Il nuovo governo del Congo apre al dialogo per porre fine alla violenza
Il nuovo governo congolese “metterà fine alla guerra” nella parte orientale del Paese.
Lo ha detto il primo ministro Muzito, che si trova a Goma, capoluogo del Nord Kivu
minacciato dai ribelli di Laurent Nkunda. “Metteremo fine alla guerra con mezzi diplomatici,
politici, militari”, ha detto nel corso di una conferenza stampa, precisando che il
“governo è pronto ad ascoltare tutti i movimenti armati”. Tante sono state le critiche
mosse in questi giorni alla MONUC, la forza dell’ONU presente nell’area. Proprio in
queste ore, sono cambiate per loro le regole d’ingaggio. Questo vuol dire che i caschi
blu potranno intervenire in maniera più concreta? Salvatore Sabatino lo ha
chiesto ad Angelo Turco, africanista e docente di Geografia politica all’Università
dell’Aquila:
R. - In
realtà, più che cambiate ci si è accorti che, sulla base di un capitolo delle Nazioni
Unite, i soldati possono intervenire ma, a quanto pare, per difendere Goma. Quindi,
non è una cosa da poco. Ma di qui a pensare che possa cambiare la strategia sul terreno,
forse ci passa qualcosa. D. - Nelle prossime ore si terrà il
vertice di pace straordinario di Nairobi. Cosa possiamo aspettare da questo incontro? R.
- Intanto, diciamo che questo incontro è un successo. Lo dico un po’ provocatoriamente
per sottolineare che è un successo comunque se consideriamo quali erano, fino a qualche
giorno fa, le posizioni di Kagame e di Kabila, che non volevano neanche parlarsi.
Mai come in questo caso, dunque, il risultato è aperto. Tuttavia, se i soggetti convocati
fanno ciascuno la loro parte, possiamo forse intravedere uno spiraglio per una pace
più duratura, o per l’inizio di un percorso di pace più duraturo del cessate-il-fuoco
unilaterale proclamato da Nkunda. Quindi, dovremo seguire con molta attenzione quello
che succederà nei prossimi giorni. Pakistan È salito
a nove morti il bilancio dell'attentato compiuto questa mattina a Bajaur, nel Pakistan
nordoccidentale. Lo riferisce la televisione Geo News. Al momento dello scoppio, era
in corso una jirga, una riunione di anziani, della tribù dei Salarzai. I feriti,
40 di cui 15 in gravi condizioni, sono stati trasportati all'ospedale di Khar, dove
è stato dichiarato lo stato di emergenza. I Salarzai, come molte altre tribù, combattono
al fianco dell'esercito pakistano contro i talebani legati ad Al Qaida. In mattinata,
sempre nel nordovest del Paese, non lontano dalla zona di Bajaur, aerei dell'esercito
di Islamabad hanno bombardato postazioni talebane a Chaharmang, Nawagai e Mamond,
facendo vittime.
Iraq Almeno tre persone sono rimaste uccise, tra
cui due membri dei Sahwa, ovvero le milizie anti-al Qaida, e altre 12 sono rimaste
ferite stamani in seguito all'esplosione di quattro ordigni in diverse zone di Baghdad.
Due bombe, hanno riferito fonti di polizia, sono esplose in rapida successione sulla
via Shaikh Umar, nel centro di Baghdad, ad un posto di blocco delle milizie Sahwa,
causando la morte di due miliziani e il ferimento di altri tre e di due passanti.
Un terzo ordigno è esploso nei pressi della Moschea al Kailany, sempre nel centro
della capitale, provocando la morte di un civile e il ferimento di altri quattro.
Il quarto ordigno, collocato sotto un'auto civile, è esploso nella parte est di Baghdad,
nella piazza al Hamza a Sadr City, provocando il ferimento di tre civili.
