Un piano metodico dietro le violenze contro i cristiani in India: la testimonianza
di un sacerdote
In India, i gruppi fondamentalisti indù che da oltre un mese hanno lanciato attacchi
contro i cristiani dell’Orissa, sono divenuti più metodici: aiutati anche dalla polizia,
proibiscono ai cristiani di incontrarsi e pregare. Cercano di uccidere i nuovi convertiti
e occupano il terreno delle chiese distrutte, E’ quanto rivela all’agenzia AsiaNews
padre Ajay Singh, direttore del Jan Vikas, un centro di iniziativa sociale della diocesi
di Cuttack-Bhubaneshwar. La nostra gente - ha spiegato - vive in condizioni difficilissime.
“Hanno distribuito solo una coperta per famiglia; l’igiene e la sanità sono inesistenti.
Ai cristiani è proibito pregare: le forze di sicurezza continuano a vigilare in modo
puntiglioso perché questo non avvenga e proibiscono anche ogni aiuto e consolazione
dall’esterno. Le donne, soprattutto, sono consumate da una profonda depressione”.
Il timore – aggiunge Sajan K George, presidente del Global Council of Indian Christians
- è che i gruppi radicali si mettano a costruire templi indù sulle terre dove una
volta esistevano case e chiese cristiane”. I radicali indù – osserva - “vogliono nascondere
i segni della loro brutalità contro persone innocenti”, adesso che l’opinione pubblica
indiana è venuta a conoscenza delle violenze. Finora, gli attacchi lanciati contro
i cristiani in India hanno provocato la distruzione di 180 chiese, 4500 case e la
fuga di oltre 50 mila persone. (A.L.)