Nuovi crolli in Borsa, partiti dall'Asia e arrivati in Europa. Resta la paura sul
fronte bancario e la convinzione che gli sforzi dei governi non allontaneranno la
recessione. Il lunedì nero ha toccato Hong Kong (-13%), dove l'indice guida ha segnato
il peggior calo dal 1997, e nel corso della seduta ha toccato un minimo a -15,4%,
sui livelli segnati nel 1989 dopo i fatti di piazza Tienanmen. In Europa l'indice
di riferimento (il DJ Stoxx 600) lascia il 4,3%, e si avvia a chiudere ottobre come
peggior mese della storia, con un calo complessivo ad oggi del 26 per cento e con
oltre 12 trilioni di dollari bruciati. Tra i più colpiti, i bancari con UBS e Deutsche
Bank, che cedono oltre l'8 per cento. A Parigi, Societè Generale perde quasi il 15%
e BNP Paribas il 9,65 per cento. A Milano, Intesa Sanpaolo è costretta a due stop
per eccesso di ribasso (-11%) e Unicredit lascia il 6,61 per cento.
Tensione
tra Stati Uniti e Siria dopo lo sconfinamento di elicotteri americani impegnati in
Iraq Lo sconfinamento in Siria di elicotteri americani impegnati in operazioni
di guerra in Iraq non è stata confermata dal Pentagono. Dure le proteste di Damasco,
che parla di crimine di guerra e denuncia la morte di 13 persone. A Maria Grazia
Enardu, docente di relazioni internazionali ed esperta di Medio oriente, Stefano
Leszczynski ha chiesto se questa operazione preluda ad un allargamento del conflitto
iracheno:
R. - È perfettamente
possibile che si sia trattato di un’azione militare tattica: anche se è la prima volta
che gli americani attaccano all’interno della Siria, può darsi ci siano state circostanze
particolari. Quindi, lo metterei francamente nel contesto, anche se è vero che la
Siriaha fatto negli ultimi anni tutta una serie di passi per rientrare nel
giro occidentale e il primo obiettivo diplomatico, politico, che la Siria vuole è
riavere l’ambasciatore americano che ormai è assente da parecchio tempo. D.
- Non necessariamente segna un cambiamento delle regole del gioco con Damasco da parte
di Washington... R. - No, direi di no, anche per una ragione
molto semplice: le prossime regole del gioco saranno chiare dopo il 4 novembre. È
vero che anche un Obama presidente non cambierebbe radicalmente la politica americana
in Medio Oriente, però l’impatto che una presidenza Obama avrebbe in tutta l’area
sarebbe un impatto di rilevanza ben diversa da quella di una presidenza McCain.
D.
- Non sono rari gli episodi di sconfinamenti a caccia di cellule di Al Qaeda, ad esempio
verso il Pakistan per ciò che riguarda il conflitto in Afghanistan... R.
- Il problema delle azioni militari dell’Alleanza in Afghanistan è che si uccidono
civili in Afghanistan e che si fanno incursioni in Pakistan. Questa è chiaramente
una politica perdente e su questo punto, nelle ultime settimane, da parte americana
e anche da parte inglese si sono avute forti critiche e - addirittura proprio in questi
giorni - si parla di contatti da ripristinare in qualche modo con i talebani, separando
gli elementi “moderati” dagli elementi più radicali e, in qualche modo, e di negoziare
con i primi.
Israele Il capo dello Stato israeliano, Shimon Peres,
prosegue le consultazioni con le liste rappresentate alla Knesset (parlamento), dopo
aver appreso ieri dalla leader di Kadima, Tzipi Livni, che allo stato attuale non
è possibile formare un nuovo governo. Il servizio di Fausta Speranza:
Kadima non
è in grado di formare un nuovo governo, per cui non resta che porre fine alla legislatura
con due anni di anticipo ed indire nuove elezioni politiche: queste le conclusioni
molto amare, maturate in settimane di sterili contatti politici, espresse dalla leader
di Kadima, Tzipi Livni, al capo dello Stato, Shimon Peres. La speranza è che dal voto
anticipato emerga una Knesset più governabile di quella uscente. Ma Peres continua
a cercare di verificare se esista alla Knesset, malgrado la sua grande frammentazione,
un deputato in grado di comporre un governo stabile. Secondo gli analisti, si tratta
però di contatti puramente formali. Nel pomeriggio, Peres prenderà la parola alla
Knesset, nella cerimonia di apertura dei lavori dopo la pausa estiva. Intanto, dietro
le quinte sono iniziati i colloqui fra i partiti per stabilire la data del voto, che
potrebbe avere luogo a fine gennaio o nella prima metà di febbraio. Con la rinuncia
di Livni a formare un nuovo governo, in ogni caso si è riaperta in Israele una crisi
politica che sembrava avviata a soluzione. Libano Il
leader del movimento sciita libanese Hezbollah, Sayyed Hassan Nasrallah, si è incontrato
nella serata di ieri con il suo avversario politico sunnita, il leader della maggioranza
parlamentare, Saad Hariri, per la prima volta da oltre due anni. Lo ha reso noto oggi
l'emittente radio di Hezbollah, al Nour, secondo cui i due leader rivali hanno “esaminato
la fase passata delle relazioni in un'atmosfera di franchezza”. I sunniti e sciiti
libanesi sono arrivati lo scorso maggio sull'orlo di una nuova guerra civile, dopo
18 mesi di conflitto politico sulle responsabilità di Hezbollah per la devastante
guerra del 2006 di Israele contro i suoi guerriglieri. “Le due parti hanno convenuto
sulla pace civile e su accordi per disinnescare la tensione e sviluppare il dialogo”,
ha affermato al Nour.