Afghanistan Almeno
sette civili afghani sono stati uccisi ieri sera da un attacco aereo delle forze della
coalizione su di un villaggio nel nordovest del Paese, secondo quanto riferito dalle
autorità del Paese. L’attacco è avvenuto dopo che un convoglio di militari afghani
e internazionali era stato attaccato da ribelli taleban nel distretto di Ghormach
della provincia di Baghdis. Il capo del distretto ha riferito che sette civili e 15
insorti sono morti nel raid, ma il capo del consiglio provinciale ha detto che gli
abitanti del villaggio gli hanno parlato di trenta morti. Un portavoce delle forze
USA ha detto di non avere notizie della presenza di civili e di aver avviato accertamenti.
Ieri mattina, inoltre, secondo l'esercito francese, tre civili afghani, fra i quali
un bambino, sono rimasti uccisi da un razzo lanciato contro un campo della NATO alla
periferia di Kabul. Il razzo è finito su di una casa a 600 metri dal campo.
Medio
Oriente Continua la tensione in Medio Oriente. Oggi due razzi Qassam sono stati
lanciati dalla Striscia di Gaza colpendo il territorio del Neghev occidentale. Secondo
la radio israeliana non si ci sono state vittime. Ieri, sei miliziani di Hamas sono
stati uccisi, a poca distanza dal confine, nel corso di un'operazione militare condotta
da reparti speciali dello Stato ebraico. Hamas ha reagito sparando oltre una trentina
di razzi contro il territorio israeliano, senza peraltro causare vittime. Per un quadro
della situazione nell'area, Gabriella Ceraso ha raggiunto telefonicamente a
Gaza Lino Zambrano della ONG CRIC-Centro regionale di intervento per la cooperazione:
R. - Si
è temuto per la rottura della tregua che va avanti da diversi mesi, però, almeno qui
a Gaza, sembra che sia Hamas che Israele confermino che la tregua va avanti e che
questo sia stato solo un episodio. D. - Qual è la condizione
della popolazione? R. - La popolazione vive questa situazione
di chiusura. Da qualche mese sono stati aperti i valichi, qualcosa in più entra, soprattutto
alimenti. Ciò che manca spesso sono i medicinali e quei materiali che possono servire
anche nella vita quotidiana. Manca spesso il latte, è tornato il black-out dell’elettricità
in alcune ore della giornata. D. - È trascorso quasi un anno
dal vertice di Annapolis in America. Hai notato dei miglioramenti? R.
- Devo dire la verità, no. La gente spera innanzitutto in un riavvicinamento tra le
fazioni palestinesi - sono in corso anche dei colloqui – però non c’è molta speranza
nell’immediato. Ossezia del Nord Sono almeno dieci le vittime dell’esplosione
di un pulmino avvenuta questa mattina nel capoluogo della regione russa dell'Ossezia
del Nord. L’attentato ha colpito il centro della capitale, nelle vicinanze di un mercato.
Al momento, non si conosce l’origine dell’attentato né l’identità delle vittime. Già
nel 2004, nella zona del Caucaso russo si sono verificati attentati di matrice islamica:
oltre 300 persone, in maggioranza bambini, rimasero uccise a Beslan per un attacco
terroristico diretto ad una scuola.
Fondo Monetario Internazionale e Ucraina Il
Fondo monetario internazionale (FMI) ha dato il via libera al prestito di 16,4 miliardi
di dollari in favore dell'Ucraina, allo scopo di aiutare il Paese a superare le difficoltà
generate dalla crisi finanziaria mondiale. L'approvazione da parte del Comitato esecutivo,
si legge in una nota, ha permesso lo sblocco di una prima tranche di 4,5 miliardi
di dollari, pochi giorni dopo l'adozione da parte del parlamento ucraino di uno schema
di salvataggio economico richiesto proprio dall'FMI. Il piano prevede un fondo di
stabilizzazione finanziato da entrate generate da privatizzazioni, una migliore protezione
dei depositi bancari delle persone fisiche, l'acquisizione da parte dello Stato di
quote di banche in difficoltà e una maggiore disciplina di bilancio.
