2008-10-06 15:25:11

Bolivia: salta l'accordo tra il governo centrale e le province autonomiste


In Bolivia, falliscono i negoziati fra il governo centrale e i governatori delle province ricche di gas naturale. Ieri, dopo le ultime dieci ore di negoziati tra il governo del presidente Evo Morales e i nove governatori delle regioni, cinque di loro, a capo delle cosiddette "province autonomiste", si sono rifiutati di firmare l'accordo conclusivo. Il punto della situazione nel servizio di Luis Badilla:RealAudioMP3

Nella città di Cochabamba, dove da diversi giorni prosegue la trattativa su pressante richiesta del vertice dell'UNASUR (Unione delle Nazioni del Sudamerica), in pratica si è sancita una nuova rottura tra Morales e i suoi principali oppositori. "Abbiamo dissentito democraticamente e non è stato raggiunto nessun consenso", ha detto Mario Cossio, governatore della provincia di Tarija ed esponente del Consiglio nazionale per la democrazia che chiede maggiore autonomia per le province con il controllo sui proventi della vendita del gas naturale di cui è ricca la Bolivia orientale. Diversa la versione del ministro per lo Sviluppo Rurale, Carlos Romero, secondo il quale le due parti hanno compiuto significativi progressi sulla questione dell'autonomia. "Non possono dire che non vi sia stato alcun accordo - ha dichiarato - se dicono che non vi è consenso fanno solo politica e non siamo interessati a questo". Intanto, come ormai accade da oltre due anni, anche ieri il presidente della Conferenza episcopale boliviana, il cardinale arcivescovo di Santa Cruz, Julio Terrazas, nella sua omelia domenicale ha nuovamente chiamato l'intero Paese "al dialogo e alla ricerca onesta del consenso" per sanare "le profonde ferite che ostacolano l'incontro tra i boliviani". Se "manca il senso della condivisione", ha concluso il porporato, "al suo posto subentra la violenza e l’odio e così non fallirà l’approvazione di questo e di quell’altro documento, bensì la nazione intera, la sua convivenza e il suo futuro".

 
Kirghizistan – Terremoto
È di almeno 72 morti e una cinquantina i feriti il bilancio ancora provvisorio del terremoto che ieri ha scosso le regioni meridionali dello Stato centroasiatico del Kirghizistan. Il sisma, di cui l'istituto geofisico statunitense ha quantificato la magnitudo in 6,3 gradi Richter, ha colpito il distretto montuoso di Alaisky, l’area più popolata ed etnicamente instabile dell'ex repubblica sovietica. Secondo un portavoce governativo sarebbero centinaia le abitazioni distrutte.

Turchia
Resta altissima la tensione al confine tra Turchia e Iraq, dove anche oggi prosegue l’offensiva dell’aviazione di Ankara sulle postazioni dei ribelli curdi del PKK. Il governo turco ha accusato i dirigenti della regione autonoma del Kurdistan iracheno di aiutare i miliziani curdi, trincerati tra le montagne dell'Iraq settentrionale, da dove fanno partire gli attacchi oltre confine. Il PKK ha intanto reso noto di possedere i cadaveri dei due soldati di turchi dati per dispersi. Sale quindi a 17 militari uccisi il bilancio dei combattimenti di venerdì scorso, costati la vita anche a 23 ribelli curdi.

Afghanistan
“La guerra in Afghanistan non si può vincere, serve un negoziato con i talebani”. Fanno discutere le parole del generale Mark Carleton-Smith, il comandante del contingente britannico di base nella provincia meridionale di Helmand. L’ufficiale della coalizione internazionale ha detto al Sunday Times che il conflitto va “portato ad un livello di ribellione gestibile” e ha poi rivendicato il successo di aver ridotto la capacità offensiva della guerriglia integralista. Tuttavia, per il generale è indispensabile lavorare sul fronte politico e quindi aprire un negoziato con i talebani. La settimana scorsa il presidente Karzai si era pubblicamente rivolto al leader storico dei talebani, il mullah Omar, per dare vita una trattativa. Mentre secondo l’emittente statunitense CNN un incontro, finora sempre negato, fra emissari del governo di Kabul e dei talebani sarebbe già avvenuto in Arabia Saudita l'ultima settimana di settembre.

Pakistan
Ennesima giornata di sangue in Pakistan. Almeno 15 persone sono rimaste sul terreno a seguito di un attentato suicida a Bhakkar, avvenuto dinanzi all'abitazione di un parlamentare, dove si erano radunate diverse persone per scambiare con il politico gli auguri per la fine del Ramandan. Tra i 30 feriti, anche Rasheed Akbhar, parlamentare, membro dell'assemblea nazionale pachistana.

Sri Lanka
Almeno 27 persone hanno perso la vita in un attentato suicida nello Sri Lanka. Un uomo si è fatto esplodere durante l’apertura di una nuova sede del "National United Party" (UNP), inaugurata dal leader politico ed ex generale, Janaka Perera, che è rimasto ucciso insieme alla moglie. L’ex militare era nel mirino delle Tigri Tamil per aver condotto negli anni ’90 le operazione militari contro i ribelli separatisti nella loro roccaforte della penisola di Jaffna. Questo ennesimo attentato è avvenuto mentre le forze armate di Colombo hanno rafforzato la loro campagna contro i ribelli nel nord del Paese.

Cina – Arresti per melamina nel latte
Altre sei persone sono state arrestate in Cina nel corso dell’inchiesta sullo scandalo del latte contaminato con la melamina che ha provocato la morte di sei bambini e oltre 13mila ricoverati. Gli arresti sono stati eseguiti a Hohhot, capoluogo della Mongolia interna, regione autonoma della Repubblica popolare cinese che produce la maggiore quantità di latte del Paese. La scorsa settimana, erano state arrestate 22 persone con l'accusa di aver prodotto e venduto melamina a latterie e centri di acquisto. I risultati delle indagini dovrebbero essere resi noti entro cinque giorni.

Belgio
Belgio bloccato per lo sciopero contro il carovita indetto dai tre principali sindacati. La massiccia adesione ha portato allo stop di mezzi e uffici pubblici, fabbriche e attività commerciali. L’agitazione interessa Bruxelles e tutte le altre grandi città del Paese. Al momento solo l’aeroporto della capitale funziona regolarmente. A settembre, in Belgio i prezzi al consumo hanno visto un aumento del 5,46% rispetto all'anno precedente.

Bosnia: elezioni
Bosnia al voto ieri per le elezioni di 142 amministrazioni locali e sindaci. Secondo i primi dati ufficiali parziali, l’affluenza alle urne ieri pomeriggio alle 16 era intorno al 44,54%. Sarebbero confermati i partiti nazionalisti al potere rappresentanti le tre comunità: musulmana, serba e croata.

Brasile: elezioni
Amministrative anche in Brasile dove ieri sono stati chiamati alle urne 129milioni di elettori per eleggere i sindaci e i consiglieri di oltre 5mila comuni. In oltre 400 municipi sono state inviate truppe militari per garantire sicurezza alle urne. Secondo le prime proiezioni, andranno al ballottaggio le cinque maggiori città del Brasile, tra cui San Paolo e Rio de Janeiro. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)

 
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 280

 
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