Afghanistan Otto civili afghani, impiegati
in un'impresa di costruzioni, sono rimasti uccisi in un raid aereo effettuato sabato
dalla coalizione internazionale presente in Afghanistan nel centro del Paese. E almeno
un soldato della NATO in Afghanistan è stato ucciso ed altri tre sono rimasti feriti
in un attentato suicida compiuto da un kamikaze travestito da poliziotto, penetrato
nel comando di polizia di Pul-e Khumri, il capoluogo della provincia settentrionale
di Baghlan. Secondo fonti giornalistiche locali, si teme che il bilancio dell'attentato
possa essere molto più grave. Altre fonti citano l'uccisione anche di un ragazzo,
figlio di un addetto alle pulizie nel comando. Iraq Tre persone sono
state uccise e altre cinque sono state ferite dall'esplosione di un ordigno a Baghdad.
Lo ha riferito l'agenzia irachena Nina citando fonti di polizia, secondo le quali
l'ordigno è esploso al passaggio di due minibus sulla strada numero 30 del quartiere
al-Amin, nella parte est della capitale irachena, provocando anche diversi danni materiali.
Pakistan Anche
un importante capo talebano pakistano è rimasto ucciso nell'attacco missilistico sferrato
ieri da un aereo senza pilota, presumibilmente americano, contro una presunta base
talebana in una regione tribale del Pakistan nordoccidentale al confine con l'Afghanistan.
Lo sostiene un responsabile locale. Haji Omar Khan è il nome del leader dei ribelli
morto nel attacco che ha causato 16 morti secondo fonti locali, e almeno 20 per fonti
dell'intelligence di Islamabad. Haji Omar Khan era considerato vicino a Jalaluddin
Haqqani, capo talebano e veterano della lotta contro i sovietici in Afghanistan, e
ritenuto tra i leader più attivi negli attacchi lanciati contro le forze internazionali
presenti in Afghanistan. Il raid di domenica scorsa è stato il dodicesimo in dieci
settimane effettuato sulle zone tribali nel nord-ovest del Pakistan, alla frontiera
con l'Afghanistan.
Turchia - Iraq Un velivolo della compagnia di
bandiera turca Turkish Airlines (THY) con a bordo politici, uomini d'affari e giornalisti
è partito ieri mattina dall'aeroporto “Ataturk” di Istanbul diretto a Baghdad in quello
che è stato il primo volo diretto fra la metropoli turca e la capitale irachena dopo
17 anni. I voli verso Baghdad vennero interrotti nel 1991, in seguito all'embargo
imposto all'Iraq dopo l'invasione del Kuwait e lo scoppio della prima guerra del Golfo.
“Siamo felici di vedere la ripresa dei voli tra Istanbul e Baghdad che contribuiranno
anche a migliorare le relazioni tra i due Paesi”, ha dichiarato ai giornalisti a bordo
il ministro di Stato turco, Kursad Tuzmen.
Italia - immigrazione Quasi
400 migranti sono giunti in nottata a Lampedusa in due sbarchi consecutivi. Il primo
barcone, con 260 extracomunitari, tra cui quattro donne e quattro minori, è stato
intercettato dal pattugliatore Cassiopea della Marina militare italiana a una cinquantina
di miglia a sud dell'isola.
Somalia L'ala dura dell'opposizione somala
ha respinto l'accordo firmato ieri a Gibuti - sotto l'egida dell'ONU - tra Governo
federale di transizione e la parte (che però appare minoritaria) moderata dell'opposizione
stessa: ambedue le tendenze fanno capo all'Alleanza per la Ri-Liberazione della Somalia
(ARS), che ha sede all'Asmara. Lo ha dichiarato stamane sceikh Hassan Dahir Aweis,
che fu il capo spirituale delle Corti coraniche quando queste controllavano buona
parte della Somalia, nella seconda metà del 2006. Furono poi travolte dall'intervento
delle truppe etiopiche, tuttora in Somalia. Sul significato dell’accordo per la Somalia,
Giada Aquilino ha intervistato Massimo Alberizzi, africanista del Corriere
della Sera:
R. - L’accordo
è stato firmato tra il governo di transizione e le Corti islamiche Gruppo di Gibuti.
