2008-10-12 13:29:46

Le sfide della modernità - tra globalizzazione e secolarismo - al centro dei lavori sinodali di ieri pomeriggio, in Vaticano. La riflessione di mons. Rino Fisichella


La globalizzazione, i rischi del secolarismo, la sfida delle moderne tecnologie per annunciare il Vangelo: il Sinodo dei vescovi sulla Parola di Dio ha concluso ieri pomeriggio la sua prima settimana di lavori, riflettendo su questi temi. In primo piano, anche i problemi della povertà e dell’emarginazione nel mondo. Il servizio di Isabella Piro: RealAudioMP3

La globalizzazione riduce il mondo ad un piccolo villaggio, in cui sembrano prevalere violenza e terrorismo. Il secolarismo rischia di far coincidere l’etica con le richieste collettive e di convincere l’uomo del fatto che non occorre rivolgersi a Dio per spiegare il senso della vita. I giovani sono frustrati nei sogni e disincantati nella fede. È una fotografia amara della società quella scattata dai Padri sinodali. Un’immagine però - è stato detto - che può cambiare grazie alla Parola di Dio, che crea la civiltà del bene e dell’amore e che dà un codice di vita all’uomo moderno. Annunciare la Buona Novella, allora - è emerso in Aula - è il modo per salvare il mondo e per accendere i cuori della gente. E per diffondere la bellezza del Verbo Divino, il Sinodo guarda anche alle tecnologie moderne ed informatiche, utili soprattutto per accostarsi ai giovani.
 
Centrale, poi, tra i temi esaminati dai padri sinodali, quello della povertà e dell’emarginazione nel mondo. La Chiesa deve reagire alla cause strutturali di queste piaghe - si è detto in Assemblea - per portare le popolazioni alla liberazione, guidati dalla Parola di Dio. Toccata, inoltre, la questione dell’evangelizzazione in alcuni Paesi dell’America Latina, in cui le culture indigene hanno camminato per lungo tempo parallelamente al cammino evangelico. Con risultati già evidenziati dalla Conferenza di Aparecida: molti battezzati e pochi evangelizzati.
 
Infine, l’invito lanciato dai partecipanti al Sinodo affinché i fedeli riscoprano la bellezza di Dio silenzioso, che ci è vicino nell’amore anche quando non parla. E che, come accade il Venerdì Santo, tace per aiutarci a comprendere meglio lo splendore della Risurrezione. Sull'andamento dell'assise vaticana, Isabella Piro ha raccolto le impressioni di uno dei padri sinodali, l'arcivescovo Rino Fisichella, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, e rettore della Pontificia Università Lateranense: RealAudioMP3
R. - Devo dire che è sempre un’esperienza unica quella del Sinodo, perché ci consente non solo di conoscerci fra noi, ma soprattutto di comprendere quelle che sono le diverse situazioni della Chiesa nelle varie parti del mondo. Il centro rimane pur sempre la Parola di Dio, quella Parola che tutti noi vescovi sappiamo e che siamo chiamati a servire e non a dominare, che siamo chiamati ad interpretare autenticamente e, quindi, a poter dare e a poter comunicare al nostro popolo anzitutto il frutto della nostra esperienza di fede.
 
D. - Da più parti è emerso l’invito a riconsiderare il valore effettivo delle omelie. Un suo parere su questa proposta?
 
R. - L’omelia è certamente uno dei momenti più importanti nella vita di un vescovo e di un sacerdote, perché è il momento in cui è chiamato ad annunciare direttamente il Vangelo collegandolo con la vita. Sappiamo anche che molti cristiani ascoltano la Parola di Dio soltanto quando vengono alla Messa la domenica e questa è una responsabilità molto grande e che richiede anzitutto la nostra consapevolezza di annunciare una Parola che non è nostra. San Paolo ha una bella espressione perché dice: “Voi avete accolto la Parola che io vi ho annunziato, non come parola di uomini, ma per quello che è veramente, come la Parola di Dio”. Abbiamo, quindi, questa grande responsabilità e davanti a questa responsabilità scopriamo che dobbiamo anzitutto viverla in prima persona, ma dobbiamo però anche comprenderla nella maniera giusta, dobbiamo comprenderla così come il Signore ce l’ha comunicata e come gli apostoli e gli evangelisti l’hanno voluta portare fino a noi.
 
D. - Come presule italiano, cosa l’ha colpita degli interventi dei presuli degli altri Paesi?
 R. - Abbiamo degli elementi comuni che permettono di verificare come veramente la Chiesa sia una in tutto quanto il mondo. Questa unità, che è data anzitutto dalla stessa esperienza di fede, dalla stessa Parola di Dio che tutti noi condividiamo, è data anche dal sentirci qui insieme con il Papa in un atto del tutto particolare. Il Papa è il Successore di Pietro, è il segno visibile dell’unità di tutti i credenti. Questa è certamente la prima dimensione che emerge.







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