto
affermava San Leone Magno che sulla fede in Gesù abbandonato e crocifisso fondò tutta
la sua opera di Pontefice. Originario della Tuscia, fu consacrato Successore di Pietro
il 29 settembre del 440. Il suo papato – afferma Benedetto XVI – è stato uno dei più
importanti della storia:
“Quelli in cui visse
Papa Leone erano tempi molto difficili: il ripetersi delle invasioni barbariche, il
progressivo indebolirsi in Occidente dell’autorità imperiale e una lunga crisi sociale
avevano imposto al Vescovo di Roma – come sarebbe accaduto con evidenza ancora maggiore
un secolo e mezzo più tardi, durante il pontificato di Gregorio Magno – di assumere
un ruolo rilevante anche nelle vicende civili e politiche. Ciò non mancò, ovviamente,
di accrescere l’importanza e il prestigio della Sede romana”. Leone
Magno riuscì a fermare Attila, incontrandolo con coraggio a Mantova nel 452 dopo che
i suoi Unni avevano devastato le regioni nordorientali dell’Italia. E nel 455 riuscì
a mitigare il sacco di Roma dei Vandali di Genserico, impedendo che incendiassero
la città e facessero strage della popolazione. Costantemente sollecito della comunione
tra le diverse Chiese fu sostenitore instancabile del primato romano, esercitando
la responsabilità del Successore di Pietro in Oriente come in Occidente con prudenza
e fermezza:
“Mostrava in questo modo come l’esercizio
del primato romano fosse necessario allora, come lo è oggi, per servire efficacemente
la comunione, caratteristica dell’unica Chiesa di Cristo”. “Consapevole
del momento storico in cui viveva e del passaggio che stava avvenendo – in un periodo
di profonda crisi – dalla Roma pagana a quella cristiana, Leone Magno seppe essere
vicino al popolo e ai fedeli con l’azione pastorale e la predicazione”:
“Animò
la carità in una Roma provata dalle carestie, dall’afflusso dei profughi, dalle ingiustizie
e dalla povertà. Contrastò le superstizioni pagane e l’azione dei gruppi manichei.
Legò la liturgia alla vita quotidiana dei cristiani: per esempio, unendo la pratica
del digiuno alla carità e all’elemosina”. “In
particolare – ha ricordato Benedetto XVI - Leone Magno insegnò ai suoi fedeli – e
ancora oggi le sue parole valgono per noi – che la liturgia cristiana non è il ricordo
di avvenimenti passati, ma l’attualizzazione di realtà invisibili che agiscono nella
vita di ognuno”. Nelle difficoltà della vita lo sosteneva la fede in Cristo “vero
Dio e vero uomo” come aveva ribadito nel 451 il Concilio di Calcedonia da lui convocato:
“Nella
forza di questa fede cristologica egli fu un grande portatore di pace e di amore.
Ci mostra così la via: nella fede impariamo la carità. Impariamo quindi con san Leone
Magno a credere in Cristo, vero Dio e vero Uomo, e a realizzare questa fede ogni
giorno nell'azione per la pace e nell'amore per il prossimo”.