Inaugurato, a Roma, alla presenza del cardinale Vallini, l’anno accademico dell’Istituto
Superiore di Scienze Religiose “Ecclesia Mater”
La conoscenza al servizio della fede e della cultura: è questo l’obiettivo dell’Istituto
Superiore di Scienze Religiose “Ecclesia Mater” della diocesi di Roma, che lo scorso
4 novembre ha inaugurato l’anno accademico alla presenza del cardinale vicario Agostino
Vallini. Recentemente, nel giugno scorso, la Congregazione per l’Educazione cattolica
ha pubblicato un’Istruzione sugli Istituti superiori di Scienze Religiose, documento
di riferimento anche per l’“Ecclesia Mater”. Ma con quale spirito viene svolta l’attività
in questa realtà educativa? Fabio Colagrande lo ha chiesto a mons. Giuseppe
Lorizio, preside dell’Istituto “Ecclesia Mater”:
R. – Con
lo spirito di chi guarda avanti e punta in alto, perché riteniamo che la formazione
teologica dei laici debba costituire un impegno di tutta la Chiesa in quanto il luogo
in cui si fa la teologia, non è tanto l’università, quanto la comunità credente -
quindi, la Chiesa - che vede impegnati nel lavoro sulla riflessione della fede non
solo i chierici e coloro che sono destinati al ministero ma anche i laici che magari
svolgono altre professioni, attraverso la loro presenza, rendono possibili alla teologia,
di uscire dalla cittadella accademica e di incontrare la città, le sue istanze, le
sue problematiche, le sue domande di senso.
D. –
Il cardinale Vallini, in una lettera che vi ha inviato all’inizio di quest’anno, ricordava
come il vostro compito sia quello di educare alla speranza. In che modo?
R.
– Educare alla speranza, proprio nel tempo della crisi della speranza: nei momenti
nei quali sembra prevalere la paura ed il rischio, dal nostro punto di vista, si tratta
di far sì che le persone che si accostano alla teologia, allo studio anche delle Scritture
- alle quali il recente Sinodo ci ha richiamati - abbiano la possibilità di intravedere,
anche nei momenti bui, attraverso la luce nella fede, il fatto che Dio non abbandona
l’uomo, che abbiamo ragionevoli motivi per ritenere che l’uomo, nel momento in cui
riflette su se stesso e custodisce ciò che di più autentico c’è nella propria natura
- per esempio la vita, la legge naturale, il diritto naturale - ha la possibilità
di superare le crisi storiche e di aprirsi al futuro metastorico e soprannaturale.
D.
– Sottolineando l’importanza del ruolo del vostro Istituto superiore di Scienze Religiose,
che è l’unico della diocesi di Roma, all’inaugurazione dell’anno accademico, nei giorni
scorsi, il cardinale Vallini ha voluto ricordare che oggi non si può più presupporre
la fede come un dato acquisito. E’ tempo di evangelizzare, prima ancora che di catechizzare.
In che senso, mons. Lorizio?
R. – Nel senso, appunto,
in cui il cardinale Vallini rilevava come non possiamo dare per presupposto l’appartenenza
credente nei nostri interlocutori, ma ci si chiede l’impegno dell’annuncio e della
prima evangelizzazione. Ora, questo impegno, tuttavia, va svolto in una società complessa,
pluralistica, dalle molteplici possibilità, soprattutto culturali, e quindi non può
essere un annuncio semplicemente ingenuo o immediato ma deve avere, alle sue spalle,
un’adeguata preparazione biblica, teologica, morale e culturale. In questo senso,
allora, diventa importante per noi, assumere l’invito del Sinodo a lavorare nei centri
di formazione perché la cultura biblica, che è poi la cultura che sta alla base dell’annuncio,
possa sempre più diffondersi fra i nostri laici.