2008-11-08 15:51:11

Convegno CEI sulle nuove soluzioni dell’architettura sacra


Le nuove frontiere dello spazio sacro per la celebrazione eucaristica. È questo il tema centrale del convegno internazionale “Arte, architettura, liturgia. Esperienze europee a confronto” tenutosi ieri a Venezia, per iniziativa della Conferenza episcopale italiana (CEI) e del patriarcato di Venezia. In questo quadro, il dibattito di ieri si è concentrato sulla provvisorietà di molti nuovi spazi di celebrazione. Un contributo significativo è stato offerto dalla provocazione dell’architetto spagnolo Esteban Fernández Cobián, che ha affrontato il tema degli spazi temporanei o alternativi destinati alla liturgia comunitaria lanciando l’interrogativo:“Spazio sacro provvisorio o provvisoriamente sacro?”. “La Chiesa cattolica – ha poi spiegato Cobián – ha sempre ammesso la possibilità di celebrare fuori dalle chiese in determinate circostanze, purché in luogo degno”. In particolare, ha sottolineato l’architetto, “i viaggi di Giovanni Paolo II hanno incoraggiato la costruzione di altari provvisori con alcune caratteristiche architettoniche precise: una grande croce per identificarli come luoghi della cristianità, un’accentuata visibilità dell'altare per essere visto anche da molto lontano, servizi alla base del palco, dalla sacrestia all'ufficio stampa”. Sulla questione è intervenuto anche il cardinale Angelo Scola, patriarca di Venezia, attraverso una video-intervista inviata ai partecipanti del convegno. Il porporato ha evidenziato che il “problema va posto con delicatezza, vedendo come l’autocoscienza personale e comunitaria si manifesta effettivamente in questi luoghi”. “La liturgia non è un correre dietro alle situazioni e alle persone perchè, come si suol dire, 'prendano la Messa'”, ha aggiunto il cardinale Angelo Scola. Per questo motivo oltre che “interrogarsi entro che limiti è possibile edificare luoghi spazio-temporali di culto che mantengano una più accentuata provvisorietà rispetto alle chiese normali”, è importante chiedersi “come è possibile educare le persone a vivere questo gesto”. E nel caso delle liturgie delle Giornate mondiali della gioventù, ha ricordato il porporato, “l'unità tra la liturgia e il luogo spazio-temporale in cui il culto si snoda ha consentito agli architetti una creatività spesso riuscita”. Le esperienze in atto nelle località turistiche, ha aggiunto il cardinale Scola, evidenziano che “si è già creata una tradizione in cui il luogo di culto è come inventato stagione per stagione ma, in forza del soggetto che lo vive, mantiene una sua dignità e il valore dell'Eucarestia”. Che la questione non possa essere affrontata con superficialità lo conferma don Giuseppe Russo, responsabile dell'Ufficio nazionale per l'edilizia di culto della CEI, secondo il quale “non è facile oggi giudicare l'architettura sacra perché non è facile saperla leggere e decifrare”. Tracciando le conclusioni del convegno internazionale il religioso ha detto che occorre “accettare la sfida di entrare in relazione con essa, cercare di comprenderne ragioni e linguaggio” per promuovere “una nuova alleanza tra l'architettura e l'uomo, con i suoi problemi ma anche con le sue aspirazioni”. Infatti, secondo don Russo “ architettura, antropologia ed escatologia non possono non stare insieme ed alimentarsi reciprocamente”. Ne consegue quindi “la necessità di continuare la ricerca, anche in campo liturgico, per conoscere più e meglio le soluzioni del passato e per adottare nuove soluzioni non arbitrarie”. (M.G.)







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