2008-11-05 12:53:53

Mons. Marchetto: gli immigrati, anche se irregolari, hanno dignità e diritti che nessuno può calpestare


Il servizio concreto ai migranti, ai rifugiati ed ai profughi interni sono da anni al centro dell’attenzione delle Chiese in Asia, che sono convolte sia come Paesi di emigrazione che come Paesi di accoglienza di massicci flussi di rifugiati e profughi. Il tema verrà ripreso da domani a Bangkok, in Thailandia, dai rappresentanti di quindici Paesi asiatici, tra vescovi e operatori pastorali, in un incontro di tre giorni, organizzato dal Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti, in collaborazione con la Commissione per la mobilità umana della Conferenza episcopale thailandese. E’ in gioco la vita di milioni di persone, che a vario titolo, con le loro famiglie, si trovano a vivere in un Paese che non è il proprio a motivo di conflitti armati, di problemi economici e politici, o per lavoro, al fine di garantire un futuro migliore ai propri figli. Numerosi sono stati gli appelli e gli incontri dedicati dalle singole Chiese e dalla Federazione delle Conferenze episcopali dell’Asia a favore dei migranti e dei rifugiati, e per le loro famiglie. Facciamo dunque il punto della situazione con il segretario del Pontificio Consiglio per la pastorale del migranti e degli itineranti, l’arcivescovo Agostino Marchetto, al microfono di Pietro Cocco.RealAudioMP3

R. - Dietro tali dichiarazioni vi è il costante sforzo di cappellani ed operatori pastorali che lavorano tra migranti, rifugiati e profughi allo scopo di rispondere ai loro bisogni spirituali e materiali, e anche di operare per la loro promozione umana, ricordando che sono figli di un Dio che è amore. Vi è anche una stretta collaborazione tra le Chiese asiatiche di origine e di destinazione, altresì non in Asia, per assicurare a queste persone protezione e sostegno, ma pure per aiutarle a raggiungere la possibilità di essere protagonisti di evangelizzazione.
 
D. - Quali sono oggi gli aspetti problematici di questa pastorale per la Federazione delle Conferenze episcopali asiatiche?
 
R. - Prima di tutto bisogna salvaguardare la dignità umana di migranti, rifugiati e profughi interni e far rispettare i loro diritti umani e lavorativi. Ciò include la previdenza sociale e l’assistenza medica per i lavoratori migranti, l’opportunità di impegnarsi in attività economiche proficue, al fine di offrire ai richiedenti asilo, rifugiati e anche profughi la possibilità di essere autosufficienti. La questione della migrazione irregolare è pure legata a questo contesto. Quando ci sono flussi misti di rifugiati che sono effettivamente, per definizione, perseguitati e di persone che vi si aggiungono per altri motivi, generalmente meno drammatici, come possiamo determinare chi ha il diritto ad un’assistenza specifica? Quando le persone che abitano in campagna si spostano in città, anche oltre confine, spesso c’è di mezzo pure una migrazione senza documenti. Questa tendenza verso la città cresce sempre di più e sta portando ad un’urbanizzazione incontrollata, con i problemi che essa trae con sé. Poi, vi è la femminizzazione della migrazione. Le donne stanno diventando sempre più migranti indipendenti e la principale fonte di guadagno delle proprie famiglie. In alcuni Paesi asiatici, vi sono più donne che uomini migranti. Questo spesso significa che devono lasciare i propri figli e/o mariti nel luogo di origine. Le donne migranti sono più vulnerabili degli uomini nei paesi di accoglienza, soprattutto in quelli in cui i diritti delle donne non sono culturalmente riconosciuti. La migrazione sia di uomini che di donne può facilmente avere come conseguenza famiglie fragili, infedeltà coniugali e dissoluzione di matrimoni. L’integrazione – non l’assimilazione – è un’altra questione importante. Come possono essere aiutati i migranti, rifugiati e profughi interni ad integrarsi nei paesi di destino, nelle Chiese di accoglienza, in modo tale che possano dare il proprio contributo positivo alla società e alla Chiesa?
 
D. - Quale impulso vi attendete dunque dall’incontro di Bangkok?
 
R. - In primo luogo, speriamo di rendere consapevoli i migranti, rifugiati e profughi interni del fatto che hanno una dignità umana che nessuno può loro togliere, indipendentemente dal loro status economico o legale. Quindi i loro diritti umani, che includono quelli sociali, lavorativi ed economici, devono essere riconosciuti e salvaguardati. Speriamo di far capire sempre più ciò a tutti. Questo significa incoraggiare i governi a ratificare, mettere in atto e addirittura creare ulteriori leggi nazionali che siano in conformità con la legislazione internazionale e le convenzioni che proteggono i migranti, i rifugiati e le loro famiglie. Bisognerà anche lavorare per la protezione dei profughi interni, che non hanno lasciato cioè il proprio Paese. Speriamo che l’incontro di Bangkok faccia capire a tutti gli attori coinvolti che migranti, rifugiati e profughi interni non devono essere considerati come entità separata dalle proprie famiglie. Speriamo soprattutto che da questo incontro nasca o si confermi la convinzione che in ogni migrante, rifugiato e profugo interno è presente Gesù Cristo. In ogni caso il Congresso sarà eminentemente pastorale.







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