Ripresi nella Chiesa romana di Santa Maria in Traspontina gli incontri di Lectio divina
Sono ripresi nella Chiesa romana di Santa Maria in Traspontina, in Via della Conciliazione,
i tradizionali incontri di Lectio divina. Oggi alle 18.30 guida la meditazione il
padre carmelitano Bruno Secondin. Benedetto XVI ha più volte invitato a riprendere
l’antica pratica della Lectio divina: ma di cosa si tratta precisamente? Sergio
Centofanti lo ha chiesto allo stesso padre Secondin: R.
– La Lectio divina si può definire con semplicità come una lettura riflessiva e un
ascolto orante - da soli oppure in gruppo, in comunità - di un passo della Scrittura,
della Bibbia, che però viene accolta come parola che Dio pronuncia per noi e che sotto
l’influsso dello Spirito Santo ci porta a comprendere il cuore di Dio nei nostri riguardi,
la nostra situazione davanti a Lui. Perciò ci vogliono meditazione e silenzio, preghiera
e pentimento. E poi fiorisce anche in atteggiamenti di speranza, di impegno, di solidarietà
e di dialogo.
D. – Come fare perché la Parola di
Dio entri nella vita concreta di tutti i giorni?
R.
– Questo è molto importante. E’ uno dei punti su cui noi facciamo molta attenzione:
che la Parola sia rispettata in tutta la sua ricchezza. Quindi, un primo passaggio
è di rispetto e di approfondimento sulla Parola come tale, perché la sua ricchezza
a volte è nascosta dietro ad una parola, un’espressione, una frase. Seconda cosa:
che questa luce interna alla Parola si riversi sul vivere, sui problemi, sui nodi,
anche sui tunnel dolorosi della nostra vita, e li illumini come dall’interno, li sblocchi
da certe difficoltà di comprensione e di accettazione, per arrivare a mettere insieme,
in sintesi, la luce che Dio ci offre, la fatica del nostro comprendere e vivere la
vita e fare insieme un cammino di fiducia e di reinterpretazione. Per questo la Lectio
serve molto come orientamento sapienziale alla vita, come sostegno di percorsi che
dobbiamo dall’interno della vita saper sciogliere e avviare.
D.
– San Giacomo ammonisce “siate di quelli che mettono in pratica la Parola e non soltanto
ascoltatori, illudendo voi stessi”. Come evitare l’inganno di ritenersi credenti?
R.
– Ecco, questo è anche un altro aspetto: per avere fatto una lettura, averci pensato
sopra, e magari aver capito delle cose belle, pensiamo che noi siamo già cambiati.
E’ molto importante invece che ci si ponga con serietà e umiltà davanti alla Parola
per lasciarci proprio giudicare e chiamare a conversione, chiamare a verità. Per questo
noi nel nostro metodo usiamo proprio porre delle domande, chiedere che si faccia una
verifica tra la luce, che è stata data, e quello che noi in realtà viviamo.
D.
– Ecco, il Sinodo dei vescovi sulla Parola di Dio si sta concludendo. Quale il messaggio
che sta emergendo da questa Assemblea?
R. – Che,
prima di tutto, c’è una grande fame in mezzo al popolo per la Parola. Tutti i vescovi,
tutti i partecipanti lo riconoscono e si sono posti la domanda di come aiutare a far
crescere genuinamente questa fame. Seconda cosa, come aiutare gli esegeti a non limitarsi
solo al loro lavoro, ma ad aiutare la teologia e poi il cammino dei credenti, del
popolo, perché si nutra della Parola. Perciò hanno indicato che deve essere una lettura
credente, cioè fatta nella fede e non per curiosità di sapere di più sulla Bibbia.
Deve essere accompagnata dai sacerdoti. E quindi che questi si preparino, perché a
questa fame si risponda. Deve essere legata alla liturgia e a questa preoccupazione
di trasformare l’ascolto in una realtà seria. Poi il Sinodo ce lo lascerà come impulso
grande da portare avanti e da realizzare sempre in forme creative.