Convegno CEI sulle nuove soluzioni dell’architettura sacra
Le nuove frontiere dello spazio sacro per la celebrazione eucaristica. È questo il
tema centrale del convegno internazionale “Arte, architettura, liturgia. Esperienze
europee a confronto” tenutosi ieri a Venezia, per iniziativa della Conferenza episcopale
italiana (CEI) e del patriarcato di Venezia. In questo quadro, il dibattito di ieri
si è concentrato sulla provvisorietà di molti nuovi spazi di celebrazione. Un contributo
significativo è stato offerto dalla provocazione dell’architetto spagnolo Esteban
Fernández Cobián, che ha affrontato il tema degli spazi temporanei o alternativi destinati
alla liturgia comunitaria lanciando l’interrogativo:“Spazio sacro provvisorio o provvisoriamente
sacro?”. “La Chiesa cattolica – ha poi spiegato Cobián – ha sempre ammesso la possibilità
di celebrare fuori dalle chiese in determinate circostanze, purché in luogo degno”.
In particolare, ha sottolineato l’architetto, “i viaggi di Giovanni Paolo II hanno
incoraggiato la costruzione di altari provvisori con alcune caratteristiche architettoniche
precise: una grande croce per identificarli come luoghi della cristianità, un’accentuata
visibilità dell'altare per essere visto anche da molto lontano, servizi alla base
del palco, dalla sacrestia all'ufficio stampa”. Sulla questione è intervenuto anche
il cardinale Angelo Scola, patriarca di Venezia, attraverso una video-intervista inviata
ai partecipanti del convegno. Il porporato ha evidenziato che il “problema va posto
con delicatezza, vedendo come l’autocoscienza personale e comunitaria si manifesta
effettivamente in questi luoghi”. “La liturgia non è un correre dietro alle situazioni
e alle persone perchè, come si suol dire, 'prendano la Messa'”, ha aggiunto il cardinale
Angelo Scola. Per questo motivo oltre che “interrogarsi entro che limiti è possibile
edificare luoghi spazio-temporali di culto che mantengano una più accentuata provvisorietà
rispetto alle chiese normali”, è importante chiedersi “come è possibile educare le
persone a vivere questo gesto”. E nel caso delle liturgie delle Giornate mondiali
della gioventù, ha ricordato il porporato, “l'unità tra la liturgia e il luogo spazio-temporale
in cui il culto si snoda ha consentito agli architetti una creatività spesso riuscita”.
Le esperienze in atto nelle località turistiche, ha aggiunto il cardinale Scola, evidenziano
che “si è già creata una tradizione in cui il luogo di culto è come inventato stagione
per stagione ma, in forza del soggetto che lo vive, mantiene una sua dignità e il
valore dell'Eucarestia”. Che la questione non possa essere affrontata con superficialità
lo conferma don Giuseppe Russo, responsabile dell'Ufficio nazionale per l'edilizia
di culto della CEI, secondo il quale “non è facile oggi giudicare l'architettura sacra
perché non è facile saperla leggere e decifrare”. Tracciando le conclusioni del convegno
internazionale il religioso ha detto che occorre “accettare la sfida di entrare in
relazione con essa, cercare di comprenderne ragioni e linguaggio” per promuovere “una
nuova alleanza tra l'architettura e l'uomo, con i suoi problemi ma anche con le sue
aspirazioni”. Infatti, secondo don Russo “ architettura, antropologia ed escatologia
non possono non stare insieme ed alimentarsi reciprocamente”. Ne consegue quindi “la
necessità di continuare la ricerca, anche in campo liturgico, per conoscere più e
meglio le soluzioni del passato e per adottare nuove soluzioni non arbitrarie”. (M.G.)