Ieri al Festival di Roma presentato il nuovo film di Krzysztof Zanussi
Una favola nera per raccontare il male e il bene: Krzysztof Zanussi nel suo film Col
cuore in mano, proiettato al Festival di Roma, che si chiude questa sera, propone
il sorriso per seguire le malefatte di un oligarca, eroe negativo in un mondo di corruzione
e cattiveria. Ma conversione e ravvedimento possono cogliere, imprevedibili, ogni
esistenza umana. Il servizio di Luca Pellegrini:
Sceglie la
commedia nera e morale per affrontare ancora una volta il male del mondo. Krzysztof
Zanussi ci ha spesso dimostrato, nella sua ampia cinematografia, come l’uomo viva
in ogni istante della sua esistenza, pubblica e privata, una lotta: quella per affermare
il bene, la verità e il bello. Anche 'Col cuore in mano' affronta questi temi, spostandoci
nell’attualità dei nostri giorni in cui potere e ricchezza diventano strumento di
sopruso e immoralità, l’innocenza sembra avere la peggio, la giustizia è un accessorio,
la volgarità la norma. Attenzione, però, ci dice Zanussi: una luce di salvezza può
sempre brillare su di noi e la conversione è dietro l’angolo. Se nell’ultimo 'Sole
nero' l’atmosfera era cupa, questa volta il più famoso dei registi polacchi sceglie
il sorriso per seguire le bravate e i soprusi di un oligarca che si inceppano quando
il suo cuore comincia a battere male, a non funzionare più. I soldi possono tutto,
ma fino a un certo punto: un cuore nuovo può essere pagato, ma prima di tutto va trovato.
E sulla ricerca del cuore nuovo Zanussi costruisce un noir disseminato di accenti
umoristici e di problemi seri. La serietà ha il volto di Bogdan Stupka, un grande
attore, attualmente direttore del Teatro di Stato di Kiev, che è stato anche Ministro
della Cultura: conosce come deve muoversi un personaggio pubblico e di potere e per
questo riassume bene l’anima dell’oligarca. La serietà del film cita direttamente
la filosofia decostruzionista di Jacques Derrida, dalla quale nasce un mondo estremo
e esagerato in cui la mancanza di Dio, l’impossibilità di una verità e del grande
racconto creano paradossi e vicoli ciechi. Sembrerebbe quelli in cui si è cacciato
Stefan, giovane ingenuo e sfortunato che della vita non ne può più e vuole farla finita.
I tentativi di suicidio e l’impossessarsi del cuore sono quasi paradossali, ma a Zanussi
va bene così, perché così riesce a parlare oggi dei mali del mondo. E il suo cinema
conserva sempre una profonda moralità, che a molti irrita e a noi conforta. Ci si
illude, infatti, che sia possibile, come fa l’oligarca corrotto, vivere nella totale
assenza dei valori certi, ma è un concetto sbagliato perché senza la distinzione chiara
tra bene e male, tra verità e menzogna, tra bello e brutto, proprio il mondo, e noi
con lui, rovina. Zanussi pessimista? Si arrabbierebbe davvero se lo dicessimo. Alla
fine l’oligarca ammetterà di aver vissuto male, le sue ultime parole sono queste:
“Ora mi è rimasto soltanto il tempo della penitenza”. Ha capito che fare il bene non
è poi così difficile e che, con un cuore nuovo, il futuro ha una speranza.