Il commento di don Massimo Serretti al Vangelo della Domenica
In questa 28.ma Domenica del Tempo Ordinario la liturgia ci presenta il Vangelo in
cui Gesù racconta la parabola dell’invito alla festa di nozze del figlio di un re.
Ma gli invitati non vogliono andare: ognuno deve sbrigare i propri affari. Il re lancia
un secondo invito. E la sala delle nozze si riempie di commensali. Ma il re vedendo
che uno dei commensali non indossa l’abito nuziale, dice:
“‘Amico, come
mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?’. Quello ammutolì. Allora il re ordinò
ai servi: ‘Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e
stridore di denti’. Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti”.
Su
questo brano del Vangelo, ascoltiamo il commento di don Massimo Serretti, docente
di Cristologia all'Università Lateranense:
(musica)
Uno
dei contrassegni inequivocabili della condizione decaduta dell’uomo è la pervicacia
della sua irragionevolezza. La contraddittorietà è uno dei contrassegni del peccato.
“Tutto è pronto”, tutto è allestito per lui, viene invitato, e lui non se ne cura,
se ne va altrove o se la prende addirittura con i portatori dell’invito.
Ogni
cristiano ha esperienza di questa riluttanza, del diniego irrazionale o, addirittura,
della violenza che può suscitare la semplice presentazione dell’invito, agli altri
uomini, da parte del Re.
L’altro grande richiamo
è quello alla veste battesimale. Solo chi ha lavato la sua veste “nel sangue dell’Agnello”
può presentarsi al banchetto di nozze senza essere cacciato via.
Dato
che l’abito nuziale ci è stato guadagnato da Cristo e ci viene consegnato gratuitamente,
esso viene esigito. Non averlo significa non aver voluto ricevere la Grazia. Un’altra
assurdità, un altro controsenso.
Confidiamo dunque
sempre nella promessa: “I poveri mangeranno e saranno saziati” (Salmo 21).