2008-11-05 16:21:42

Congo: il leader dei ribelli minaccia di attaccare Kinshasa


Il mondo della politica cerca nuove soluzioni alla grave crisi nella Repubblica Democratica del Congo: sulla drammatica situazione nella martoriata regione congolese del Nord Kivu si terrà venerdì 7 a Nairobi, in Kenya, un vertice internazionale. Il leader dei ribelli, l’ex generale Laurent Nkunda, ha minacciato intanto di far marciare i suoi uomini verso la capitale Kinshasa se il governo continuerà a rifiutarsi di negoziare. Sul versante umanitario lo scenario è poi sempre più preoccupante, come spiega al microfono di Giovanni Augello un missionario italiano che da più di 30 anni opera nel Sud Kivu e che, per motivi di sicurezza, preferisce mantenere l'anonimato:RealAudioMP3
 
R. - La gente vive una situazione drammatica anche perché è stata dimenticata per mesi, se non per anni. La questione umanitaria, nonostante tutto l’allarme sollevato, è stata messa in seconda linea. La gente da mesi si sposta da una parte all’altra della zona, sapendo che la regione è molto alta: si arriva fino ai 2300 metri. Siamo poi nella stagione della piogge e quindi fa freddo e c’è vento. Piove regolarmente, minimo una volta o due al giorno. Questa gente è abbandonata e senza tende. Ha mezzi di fortuna e non può coltivare la terra. Adesso, con le piogge, è una situazione disperata che crea nell’animo della gente un sentimento non proprio di rabbia: è come se il mondo l’avesse dimenticata. La gente è inerme, sono contadini o pastori.

 
D. - La popolazione locale è a conoscenza di quel che sta accadendo e delle ragioni di questo conflitto?

 
R. - Sì, la gente lo sente, lo vive, lo subisce, perché non ha mezzi per poter reagire. C’è l’esercito nazionale, ma tutti sanno che è un esercito di "carta". Molti hanno amici, parenti e conoscenti nelle zone teatro del conflitto e quindi sanno esattamente tutto quello che succede. Per questo, la gente ha una reazione ostile alla presenza internazionale che dovrebbe assicurare la pace.

 
D. - Come riescono a giungere in zona le armi imbracciate dai guerriglieri, nonostante la presenza della missione ONU nel Paese?

 
R. - La ricchezza del Paese permette che la guerra non finisca. Sappiamo che durante tutti gli anni di questa guerra, alla base del conflitto ci sono state le risorse del territorio: il koltan, l’oro e i diamanti. Ora, è chiaro che con queste risorse si possono procurare tutte le armi che si vogliono. Le armi che attualmente posseggono - non parlo dell’esercito nazionale - sono abbastanza moderne. La missione dell’ONU è una missione di osservazione e quindi non previene determinate situazioni. E’ quello che la gente vede, sente, e non può più accettarlo perché, nonostante la presenza dell’ONU, le cose si fanno esattamente come se il contingente delle Nazioni Unite non fosse presente.







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