Il Papa ha presieduto in San Pietro la Messa conclusiva del Sinodo. Il pensiero ai
vescovi cinesi e l’annuncio del viaggio in Africa. All’Angelus, l’appello per i cristiani
in India e in Iraq
Con una solenne celebrazione eucaristica presieduta da Benedetto XVI nella Basilica
Vaticana, si sono conclusi stamani i lavori del Sinodo dei Vescovi sulla Parola di
Dio. Al centro dell’omelia del Papa, un pensiero speciale per i presuli della Cina
continentale e l’annuncio del viaggio apostolico in Africa a marzo 2009. All’Angelus,
poi, il Santo Padre ha rivolto un appello per la pace dei cristiani in India e in
Iraq e per la libertà religiosa in tutto il mondo. Il servizio di Isabella Piro:
(canto)
L’Asia e l’Africa: le parole del Santo Padre hanno unito idealmente
questi due Continenti, al centro della sua omelia. Dopo aver ringraziato tutti i partecipanti
al Sinodo appena concluso, dimostrando gratitudine per la loro “costante dedizione”
e per “l’arricchente esperienza” che hanno portato in aula, Benedetto XVI ha rivolto
un pensiero ai vescovi della Cina continentale: "Un pensiero
speciale va ai vescovi della Cina Continentale, che non hanno potuto essere rappresentati
in questa assemblea sinodale. Desidero farmi qui interprete, e rendere grazie a Dio,
del loro amore per Cristo, della loro comunione con la Chiesa universale e della loro
fedeltà al Successore dell’Apostolo Pietro. Essi sono presenti nella nostra preghiera,
insieme con tutti i fedeli che sono affidati alle loro cure pastorali. Chiediamo al
«Pastore supremo del gregge» (1 Pt 5, 4) di dare ad essi gioia, forza e zelo apostolico
per guidare con sapienza e con lungimiranza la comunità cattolica in Cina, a noi tutti
così cara". Quindi, l’annuncio del viaggio in Africa a marzo del 2009,
in vista della II Assemblea speciale del Sinodo per questo Continente, che si svolgerà
a Roma nell’ottobre del prossimo anno: "E’ mia intenzione
recarmi nel marzo prossimo in Camerun per consegnare ai rappresentanti delle Conferenze
Episcopali dell’Africa l’Instrumentum laboris di tale Assemblea sinodale. Di lì proseguirò,
a Dio piacendo, per l’Angola, per celebrare solennemente il 500.mo anniversario di
evangelizzazione del Paese". A fare da filo conduttore a tutta l’omelia
è stato il comandamento dell’amore. Quell’amore - ha detto il Papa - che tutto supera
tutto, tutto rinnova, tutto vince: l’amore di chi, consapevole dei propri limiti,
segue docilmente le parole di Cristo. Questo significa essere discepoli di Gesù -
ha ribadito Benedetto XVI - e questo significa mettere in pratica il primo e più grande
comandamento della Legge divina, testimoniandolo concretamente nei rapporti tra le
persone: "(…) devono essere rapporti di rispetto, di collaborazione,
di aiuto generoso. Il prossimo da amare è anche il forestiero, l’orfano, la vedova
e l’indigente, quei cittadini cioè che non hanno alcun difensore”. L’amore
per il prossimo, però, ha ricordato il Santo Padre, nasce dall’ascolto docile della
Parola divina e dalla sua incarnazione nell’esistenza personale e comunitaria. Un’esperienza
ritrovata frequentemente durante i lavori sinodali dei giorni scorsi: "In
questa celebrazione eucaristica, che chiude i lavori sinodali, avvertiamo in maniera
singolare il legame che esiste tra l’ascolto amorevole della Parola di Dio e il servizio
disinteressato verso i fratelli. Quante volte, nei giorni scorsi, abbiamo sentito
esperienze e riflessioni che evidenziano il bisogno oggi emergente di un ascolto più
intimo di Dio, di una conoscenza più vera della sua parola di salvezza; di una condivisione
più sincera della fede che alla mensa della parola divina si alimenta costantemente!" Poi,
lo sguardo del Papa si è allargato sulla missione della Chiesa: il suo “compito prioritario
all’inizio di questo nuovo millennio”, ha ricordato Pontefice, è “nutrirsi della Parola
di Dio per rendere efficace l’impegno della nuova evangelizzazione”. Ma è anche necessario
“tradurre in gesti di amore la Parola ascoltata, perché solo così diviene credibile
l’annuncio del Vangelo, nonostante le umane fragilità che segnano le persone”: "Tanta
gente è alla ricerca, talora persino senza rendersene conto, dell’incontro con Cristo
e col suo Vangelo; tanti hanno bisogno di ritrovare in Lui il senso della loro vita.
