L’Alta Corte inglese dice no all’eutanasia: plauso dal movimento per la vita
La “Società per la protezione dei bambini non nati” (SPUC), una delle più importanti
associazioni del movimento per la vita britannico, ha espresso soddisfazione per la
decisione dell’Alta Corte di respingere la richiesta di Debbie Purdy di morire con
un suicidio assistito. Lo ha reso noto il Sir. Debbie Purdy, che è appoggiata nella
sua battaglia legale dal gruppo pro-eutanasia “Dignity in dying”, vorrebbe morire
nella clinica “Dignitas”, a Zurigo e vuole che il marito, Omar Puente, la accompagni
ma teme che quest’ultimo possa venire incriminato al suo ritorno in patria. Favorire
il suicidio è un reato punito con 14 anni di prigione dalla legislazione britannica
anche se nessun parente delle 101 persone che sono morte nella clinica svizzera è
stato fino ad oggi incriminato. “Prima di tutto esterniamo la nostra vicinanza alla
signora Purdy e a suo marito e speriamo che, invece del suicidio assistito, lei possa
ricevere tutte le cure palliative e l’assistenza di cui ha bisogno. La vita è degna
di essere vissuta fino alla sua fine naturale”, ha detto il segretario politico della
SPUC Anthony Ozimic. “L’obiettivo di questa causa sostenuta dalla lobby a favore dell’eutanasia
era di indebolire la legge che proibisce il suicidio assistito”, ha detto ancora Ozimic.
Non è la prima volta che un tentativo di legalizzare il suicidio fallisce nel Regno
Unito. (V.V.)