Conferenza internazionale in Vaticano sulla pastorale nella cura dei bambini malati:
intervista con il cardinale Lozano Barragán
Domani mattina sarà presentata, nella Sala Stampa della Santa Sede, la XXIII Conferenza
Internazionale promossa dal Pontificio Consiglio per la pastorale della salute, sul
tema: “La pastorale nella cura dei bambini malati”, che si svolgerà in Vaticano dal
13 al 15 novembre prossimi. Obiettivo della Conferenza è quello di disegnare un futuro
di speranza per tanti piccoli, vittime della malattia nei primi anni di vita. In particolare
si affronterà la questione della mortalità infantile: ancora oggi, ogni anno 4 milioni
di neonati muoiono a meno di 26 giorni di vita. Ma era già stato affrontato altre
volte questo tema? Ascoltiamo il cardinale Javier Lozano Barragán, presidente
del Pontificio Consiglio per la pastorale della salute, al microfono di Romilda
Ferrauto:
R. – In una
maniera così precisa, non era mai stato affrontato; era stato affrontato genericamente,
fra altri temi, per esempio quello dell’AIDS, quello della depressione, per esempio
anche quello del nesso tra malattia ed economia … Tutto questo è stato affrontato
nelle Conferenze internazionali precedenti. Siccome ogni anno se ne svolge una, certamente
ci sono sempre state attinenze a questo tema. Però, in maniera concreta, soltanto
in questa occasione abbiamo trattato questo argomento, perché questo argomento è stato
scelto dal Santo Padre: lui personalmente, ci ha chiesto di trattare specificamente
il tema della pastorale nella cura dei bambini malati. Abbiamo infatti alcuni milioni
di bambini malati: due milioni e mezzo sono i bambini malati di AIDS trasmesso dai
genitori, e poi ci sono tante altre malattie. Non parliamo di come curare i malati:
questo spetta ai medici; bensì di come fare la cura pastorale, come evangelizzare
il bambino malato. Questo è un problema urgente.
D.
– Parteciperanno specialisti del mondo intero, grandi specialisti. Quali sono stati
i criteri per lascelta dei partecipanti e dei temi dei loro interventi? C’è qualche
priorità per il dicastero?
R. – E’ la realtà, il
pensiero e l’azione: sono tre spazi che dobbiamo coprire intensamente. Qual è la realtà
dei bambini malati e la pastorale che si svolge con loro? Che cosa ci dice la Parola
di Dio su questo argomento? E che cosa dobbiamo fare? Nel senso che non è direttamente
il Dicastero ad agire: infatti, noi siamo una specie di “braccio lungo” del Santo
Padre per quanto riguarda l’orientamento, il coordinamento e la promozione della evangelizzazione.
E’ quindi necessario che ci siano specialisti nella realtà, nel pensiero e nell’azione.
Noi mettiamo a disposizione quanto di meglio si trovi, nel momento attuale, su questi
argomenti.
D. – C’è qualche aspetto particolare di
questo tema sul quale desiderate esprimervi specialmente? C’è qualcosa che vi tocca
in particolare, che vorreste far passare come messaggio?
R.
– Quello che mi sta a cuore è l’evangelizzazione, cioè non soltanto l’assistenza:
vogliamo capire come fare concretamente una sorta di cura della felicità e della salute
che poi sboccia nella salvezza eterna. Cioè, come lasciare che i bambini si avvicinino
al Signore Gesù e non impedirglielo. Glielo si può impedire, per esempio, attraverso
la psicologia: la psicologia ci aiuta tanto a comprendere l’età evolutiva, a comprendere
il bambino, sì. Però, a volte, nei presupposti della psicologia, ci si allontana da
Cristo. E allora: “Lasciate che i bambini vengano a me!”. Questo è quello che maggiormente
mi interessa.
D. – Si sa che la Chiesa – le strutture
della Chiesa – sono in prima linea nell’assistenza ai malati, che siano bambini o
adulti. Ma a volte si ha la sensazione che non tutta l’opinione pubblica sia cosciente
di quanto l’azione della Chiesa sia capillare, anche in alcune malattie come l’AIDS.
Lei pensa che forse sarebbe necessario che fosse meglio conosciuta l’azione della
Chiesa?
R. – Sì, è necessario che sia meglio conosciuta;
però, io ho l’esperienza di alcuni Paesi, dove si avversa la Chiesa, nel senso che
non si vuole riconoscere e nemmeno si vuole che l’opinione pubblica conosca quello
che sta facendo la Chiesa. Faccio un esempio: l’AIDS. Noi abbiamo nel mondo il 27
per cento di tutti i centri per la cura dei malati, contro il 44 per cento dei centri
tenuti dai governi e poi, ad una distanza considerevole, ci sono altre organizzazioni,
come le ONG con l’11 per cento, e altre denominazioni religiose con l’8 per cento.
I cattolici, quindi, gestiscono il 27 per cento di questi centri per la cura dell'AIDS,
ma questo lo si vuole sempre nascondere. Io faccio del mio meglio perché ciò sia reso
noto: abbiamo anche pubblicato degli opuscoli con questi dati … Ma queste entità non
lo vogliono conoscere. Dicono soltanto, per quanto riguarda l’AIDS, che la Chiesa
è co-responsabile dell’AIDS perché si oppone all’uso del profilattico. Il motivo è
sempre lo stesso: ci sono entità a cui per varie ragioni, forse anche per interesse,
non conviene che si sappia quanto la Chiesa stia facendo contro l'AIDS. La Chiesa
è il partner principale di tutti i governi del mondo: bisogna pensare che, soltanto
per quanto riguarda l'AIDS, la Chiesa nel mondo ha circa 114 mila centri di assistenza
sanitaria.