Rapporti
Corea del Sud e Corea del Nord Il governo sudcoreano ha rinnovato oggi l'appello,
ripetuto più volte in passato, affinchè le associazioni di difesa dei diritti civili
del Paese pongano fine alla campagna contro Pyongyang, interrompendo l'invio di volantini
anti-nordcoreani nella zona smilitarizzata al confine tra le due Coree. “È una condotta
assolutamente riprovevole di cui chiediamo lo stop immediato”, ha dichiarato a Seul
il portavoce del Ministero per l'unificazione, Kim Ho Nyoun, secondo il quale la diffusione
di tali volantini è un “fatto non desiderabile, anche in considerazione dello stato
attuale dei rapporti tra Nord e Sud”. L'appello del governo di Seul arriva sulla scia
dell'ultima campagna contro Pyongyang organizzata da alcune associazioni sudcoreane,
che ieri hanno inviato in Corea del Nord circa 100 mila volantini tramite grandi palloni
aerostatici che hanno oltrepassato la linea di confine. Il mese scorso, la Corea del
Nord aveva minacciato la chiusura di ogni relazione bilaterale con il Sud, con l'avvertimento
di una possibile “punizione decisiva e senza pieta”', nel caso in cui il governo conservatore
guidato dal presidente Lee Myung-bak avesse continuato la politica della linea dura
nei confronti del regime stalinista.
Cina-Taiwan Dopo gli accordi
economici firmati la scorsa settimana, per la prima volta dal 1949, anno di proclamazione
d’indipendenza dell’isola, un leader di Taiwan ha incontrato un alto rappresentante
di Pechino. Il colloquio tra il presidente taiwanese, Ma Ying-jeou, e Chen Yunlin,
è stato spostato di cinque ore per evitare le proteste dei gruppi filoindipendentisti
di Taiwan. Fonti giornalistiche riferiscono che la riunione, sebbene durata pochi
minuti, sia stata l’occasione per ratificare ulteriori accordi. L'incontro, ha commentato
il presidente Ma "costituisce un grosso passo avanti per le relazioni attraverso lo
stretto" di Taiwan e "contribuirà alla stabilità ed alla prosperità”. È importante,
ha aggiunto, che "in futuro le parti guardino alla realtà e non neghino l'esistenza
dell'altra, al fine di promuovere il benessere e la pace”.
Cina, Taiwan
e crisi finanziaria Taiwan e crisi finanziaria sono i problemi che Pechino
considera prioritari per lo sviluppo delle relazioni tra la Cina e il presidente eletto
degli USA, Barack Obama. Lo ha affermato oggi il portavoce del ministero degli Esteri,
Qin Gang, in una conferenza stampa a Pechino sul prossimo viaggio del presidente Hu
Jintao a Washington, dove prenderà parte il 15 novembre alla riunione del G20 dedicato
alla riforma del sistema monetario internazionale. Pechino, ha aggiunto, “attribuisce
la massima importanza” alle relazioni con gli USA e “farà di tutto per facilitare”
il passaggio delle consegne tra l'amministrazione del presidente Bush e quella di
Obama. Il portavoce ha detto che per Pechino il problema bilaterale più delicato è
quello di Taiwan, l'isola di fatto indipendente dal 1949, che Pechino rivendica. Gli
USA riconoscono una sola Cina, quella di Pechino, ma mantengono buone relazioni con
Taiwan. Per quanto riguarda la discussione del G20, che comprende sia Paesi emergenti
che Paesi industrializzati, il viceministro degli Esteri, He Yafei, presente alla
conferenza, ha detto che la Cina ritiene che i Paesi industrializzati debbano essere
maggiormente rappresentanti nelle istituzioni finanziarie internazionali. (Panoramica
internazionale a cura di Fausta Speranza)
Bollettino del Radiogiornale
della Radio Vaticana Anno LII no. 311 E' possibile
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