La visita del Papa in Africa, importante segno di attenzione per un continente diviso
tra sofferenze e speranza. Il commento di padre Claudio Zuccala, direttore della rivista
missionaria "Africa"
L’aveva indicata come una priorità pastorale e sociale all’inizio del Pontificato
e ne aveva parlato con incisività durante la sua visita all’ONU, lo scorso aprile,
senza contare i numerosi appelli levati in questi anni in favore del continente. Ora
è ufficiale: quell’Africa tante volte nominata da Benedetto XVI sarà meta di un suo
prossimo viaggio apostolico. E’ di ieri, l’annuncio del Papa della visita in Camerun
e Angola, nel marzo 2009, rispettivamente per consegnare ai vescovi locali il documento
preparatorio del prossimo Sinodo per l'Africa e per celebrare i 500 anni dell'evangelizzazione
angolana. Un annuncio importante e atteso, come conferma il direttore della rivista
“Africa” dei Padri Bianchi, padre Claudio Zuccala, intervistato da Alessandro De
Carolis:
R. - Così,
a caldo, è una reazione di grande gioia. Infatti, ci stavamo chiedendo, noi missionari
che abbiamo lavorato in Africa, quando ci sarebbe stato questo annuncio della visita.
Ora ne siamo felici, perché è segno di un’attenzione verso l’Africa iniziata dal predecessore
di Papa Benedetto e che abbiamo la gioia di veder continuare.
D.
- Parlare di Africa, vuol dire anche parlare delle emergenze umane e sociali di questo
continente, dei suoi conflitti spesso dimenticati. Un’Africa che soffre, per lo più,
quella che incontrerà il Papa…
R. - Sì, un’Africa
che soffre in tanti Paesi che la compongono, però anche un’Africa che continuamente
manda segnali di speranza. I primi che mi vengono in mente: la vitalità e la giovinezza
di questo continente e la testimonianza della Chiesa. Quando parlo di Chiesa, mi riferisco
soprattutto ai laici che hanno saputo testimoniare anche in momenti molto dolorosi
e critici il loro attaccamento a Cristo e al suo Vangelo. E poi la capacità di questo
continente che non si spezza mai sotto i colpi anche più duri inferti dal destino,
ma soprattutto dall’uomo nelle sue manifestazioni più tristi: di cupidigia, di odio,
di guerra e di violenza.
D. - Rispetto a questi
valori positivi dell’Africa che lei ha appena citato, in cosa il Camerun e l’Angola
possono essere, secondo lei, emblematici?
R. - Il
Camerun è emblematico perché è proprio lì che Papa Giovanni Paolo II portò personalmente
l’Esortazione postsinodale Ecclesia in Africa e quindi è significativo che, 13 anni
dopo, il primo Paese che il viaggio del Papa toccherà sia proprio il Camerun: è una
sorta di continuazione, quasi il passaggio simbolico di un testimone. Il Camerun,
poi, è anche un Paese a maggioranza cristiana e quindi è importante che il Papa voglia
rendere omaggio a tutti i fedeli che vivono lì. Per quanto riguarda l’Angola, il fatto
che si celebrino i 500 anni di cristianesimo in quella nazione, ma soprattutto che
essa in questo momento stia sperimentando un certo boom economico, anche se non equamente
distribuito, è un segno sia di incoraggiamento, perché questa ripresa continui - ricordiamo,
fra l’altro, che l’Angola ha vissuto una guerra civile tremenda finita solo pochi
anni fa - sia soprattutto del fatto che in questa ricostruzione si tengano presenti
i poveri, cioè la maggioranza della popolazione. Quindi, forse, la presenza del Papa,
con un forte richiamo alla giustizia, al riconoscimento dei gravi problemi che toccano
la maggior pare degli angolani, potrà spronare il governo a prendere delle decisioni
in questo senso.