2008-10-12 16:00:21

Raid in Afghanistan, morti 100 talebani


Oltre cento talebani sono stati uccisi nel sud dell’Afghanistan in due distinte operazioni condotte delle truppe NATO insieme con l’esercito di Kabul. Ma la situazione sul terreno rischia di sfuggire di mano alle truppe della coalizione internazionale che controllano il territorio, coadiuvando il governo nella lotta contro la guerriglia talebana. L’intelligence americana ha lanciato l’allarme accusando il presidente Karzai - che ieri varato un rimpasto di governo - di non saper fronteggiare la ribellione che, giorno dopo giorno, diventa sempre più minacciosa nei confronti delle istituzioni in carica. Sulla situazione esistente nel Paese, Giancarlo La Vella ha raccolto l’analisi di Alberto Negri, inviato speciale del Sole 24 Ore: RealAudioMP3

R. - Il rischio degli occidentali in Afghanistan è lo stesso che hanno passato gli altri occupanti del Paese nel corso della storia, a partire dal russi alla fine degli anni Settanta e Ottanta, che riversarono in Afghanistan 200 mila soldati soltanto nel tentativo di controllare il sud del Paese. Siamo di fronte ad una guerriglia tenace, una guerriglia che non ha bisogno di vincere delle battaglie, le basta soltanto tenere sotto pressione il nemico. E questo spiega anche perché i talebani del mullah Omar non siano ancora arrivati ad un accordo con il governo centrale di Kharzai. Sanno se non di poter vincere, comunque di non perdere questa guerra.
 
D. - Perdere il controllo dell’Afghanistan a quale rischio espone per gli equilibri in tutta la regione?
 
R. - Lo abbiamo visto molto chiaramente: l’Occidente non è riuscito ancora a pacificare il Paese e molto più velocemente, invece, si sta "talebanizzando" il vicino Pakistan, dove nelle zone tribali abbiamo visto quanto sia forte la presenza non solo dei talebani afghani ma ormai anche di talebani pakistani. E’ questo rischio di talebanizzazione e di destabilizzazione del Pakistan a costituire il vero pericolo. Un tempo, il Pakistan era un Paese che influenzava l’Afghanistan e anche l’ascesa dei talebani è stata dovuta all’influenza di Islamabad. Oggi, è l’Afghanistan che condiziona il Pakistan.
 
D. - Un altro allarme che viene dall’Afghanistan è l’aumento esponenziale delle colture da oppio. Sono tutti introiti che vanno ad alimentare la guerriglia?
 
R. - La coltura dell’oppio alimenta non soltanto la guerriglia, ma anche i “signori della guerra” che non sono mai andati via dall’Afghanistan: alcuni sono entrati nel governo, altri comunque continuano ad esercitare la loro influenza in varie zone del Paese e dalla coltura dell’oppio hanno comunque sempre tratto grandi utili e profitti.
 
D. - Si può fare un parallelo con quanto sta avvenendo in Iraq, dove la situazione non è certo facile?
 
R. - Si può fare un parallelo in questo senso: in Iraq, la grande mossa è stata quella del generale Petraeus di mettere sul libro paga la guerriglia dei sunniti, e in qualche modo la violenza non si è fermata, è ancora pericolosa ma è diminuita di molto, anche se l’obiettivo di consolidare l’Iraq non è stato raggiunto. E’ comunque stato raggiunto l’obiettivo di portare dalla parte del governo e degli americani una quota consistente della guerriglia sunnita. In Afghanistan, questo non è avvenuto, o perlomeno è avvenuto soltanto nel momento iniziale, quando è caduto il regime, nel 2001, e poi, successivamente, nel 2002. Poi, invece, i talebani si sono riorganizzati e addirittura hanno ripreso forza e consistenza e, a questo punto, anche le offerte di negoziato da parte di Kharzai non appaiono loro ancora convincenti.







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