Il grido di dolore di mons. Kussala: fermate il genocidio nel sud Sudan. Silenzio
dei mass media
Nel silenzio quasi generale dei mass media, nel Sudan meridionale si sta consumando
un genocidio ai danni di una inerme popolazione civile: a denunciarlo è il vescovo
di Tombura-Yambio mons. Edward Kussala. Nella regione dell'Equatoria Occidentale
continua ad imperversare la guerriglia ugandese dell’Esercito di Liberazione del Signore
guidato dal famigerato Joseph Kony, responsabile di atroci crimini da più di 20 anni.
La guerriglia, nel marzo scorso, ha raggiunto col governo dell’Uganda un accordo di
pace, ma finora ha sempre rinviato la firma definitiva. I ribelli si sono insediati
nel sud Sudan terrorizzando la popolazione civile, in particolare nella città di Yambio,
dove centinaia di bambine e bambini sono stati rapiti e schiavizzati. La collega Beth
Hay ha raccolto il grido di dolore dimons. Kussala:
R. – Yes,
the story is very desperate... Sì, è una vicenda davvero drammatica. Io
sono veramente sconvolto per la presenza della guerriglia a Yambio. Fin dall’accordo
di pace questa zona non è mai stata in pace, a causa della presenza dei ribelli ugandesi,
che ha causato conseguenze tragiche per la gente. E le Nazioni Unite hanno deciso
assieme al governo del sud Sudan di ospitare queste persone all’interno del nostro
Paese. Ma non sono seri riguardo alla pace. Noi abbiamo sentito che ci sarebbero stati
accordi di pace, ma non vediamo dei segnali concreti. Kony, che è il leader di questo
Movimento di ribelli, vive lì e le Nazioni Unite lo proteggono, gli portano cibo:
il suo campo è proprio all’interno del territorio di una delle mie parrocchie. Questa
gente di tanto in tanto rapisce le persone e avrei delle serie domande da fare al
governo e alla comunità internazionale, perché mi chiedo perché e come sia possibile
che la gente possa essere lasciata in questa maniera in balìa dei ribelli e non si
possa fare niente per impedirlo. Si rapiscono i bambini e ora sono quasi 500 i bambini
rapiti. D. – I rapimenti avvengono nella sua diocesi… R.
– In our diocese... Sì, nella nostra diocesi. E dove vanno a finire questi
bambini? E quando li restituiranno? Chi metterà sotto pressione questi uomini perché
restituiscano i bambini? I genitori lo gridano con angoscia. Io sono andato in alcune
parrocchie e mi hanno detto: “Vescovo, i miei bambini sono stati rapiti, cosa posso
fare per riprenderli?”. D. – Perché le Nazioni Unite dovrebbero
dare del cibo al leader della guerriglia? Non capisco... R.
– They think to placate, to flatter him... Pensano di placarlo, di adularlo
e invitarlo così ai colloqui di pace. Ma quest’uomo non è interessato ad un accordo
di pace. E noi sappiamo che si sta armando, si sta rafforzando e potrebbe succedere
qualsiasi cosa. Penso che la comunità internazionale si sveglierà soltanto all’ultimo
momento, come sempre: quando le cose saranno già andate male, ritornerà sui suoi passi
dicendo: “Vi vogliamo aiutare!”. Ma c’è qualcosa di molto grave che sta accadendo
ed è solo una questione di tempo. Noi ci stiamo facendo delle domande sulla serietà
del governo sudanese: so bene che il governo ugandese ha dimenticato questa guerra,
perché il leader della guerriglia non si trova più in Uganda e non è più lì che sta
causando problemi; ma mi chiedo quanto il mio governo, quello del Sudan, sia realmente
preoccupato di questa situazione. D. – Ci sono molti sfollati? R.
– A lot of displaced people... Sì, molti sfollati, che si sono spostati
dalle campagne alle città che ormai sono sovraffollate, perché le persone non possono
più vivere nei villaggi e hanno paura di andare nella foresta ed essere catturate.
Il risultato è la fame e un grande bisogno di aiuti, di ciò che è essenziale. Il nostro
grido è questo: chi riporterà i bambini rapiti dai guerriglieri? Chi riporterà le
donne e le altre persone che sono state sequestrate? Chi riporterà la pace? Queste
sono domande a cui non sappiamo rispondere. La cosa tragica è che il leader della
guerriglia quando è arrivato ha compiuto atrocità, ha ucciso e poi ha detto di essere
pronto ad un accordo di pace. Poi, torna indietro e ricomincia da capo infliggendo
gravissime sofferenze alla popolazione locale. E nessuno reagisce, nessuno fa qualcosa
per fermarlo.