Lectio divina e qualità delle omelie al centro dei lavori del Sinodo dei Vescovi
Dopo la pausa domenicale, sono ripresi stamani, in Vaticano, i lavori del Sinodo dei
Vescovi sul tema “La Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa”. A fare
da filo conduttore tra gli interventi, sono state, in particolare, le riflessioni
sulla necessità di rilanciare la pratica della Lectio divina, sulle Giornata Mondiale
della Gioventù e sul fenomeno dell’immigrazione. Il servizio di Isabella Piro:
Si può
leggere la Bibbia senza fede, ma senza fede non si può scrutare la Parola di Dio:
è scritto nell’Instrumentum Laboris del Sinodo e i Padri sinodali l’hanno ribadito
stamani in Aula. La pia lettura della Scrittura – si è detto – è connessa alla preghiera
e quindi è conoscenza amorosa di fede, relazione personale con il Signore. Per evitare
derive intellettualistiche, allora, bisogna seguire l’esempio di Maria, ovvero guardare
a Gesù, testimone fedele dell’alleanza di Dio con gli uomini, e vivere una comunione
ecclesiale quotidiana.
Quindi, è toccato alle GMG
ricordare l’importanza dei laici nella diffusione della Parola di Dio. E gratitudine
è stata espressa per i movimenti ecclesiali e le nuove comunità, diventati nel tempo
“laboratori della Parola di Dio”, in cui si impara a vivere Cristo nel mondo. Ricordata
anche il riuscito esperimento del sito Internet www.Xt3.com,
nato dopo la GMG di Sidney e divenuto uno strumento di supporto per la rete sociale
dei cattolici.
In primo piano, poi, il fenomeno
dell’immigrazione che rappresenta – si è detto in Aula – una grande occasione missionaria
per la Chiesa. I migranti, infatti – hanno ribadito i Padri sinodali – non dovrebbero
essere visti semplicemente come oggetto di preoccupazione pastorale, poiché possono
diventare essi stessi missionari, facendo nascere comunità cattoliche là dove non
esistono o rafforzando quelle già presenti. Perché allora – ha suggerito il Sinodo
– non affidare a ciascuno di loro il Libro della Sacra Scrittura, così che lo portino
con sé nei Paesi di accoglienza?
Centrale, poi, l’esortazione
a proseguire nel dialogo non solo con l’ebraismo e l’islamismo, ma anche con il buddismo,
l’induismo ed il confucianesimo, di cui sono stati messi in rilevo alcuni principi
vicini alla religione cristiana, come la vita monastica, i pellegrinaggi e l’attaccamento
al valore della famiglia.
Ancora una volta, però,
largo spazio è stato dato alla tragica situazione dei cristiani in India, vittime
di violente persecuzioni: una citazione che ha scosso l’Aula sinodale, provocando
un applauso spontaneo di solidarietà. La stessa che è stata manifestata per i cristiani
in Libano, costretti – si è detto – sempre più ad emigrare, in cerca di una vita migliore.
Infine, si è tornati a parlare della qualità e dello
spessore delle omelie. In particolare, il Sinodo dei Vescovi ha sottolineato alcuni
errori molto comuni nella pratica omiletica, come quello di ripetere semplicemente
le Sacre Scritture appena lette o di allontanarsi dal Vangelo del giorno, parlando
di altri argomenti. E sull’importanza delle omelie, ascoltiamo la riflessione di padre
Carlos Alfonso Azpiroz Costa, appartenente all’Ordine domenicano:
R.
– La predicazione oggi è fondamentale, perché la predicazione porta alla vita sacramentale.
Ma una vita sacramentale senza la Parola che l’arricchisce non è viva. Invece, una
predicazione anche senza vita sacramentale, che prepari alla vita sacramentale, arricchisce
la Chiesa. Ci sono tante suore e tanti laici, missionari, predicatori, che percorrono
villaggi, quartieri, i posti più poveri, portando questo pane della Parola. C’è tanta
gente che è lontana dalla Chiesa, nel senso del tempio dove si celebra l’Eucaristia
domenicale, perchè non hanno questa possibilità. Perciò questo Sinodo è un’idea meravigliosa
e noi come frati predicatori certo sentiamo che questa assemblea parla in modo speciale
anche a noi.
D. – C’è stata la proposta di un presule
di istituire un direttorio di omiletica...
R. – Potrebbe
essere importante per tanti, ma un direttorio di omiletica potrebbe anche creare un
certo fissismo. L’omelia è una cosa molto viva. Non è un libro già finito. Penso piuttosto
ad un sussidio, ma deve essere qualcosa di vivo ed efficace.
D.
– Nel suo intervento lei ha puntato l’attenzione sul fatto che la Parola di Dio deve
essere intesa come un canto a più voci. In che senso?
R.
– Noi non possiamo dire una sola parola. Cristo che si manifesta in modi diversi.
Per esempio, noi abbiamo il Vangelo di Gesù Cristo, ma attraverso quattro libri scritti
da diversi evangelisti, in tempi diversi, a comunità cristiane diverse. Questa è una
ricchezza enorme, perché aiuta a capire che questa parola si incarna in ognuno di
noi, in ogni comunità, in ogni Paese, in ogni Chiesa particolare. Colori e suoni diversi
in una unica sinfonia policromatica.