2008-10-26 14:44:23

La Somalia ancora oppressa dallo stallo politico e da una drammatica situazione umanitaria


In Somalia continua lo stato d’incertezza sul futuro politico del Paese. Di fronte alle speranze innescate con la formazione all’inizio dell’anno del governo presieduto dal colonnello Nur Adde, la situazione si è andata complicando e appare ormai inevitabile lo slittamento delle elezioni previste per il 2009. Quali le ragioni dell'impasse?  Lucas Dùran lo ha chiesto a Mario Raffaelli, inviato speciale del governo italiano per la Somalia.RealAudioMP3

R. – La speranza si era accesa dopo la firma il 9 giugno a Gibuti di un accordo fra il governo provvisorio e l’Alleanza per la liberazione della Somalia, sotto la quale si erano raggruppati i diversi oppositori all’intervento etiopico e al governo transitorio. E questa intesa prevedeva che nel giro di quattro mesi si potesse arrivare ad una cessazione delle ostilità e ad una forma di accordo politico su come affrontare l’ultima parte di questi cinque anni di transizione. Questo periodo, che scadrà nell’agosto del 2009, prevedeva sia delle elezioni multipartitiche democratiche sia un referendum su un testo costituzionale di tipo federale.

 
D. – Di chi sono le responsabilità?

 
R. – Le responsabilità sono in parte dovute alle parti somale, perchè esistono delle divisioni all’interno dei due campi, sia all’interno sia nell’opposizione. Nell’opposizione questa divisione si è addirittura manifestata con una rottura aperta. In più, sul terreno, esistono dei gruppi cosiddetti Shabab, che sono i gruppi islamici più radicali, che non hanno mai condiviso i tentativi di pacificazione. Va detto che a queste difficoltà, legate agli interlocutori somali, si aggiunge anche una certa lentezza della comunità internazionale.

 
D. – Di fronte a questa situazione, cosa accadrà delle elezioni previste per il 2009?

 
R. – Io credo che sia inevitabile avere uno spostamento delle elezioni, perchè il tempo a disposizione non è sufficiente nella condizione somala per avere delle elezioni realmente democratiche e rappresentative. Il problema è vedere se questo prolungamento sarà il frutto di tale accordo fra le due parti. Bisognerà capire quindi se sarà un prolungamento credibile. Per questo, di fronte all’aggravarsi della situazione, proprio in questi giorni, ci saranno due nuove occasioni. Sempre a Gibuti, sono stati riconvocati i due comitati congiunti per cercare di uscire da questo blocco; si spera che questa volta anche i dettagli del cessate il fuoco vengano concordati. Dall’altra parte ci sarà subito dopo, il 29 e il 30 di questo mese, a Nairobi, un meeting straordinario dell’IGAD, l’Organizzazione regionale dei Paesi del Corno d’Africa, che aveva sponsorizzato il processo di transizione somalo. Questo vertice straordinario, con la presenza del Parlamento somalo e, a latere, anche dei rappresentanti dell’opposizione, cercherà di dare un supporto forte, perchè sarà a livello di capi di Stato, al processo di Gibuti.

 
Se la situazione politica appare in stallo, la Somalia vive una condizione delicatissima a livello umanitario. Le organizzazioni internazionali e non governative operano in condizioni difficili e di grave rischio, come dimostrano i recenti episodi di uccisioni di due operatori locali dell’Unicef e del Programma alimentare mondiale. Novella Maifredi, responsabile dei progetti in Somalia per il COSV, organizzazione umanitaria di cooperazione ed emergenza internazionale presente nel Paese da oltre dieci anni:

 
R.- Credo che questo sia uno dei momenti peggiori che la Somalia sta attraversando. Al momento, non abbiamo personale espatriato sul territorio somalo, ma stiamo portando avanti i progetti con il personale locale.

 
D. – Come vive la gente somala con la quale interagite? Cosa vi riportano i vostri operatori locali in proposito?

 
R. – Ci riportano una preoccupazione che ormai è cresciuta in maniera esponenziale nelle ultime settimane, proprio perché questi attacchi anche agli operatori somali, la presenza di personaggi non ben definiti nella comunità, e quindi nelle varie città, è fonte di estrema preoccupazione. Se anche il personale somalo e le comunità temono per la propria incolumità, perché hanno paura di essere oggetto di attacchi, diventa veramente difficile portare aiuti, in una situazione che però ne avrebbe estremamente bisogno.







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