Dare chiara e condivisa testimonianza di una vita secondo la Parola di Dio, attestata
da Gesú, diventa pertanto indispensabile criterio di verifica della missione della
Chiesa". Ma come rendere efficace l’impegno dell’evangelizzazione,
affinché le persone, incontrando la verità, possano crescere nell’amore autentico?
La risposta, ha sottolineato il Papa, si trova nel “contatto vivo e intenso con le
Sacre Scritture”: "E poiché non di rado l'incontro con la
Scrittura rischia di non essere “un fatto” di Chiesa, ma esposto al soggettivismo
e all'arbitrarietà, diventa indispensabile una promozione pastorale robusta e credibile
della conoscenza della Sacra Scrittura, per annunciare, celebrare e vivere la Parola
nella comunità cristiana, dialogando con le culture del nostro tempo, mettendosi al
servizio della verità e non delle ideologie correnti e incrementando il dialogo che
Dio vuole avere con tutti gli uomini (cfr ibid., 21)." A questo scopo,
ha continuato il Santo Padre, va curata “in modo speciale la preparazione dei pastori”,
“vanno incoraggiati gli sforzi per suscitare il movimento biblico tra i laici, la
formazione degli animatori dei gruppi, con particolare attenzione ai giovani” E ancora,
bisogna “sostenere lo sforzo di far conoscere la fede attraverso la Parola di Dio
anche a chi è 'lontano' e specialmente a quanti sono in sincera ricerca del senso
della vita”. (canto) All’Angelus, poi, pronunciato
di fronte ad una Piazza San Pietro assolata ed affollata di fedeli, Benedetto XVI
è tornato sui lavori del Sinodo ed ha ricordato l’importanza di un’esegesi biblica
basata sia sul metodo storico-critico che su quello teologico. Poi,
l’appello perché il mondo non dimentichi le sofferenze patite dai cristiani in alcuni
Paesi dell’Oriente: "Al termine dell’Assemblea sinodale,
i Patriarchi delle Chiese Orientali hanno lanciato un appello, che faccio mio, per
richiamare l’attenzione della comunità internazionale, dei leaders religiosi e di
tutti gli uomini e le donne di buona volontà sulla tragedia che si sta consumando
in alcuni Paesi dell’Oriente, dove i cristiani sono vittime di intolleranze e di crudeli
violenze, uccisi, minacciati e costretti ad abbandonare le loro case e a vagare in
cerca di rifugio. Penso in questo momento soprattutto all’Iraq e all’India". Ricordando
il contributo che le “piccole, ma operose e qualificate minoranze cristiane danno
alla crescita della patria comune”, il Papa ha poi ribadito che “esse non domandano
privilegi”, ma solo di “poter continuare a vivere nel loro Paese e insieme ai loro
concittadini”: "Alle autorità civili e religiose interessate
chiedo di non risparmiare alcuno sforzo affinché la legalità e la convivenza civile
siano presto ripristinate e i cittadini onesti e leali sappiano di poter contare su
una adeguata protezione da parte delle istituzioni dello Stato. Auspico poi che i
responsabili civili e religiosi di tutti i Paesi, consapevoli del loro ruolo di guida
e di riferimento per le popolazioni, compiano dei gesti significativi ed espliciti
di amicizia e di considerazione nei confronti delle minoranze, cristiane o di altre
religioni, e si facciano un punto d’onore della difesa dei loro legittimi diritti". Un nuovo accorato appello – dunque – quello del Papa, affinché in Iraq e in
India per le comunità cristiane torni la pace e finisca la persecuzione. Come sono
state accolte le parole del Santo Padre dai cristiani che in quei Paesi stanno vivendo
momenti così drammatici? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a don Renato Sacco, di Pax
Christi, da poco rientrato dall’Iraq: