Presentati gli "Orientamenti" sui possibili contributi delle scienze psicologiche
nella valutazione di un candidato al sacerdozio
Il ricorso alla psicologia, nel più generale processo di valutazione di un candidato
al sacerdozio, può essere utile in un’epoca dominata da varie forme di relativismo
morale e culturale, a patto che tale contributo resti sempre a margine del normale
percorso formativo e di discernimento di un seminarista. E purché l’esperto consultato
sia un credente, ovvero sia in grado di “inserire la sua scienza psicologica in una
visione di fede”. Sono alcune delle affermazioni con le quali i massimi responsabili
della Congregazione per l’Educazione Cattolica hanno presentato oggi in Sala Stampa
vaticana il documento dedicato a questo tema, nel quale si ribadisce, fra l’altro,
l’inidoneità al sacerdozio per le persone con tendenze omosessuali. Ce ne parla Alessandro
De Carolis:
Chi bussa
oggi alla porta di un seminario chiedendo di diventare sacerdote porta inevitabilmente
impressi in sé, oltre ai germi di una vocazione, anche le “ferite”, più o meno profonde,
di alcune derive tipiche del nostro tempo. Il cardinale prefetto del dicastero dell’Educazione
Cattolica, Zenon Grocholewski, le ha elencate all’inizio del suo intervento: consumismo,
instabilità nelle relazioni familiari e sociali, relativismo morale, visioni errate
della sessualità, precarietà delle scelte, sistematica opera di negazione dei valori.
Tutte forme di disagio, ha proseguito, che influenzano la mentalità del giovane che
aspira a servire totalmente Cristo, causando “fragilità” caratteriale o affettiva
e “incertezza vocazionale”. Fermi restando i criteri ordinari con i quali, dal vescovo
al padre spirituale, viene vagliata una vocazione - che è e resta, è stato ribadito,“un
dono particolare di Dio - in “alcuni casi” particolari anche gli strumenti della psicologia
possono entrare in gioco per consentire una migliore comprensione della maturità umana
in possesso dei candidati all’Ordine. E’ in questo delicato quadro, ha affermato il
cardinale Grocholewski, che si collocano gli “Orientamenti” del documento presentato
in Sala Stampa: “Il documento sottolinea elementi specifici
della formazione umana in vista del sacerdozio, ossia la necessaria crescita: affinché
il candidato (...) abbia una maggiore conoscenza di sé stesso, delle proprie potenzialità
e vulnerabilità, confrontando la propria personalità con gli ideali proclamati dalla
Chiesa, affinché si senta stimolato ad una adesione personale, libera e cosciente”. Quella
“umana” è, quindi, solo una delle componenti della formazione integrale del seminarista,
completata dalle dimensioni intellettuale e pastorale, oltre che spirituale. La vocazione
al sacerdozio, in quanto “dono di Dio”, “passa sempre nella Chiesa” e “spetta alla
Chiesa”, ha asserito il cardinale Grocholewski, discernere l’idoneità dei candidati.
Per cui, ha ribadito con chiarezza, “il ricorso agli esperti nelle scienze psicologiche
non può che essere soltanto ausiliare” e l’utilizzo delle loro competenze: “Non
deve essere una pratica obbligatoria né ordinaria nell’ammissione o nella formazione
dei candidati al sacerdozio. In questo senso, il suo ruolo è di integrazione, non
di sostituzione, sia nel discernimento iniziale, sia nella formazione successiva”. Il
segretario del dicastero vaticano, mons. Jean-Louis Brugués, ha esposto ai giornalisti
il lungo iter compiuto dal documento, sin dai suoi primi passi del 1995, ma maturato
- ha detto - nel solco di una consapevolezza già ben presente nella Chiesa fin dagli
Anni Settanta. Quindi, anche attraverso le domande dei giornalisti, è stato affrontato
uno dei nodi più delicati: quello del comportamento da adottare nei confronti di un
candidato che mostri inclinazioni omosessuali. Ecco la risposta del cardinale Grocholewski: “Se
ha questa tendenza radicalmente fondata, non può essere ammesso all’esercizio sacerdotale
proprio per la natura del sacerdozio. Dunque, è una ferita che incide proprio nell’esercizio
del sacerdozio, nel relazionarsi con gli altri, e non attiene semplicemente alla capacità
di astenersi da questi rapporti”. Il prof. don Carlo Bresciani,
consultore del dicastero vaticano, ha affrontato da un punto di vista professionale
il contributo offerto in un percorso di discernimento vocazionale dalle competenze
della psicologia, della psichiatria o della psicanalisi. Sottolineando la necessità
che i formatori stessi nei seminari siano preparati al meglio anche in questo campo,
ha portato un esempio del ricorso a queste competenze: “Qualora
si manifestassero o dei blocchi o disturbi psichici o problemi di sviluppo non ancora
pienamente superati - teniamo presente che i problemi di sviluppo possono protrarsi
anche un po’ oltre l’età della prima o della primissima giovinezza - allora potrebbe
essere utile una valutazione psicologica per diagnosticare esattamente in che cosa
consista quella difficoltà e anche il prospettare un cammino che potrebbe essere o
di psicoterapia o di accompagnamento psicologico, oppure di consiglio ai formatori
- rettore, vicerettore, padre spirituale - sul come stare vicino, accompagnare, formare
quel candidato alla luce delle difficoltà evolutive che il candidato stesso sta affrontando”.