Benedetto XVI all'udienza generale: vivere il cristianesimo richiede coraggio, ma
senza la risurrezione di Cristo la fede sarebbe assurda
Il cristianesimo non è la “via della comodità”, ma una “scalata esigente” che non
può essere compiuta se non con la fede nella risurrezione di Gesù, l’evento che dà
senso alla speranza cristiana. Sono alcune delle affermazioni, ispirate dalle Lettere
di San Paolo, che hanno caratterizzato l’udienza generale di questa mattina di Benedetto
XVI in Piazza San Pietro. La cronaca nel servizio di Alessandro De Carolis:
Sarebbe “semplicemente
assurda” la vita cristiana senza la risurrezione di Gesù. La convinzione ribadita
da Benedetto XVI fu la stessa che duemila anni fa mosse Paolo di Tarso: il suo insegnamento
alle prime comunità di credenti, ha spiegato il Papa, parte sempre e in ogni caso
da questo momento zero della fede: il sepolcro vuoto, i testimoni che ne toccano le
pietre e le bende, Gesù che appare a questi testimoni dopo la sua morte. Da qui -
allora per Paolo, ma oggi per noi - muove anche ogni passo del cristiano verso la
vera speranza:
“In tale evento infatti sta la
soluzione del problema posto dal dramma della Croce. Da sola la Croce non potrebbe
spiegare la fede cristiana, anzi rimarrebbe una tragedia, indicazione dell’assurdità
dell’essere. Il mistero pasquale consiste nel fatto che quel Crocifisso 'è risorto
il terzo giorno secondo le Scritture' - così attesta la tradizione protocristiana.
Sta qui la chiave di volta della cristologia paolina: tutto ruota attorno a questo
centro gravitazionale”. Ma in che
modo il “grande apostolo”, come lo chiama il Papa, annuncia questo mistero? E perché
per lui è un tema “così determinante”? La catechesi in Piazza San Pietro risponde
a queste due domande. Sul come, Paolo - ha affermato Benedetto XVI - annuncia a partire
dalle parole della “tradizione”, non ne “va mai a discapito”. Risponde alle domande
concrete dei primi cristiani, ai loro dubbi. In sostanza, ha osservato il Papa, quella
paolina è una “teologia vissuta”. E qui, il Pontefice, esperto teologo, ha fatto una
digressione sul ruolo della teologia moderna:
“l
teologo, il predicatore non crea nuove visioni del mondo e della vita, ma è al servizio
della verità trasmessa, al servizio del fatto reale di Cristo, della Croce, della
risurrezione. Il suo compito è aiutarci a comprendere oggi, dietro le antiche parole,
la realtà del ìio con noi’ quindi la realtà della vera vita”.
Rispettando
la “catena della tradizione” avviata dai primi Apostoli, San Paolo arriva dunque a
presentare la risurrezione di Gesù come “sintesi” del Vangelo e come “punto culminante”
di un cammino di salvezza. E questo “modo” di annunciare induce, ha proseguito Benedetto
XVI, a chiedersi il “perché” insista su questo evento. Perché, ha risposto il Papa:
“La
novità della risurrezione consiste nel fatto che Gesù, elevato dall’umiltà della sua
esistenza terrena, viene costituito Figlio di Dio ‘con potenza’ (...) La risurrezione
svela quindi definitivamente qual è l’autentica identità e la straordinaria statura
del Crocifisso. Una dignità incomparabile e altissima: Gesù è Dio!”. Tutto
ciò, ha concluso il Pontefice rivolgendosi alla folla, produce “importanti conseguenze
per la nostra vita di fede”, perché siamo intimamente chiamati a partecipare “a tutta
la vicenda della morte e della risurrezione di Cristo”. Siamo chiamati a una speranza
che passa per un via di grande impegno:
“La teologia
della Croce non è una teoria – è la realtà della vita cristiana. Vivere nella fede
in Gesù Cristo, vivere la verità e l’amore implica rinunce ogni giorno, implica sofferenze.
Il cristianesimo non è la via della comodità, è piuttosto una scalata esigente, illuminata
però dalla luce di Cristo e dalla grande speranza che nasce da Lui”.
Al
termine della catechesi e dei saluti in varie lingue, Benedetto XVI si è soffermato
sul mistero della morte che la Chiesa celebra in questi giorni. Tale pensiero, ha
detto ai giovani, non sia per voi motivo di tristezza, “ma stimolo ad apprezzare e
valorizzare appieno la vostra giovinezza, orientando sempre il vostro spirito ai valori
spirituali che non periscono”. Per gli ammalati sia un invito a rinnovare costantemente
la fiducia in Cristo, “sapendo - ha assicurato - che in ogni situazione siamo sempre
nelle sue mani”. Per i nuovi sposi, infine, la prospettiva della vita eterna diventi
un “incoraggiamento” a progettare la famiglia guidati “da Cristo e dal suo Vangelo”.