Loro pensano che bisogna anche stabilire i tempi per un ritiro delle forze etiopiche,
vogliono le forze dell’ONU. Invece, il gruppo più intransigente, chiamato Corti islamiche
Gruppo di Asmara, è deciso a non trattare con il governo finché le truppe etiopiche
non si saranno ritirate. È molto difficile che tenga questo accordo in tutte le parti
della Somalia, perché accanto a questa divisone, diciamo ideologica, c’è la consueta
divisione somala in clan. D. - In questo quadro, quale sarà
la linea dell’Etiopia?
R. - Gli etiopici hanno detto che se ne vogliono
andare, anche perché hanno grosse difficoltà dal punto di vista militare: aspettano
che arrivino le truppe dell’ONU. Sono arrivati degli altri burundesi, è stato incrementato
il contingente ugandese, dovrebbero arrivare anche dei nigeriani, però gli etiopici
non se ne andranno, secondo me, finché non ci sarà un minimo di stabilizzazione. Soprattutto
se non sarà stata garantita la sicurezza delle loro frontiere a sud: la parte Ogaden
che è quel territorio popolato da gente somala che invece fa parte dell’Etiopia. Lì,
l’Etiopia ha molta paura che la ribellione diventi molto forte in intere aree, invocando
una secessione o annessione alla Somalia. D. - Ma, sul terreno,
qual è la situazione della popolazione civile? R. - La popolazione
civile, come la solito in questi casi, è presa tra due fuochi: ci sono quelli che
muoiono, quelli che soffrono di più e quella che ormai non parteggia per l’una o per
l’altra parte, parteggia solo per la fine della guerra.
Kenya Ogni
giorno, in Kenya muoiono in media 473 bambini di età inferiore ai cinque anni, ed
ogni ora cinque neonati non sopravvivono a cause che sarebbe stato possibile prevenire.
Sono alcuni dei dati che emergono da uno studio condotto daLL'UNICEF e dal governo
keniano, del quale dà notizia con risalto oggi la stampa del Kenya. Più in generale,
ogni 30 bimbi nati in Kenya, uno muore prima di avere 28 giorni, uno ogni 12 prima
del primo compleanno, ed uno ogni nove prima dei cinque anni. Lo studio dimostra come
la tendenza sia anche peggiorata negli ultimi anni. Dalla stessa ricerca si evince
che ogni giorno muore una donna per complicazioni connesse alla gravidanza: ogni anno,
muoiono 5840 donne per malattie prevenibili come la malaria, aborti condotti in maniera
non corretta e a causa di emorragie al momento del parto. Tra i piani del governo
per fronteggiare questa tragedia, l'abolizione delle spese ospedaliere per bimbi e
mamme e l'aumento dei posti di lavoro negli ospedali.
Congo Continuano
senza sosta gli scontri tra truppe regolari e quelle dei ribelli nel nordest della
Repubblica Democratica del Congo. Centinaia di migliaia sono i civili in fuga, circa
un milione di profughi, orrori senza fine, e lo spettro della fame sempre più ampio
ed immanente. Ma, e non è la prima volta, ora i combattimenti minacciano direttamente
il Parco nazionale del Virunga, ampia area vulcanica tra Congo, Uganda e Rwanda, ovvero
l'ultimo posto dove sopravvivono relativamente numerosi i gorilla di montagna - oltre
200 sui circa 700 censiti nel mondo - e che non a caso è stato nominato Patrimonio
dell'Umanità dall'UNESCO. Le truppe del generale ribelle Laurent Nkunda - informa
la BBC on line - si sono impadronite del quartier generale del centro di protezione
dell'habitat, ed hanno messo in fuga i 50 Ranger che vi operavano. Ora, si teme per
la sorte dei gorilla, una decina dei quali furono uccisi nel corso di combattimenti
lo scorso anno.
Elezioni USA Ohio e Pennsylvania, due Stati-chiave
nella corsa alla Casa Bianca, sono oggi sotto i riflettori e lo resteranno con ogni
probabilità fino al voto del 4 novembre. Il democratico, Barack Obama, e il repubblicano,
John McCain, si incrociano sulle strade dei due Stati, con eventi che segnano l'inizio
della volata finale verso l'Election Day. Obama ha in programma a Canton, in
Ohio, alle 17.30 ora italiana, quello che il suo staff ha presentato come un discorso
da "closing argument", una sorta di arringa finale per riassumere due anni di campagna
elettorale e spiegare agli americani perchè devono preferirlo a McCain. Questi, indietro
nei sondaggi in entrambi gli Stati, punta a recuperare terreno in Ohio proponendo
l'immagine di "Joe l'idraulico", l'elettore locale che ha sfidato la politica fiscale
di Obama ed è diventato un simbolo della campagna elettorale repubblicana. Conquistare
la Pennsylvania, andata nel 2004 a John Kerry, è diventato un imperativo per McCain
per cercare di equilibrare eventuali sconfitte in Virginia, Florida o North Carolina.
(Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza) Bollettino
del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 301 E'
possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del
Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del
sito www.radiovaticana.org/italiano.