2008-10-24 14:17:44

Ripresi nella Chiesa romana di Santa Maria in Traspontina gli incontri di Lectio divina


Sono ripresi nella Chiesa romana di Santa Maria in Traspontina, in Via della Conciliazione, i tradizionali incontri di Lectio divina. Oggi alle 18.30 guida la meditazione il padre carmelitano Bruno Secondin. Benedetto XVI ha più volte invitato a riprendere l’antica pratica della Lectio divina: ma di cosa si tratta precisamente? Sergio Centofanti lo ha chiesto allo stesso padre Secondin:RealAudioMP3
 
R. – La Lectio divina si può definire con semplicità come una lettura riflessiva e un ascolto orante - da soli oppure in gruppo, in comunità - di un passo della Scrittura, della Bibbia, che però viene accolta come parola che Dio pronuncia per noi e che sotto l’influsso dello Spirito Santo ci porta a comprendere il cuore di Dio nei nostri riguardi, la nostra situazione davanti a Lui. Perciò ci vogliono meditazione e silenzio, preghiera e pentimento. E poi fiorisce anche in atteggiamenti di speranza, di impegno, di solidarietà e di dialogo.

 
D. – Come fare perché la Parola di Dio entri nella vita concreta di tutti i giorni?

 
R. – Questo è molto importante. E’ uno dei punti su cui noi facciamo molta attenzione: che la Parola sia rispettata in tutta la sua ricchezza. Quindi, un primo passaggio è di rispetto e di approfondimento sulla Parola come tale, perché la sua ricchezza a volte è nascosta dietro ad una parola, un’espressione, una frase. Seconda cosa: che questa luce interna alla Parola si riversi sul vivere, sui problemi, sui nodi, anche sui tunnel dolorosi della nostra vita, e li illumini come dall’interno, li sblocchi da certe difficoltà di comprensione e di accettazione, per arrivare a mettere insieme, in sintesi, la luce che Dio ci offre, la fatica del nostro comprendere e vivere la vita e fare insieme un cammino di fiducia e di reinterpretazione. Per questo la Lectio serve molto come orientamento sapienziale alla vita, come sostegno di percorsi che dobbiamo dall’interno della vita saper sciogliere e avviare.

 
D. – San Giacomo ammonisce “siate di quelli che mettono in pratica la Parola e non soltanto ascoltatori, illudendo voi stessi”. Come evitare l’inganno di ritenersi credenti?

 
R. – Ecco, questo è anche un altro aspetto: per avere fatto una lettura, averci pensato sopra, e magari aver capito delle cose belle, pensiamo che noi siamo già cambiati. E’ molto importante invece che ci si ponga con serietà e umiltà davanti alla Parola per lasciarci proprio giudicare e chiamare a conversione, chiamare a verità. Per questo noi nel nostro metodo usiamo proprio porre delle domande, chiedere che si faccia una verifica tra la luce, che è stata data, e quello che noi in realtà viviamo.

 
D. – Ecco, il Sinodo dei vescovi sulla Parola di Dio si sta concludendo. Quale il messaggio che sta emergendo da questa Assemblea?

 
R. – Che, prima di tutto, c’è una grande fame in mezzo al popolo per la Parola. Tutti i vescovi, tutti i partecipanti lo riconoscono e si sono posti la domanda di come aiutare a far crescere genuinamente questa fame. Seconda cosa, come aiutare gli esegeti a non limitarsi solo al loro lavoro, ma ad aiutare la teologia e poi il cammino dei credenti, del popolo, perché si nutra della Parola. Perciò hanno indicato che deve essere una lettura credente, cioè fatta nella fede e non per curiosità di sapere di più sulla Bibbia. Deve essere accompagnata dai sacerdoti. E quindi che questi si preparino, perché a questa fame si risponda. Deve essere legata alla liturgia e a questa preoccupazione di trasformare l’ascolto in una realtà seria. Poi il Sinodo ce lo lascerà come impulso grande da portare avanti e da realizzare sempre in forme creative.







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