Ombre e luci nella vita dei cristiani in Asia: persecuzioni ma anche apprezzamento
per la loro coerenza al Vangelo. Intervista con il vescovo Anthony Felix Machado
India, Cina, ma anche Pakistan, Indonesia, Corea del Nord: da mesi, purtroppo si rincorrono
le notizie che parlano di nuove persecuzioni anticristiane in Asia o di già consolidate
forme di repressione. Il Rapporto sulla libertà religiosa reso noto ieri da Aiuto
alla Chiesa che Soffre (ACS), disegna un quadro preoccupante, con appena qualche spiraglio
che lascia intravedere segnali di una coesistenza improntata al rispetto. L’India
è certamente il Paese che ha visto scatenarsi un autentico pogrom contro la Chiesa
e i suoi membri. Ma la realtà ecclesiale dell’Asia non è solo ombre: non mancano le
luci di uno sviluppo positivo, basato soprattutto - in un continente di antichissime
tradizioni religiose - sui valori di pace portati dal Vangelo. Alessandro De Carolis
ne ha parlato con mons. Anthony Felix Machado, vescovo della diocesi indiana
di Nasik:
R. - Attualmente,
in India, la situazione si è relativamente calmata: ci sono pochissimi casi in questi
giorni, anche perché siamo molto vicini alle feste indù del Diwali. Però, si avverte
anche che i fondamentalisti non hanno abbandonato questa campagna di odio verso i
cristiani. Continuano ancora a seminarlo, creano un pretesto davanti alla gente per
prepararsi, io credo, per le elezioni del prossimo anno. D.
- A livello mediatico, si parla soprattutto delle aggressioni contro i cristiani.
Ma esiste anche un aspetto meno conosciuto che è quello della solidarietà degli indù
verso i cristiani… R. - Certo, devo sottolineare molto questo
aspetto della solidarietà. Ci sono maggioranze tuttora solidali con i cristiani. I
media anglofoni ne hanno molto parlato, hanno riflettuto molto bene e molti indù hanno
scritto contro gli attacchi contro i cristiani. Mi auguro adesso che anche i media
nelle lingue locali parlino di questa repressione. Alcuni miei amici nei media locali
mi hanno detto di essere sotto pressione ad opera di alcuni gruppi: non possono assolutamente
pubblicare quello che vogliono. La mia conclusione è che non sono i credenti indù
che seminano odio, ma sono alcuni gruppi che strumentalizzano la religione. D.
- Benedetto XVI, ultimamente, ha levato moltissimi appelli alla coesistenza pacifica,
al rispetto. Che effetto hanno avuto sulla società indiana le parole del Papa? R.
- Le parole del Papa sono molto preziose. Chi porta questi attacchi è una minoranza
esigua, nemmeno il due per cento della popolazione, secondo me. Questo vuol dire che
il 98 per cento sta guardando quale sia la nostra reazione, anche perché conoscono
molto bene lo spirito del Vangelo. Dunque, quando parla il Santo Padre è ascoltato
molto attentamente da tante persone. Anche quel due per cento di coloro che attaccano
i cristiani conosce, per così dire, il “potere” della parola del Papa e ne è disturbato.
Ciò significa che anche loro ascoltano e non vogliono che il Papa parli del messaggio
cristiano: di perdono, di riconciliazione e di amore. D. - Ciò
di cui abbiamo parlato è il dramma che sta vivendo una parte della Chiesa asiatica.
Ma quali sono le luci di questa Chiesa? Dov’è che la Chiesa cattolica in Asia gode
di sviluppo? R. - La Chiesa asiatica si vede che non ha abbandonato
la sua natura, quella cioè di essere sempre Chiesa del Vangelo di Gesù. Questo Vangelo,
in Asia, in questi giorni, è sempre un "Deus caritas est”, come dice l'Enciclica del
Papa. Le luci della Chiesa in Asia, in questi momenti, sono sempre un messaggio d’amore,
di perdono e di riconciliazione.