Benedetto XVI in visita al Quirinale conferma l'importanza della cooperazione tra
Santa Sede e Italia: la Chiesa non prevarica nessuno, ma vuole collaborare per il
bene comune nel rispetto della "vicendevole sovranità"
La Chiesa non farà mai mancare il sostegno al bene comune dell’Italia, ma si aspetta
anche rispetto per la sua azione pastorale, senza per questo chiedere privilegi né
ledere la libertà di alcuno. Con questi pensieri, Benedetto XVI ha concluso il suo
intervento di questa mattina al Quirinale, nel corso della visita al presidente della
Repubblica italiana, Giorgio Napolitano. Il Papa ha ribadito l’importanza della collaborazione
tra Santa Sede e Stato, nel riconoscimento delle reciproche “sovranità”. La cronaca
della visita nel servizio di Alessandro De Carolis:
“Simbolica
casa di tutti gli italiani” e, in un’epoca nemmeno troppo lontana, sede di “tante
liete e di alcuni tristi pagine di storia del Papato”. Nel varcare per la seconda
volta la soglia del Quirinale - la prima era stata nel 2005, accolto da Carlo Azeglio
Ciampi - Benedetto XVI ha fatto correre il pensiero ai decenni della cosiddetta “questione
romana”, ovvero a quando, tra il 1870 e il 1929, l’antico palazzo dei Papi “diventò
- ha osservato - quasi un segno di contraddizione” tra l’Italia, che “anelava a comporsi
in uno Stato unitario”, e la Santa Sede “preoccupata di conservare la propria indipendenza
a garanzia della propria missione universale”. Un excursus storico che ha permesso
al Papa di porre subito in risalto, all’inizio del suo intervento e una volta di più,
come nella città di Roma convivano “pacificamente” e collaborino “fruttuosamente lo
Stato Italiano e la Sede Apostolica”: “Anche questa mia visita
sta a confermare che il Quirinale e il Vaticano non sono colli che si ignorano o si
fronteggiano astiosamente; sono piuttosto luoghi che simboleggiano il vicendevole
rispetto della sovranità dello Stato e della Chiesa, pronti a cooperare insieme per
promuovere e servire il bene integrale della persona umana e il pacifico svolgimento
della convivenza sociale”. (onori militari - inni nazionali) Accompagnato,
fra gli altri, dal cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, e dal cardinale
vicario, Agostino Vallini, Benedetto XVI aveva fatto il suo ingresso al Quirinale
verso le 11, seguendo un percorso e un protocollo suggestivi in una Roma passata,
in pochi minuti, da sole a grandine a nuove nubi. Scortato dai Corazzieri in motocicletta
del Quirinale fino a Piazza Venezia - dove a porgergli il saluto è stato il sindaco
di Roma, Gianni Alemanno - di lì il corteo papale ha proseguito verso il Quirinale
affiancato da uno squadrone di Corazzieri a cavallo, mentre sul Torrino del palazzo
presidenziale la bandiera vaticana sventolava accanto al tricolore italiano. Dopo
gli onori militari e il saluto alle autorità istituzionali radunate del Salone degli
Arazzi, il presidente Napolitano e il Pontefice si sono trattenuti a colloquio in
privato per oltre mezz’ora nello Studio della Vetrata. Successivamente, salutati i
presidenti emeriti, è stata la volta dei discorsi ufficiali nel Salone delle Feste. Prendendo
spunto da San Francesco, del quale si celebra oggi la festa, Benedetto XVI ha notato
che in questa figura che “attrae credenti e non credenti, possiamo scorgere l’immagine
di quella che è la perenne missione della Chiesa, pure nel suo rapporto con la società
civile. La Chiesa, nell’epoca attuale di profonde e spesso sofferte mutazioni - ha
proseguito - continua a proporre a tutti il messaggio di salvezza del Vangelo e si
impegna a contribuire all’edificazione di una società fondata sulla verità e la libertà,
sul rispetto della vita e della dignità umana, sulla giustizia e sulla solidarietà
sociale”. E dunque, ha affermato: “Per portare a compimento
questa sua missione, la Chiesa ovunque e sempre deve poter godere del diritto di libertà
religiosa, considerato in tutta la sua ampiezza. All’Assemblea delle Nazioni Unite,
in quest’anno che commemora il 60.mo della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo,
ho voluto ribadire che ‘non si può limitare la piena garanzia della libertà religiosa
al libero esercizio del culto; al contrario, deve esser tenuta in giusta considerazione
la dimensione pubblica della religione e quindi la possibilità dei credenti di fare
la loro parte nella costruzione dell’ordine sociale’”. Per
far questo, tuttavia, “la Chiesa non si propone mire di potere, né pretende privilegi
o aspira a posizioni di vantaggio economico e sociale”, ha ripetuto Benedetto XVI
con le stesse parole pronunciate lo scorso anno, toccando uno dei punti più delicati
del rapporto tra cattolici e società civile: “Non vi è ragione
di temere una prevaricazione ai danni della libertà da parte della Chiesa e dei suoi
membri, i quali peraltro si attendono che venga loro riconosciuta la libertà di non
tradire la propria coscienza illuminata dal Vangelo”. Da
parte della Chiesa, ha assicurato il Papa: “I Pastori e i
fedeli continueranno a dare il loro importante contributo per costruire, anche in
questi momenti di incertezza economica e sociale, il bene comune del Paese, come pure
dell’Europa e dell’intera famiglia umana, prestando particolare attenzione verso i
poveri e gli emarginati, i giovani in cerca di occupazione e chi è senza lavoro, le
famiglie e gli anziani che con fatica e impegno hanno costruito il nostro presente
e meritano per questo la gratitudine di tutti”. In
precedenza, il presidente Napolitano aveva parlato di “sintonia” con la visione di
Benedetto XVI circa la necessità di lavorare a un progresso umano e civile nel segno
del “rispetto della dignità umana, in tutte le sue forme e in tutti i luoghi”, stigmatizzando
per contrasto l’allarme per le “nuove manifestazioni preoccupanti” di discriminazione
razziale emerse di recenti in vari Paesi: “E’ dunque rispetto
a rischi e fenomeni di oscuramento di valori fondamentali, quello della dignità umana
insieme ad altri, che noi sentiamo di trovarci di fronte - come Ella ha detto – a
‘un’emergenza educativa’ anche nel nostro Paese. Superare quell’emergenza è nostra
comune responsabilità, su diversi terreni, se siamo convinti che si debba suscitare
nel mondo d’oggi una grande ripresa di tensione ideale e morale”. Benedetto
XVI ha replicato in modo analogo mostrando “l’urgenza” del problema educativo che,
ha detto, non può prescindere “dai perenni valori dell’umanesimo cristiano”: “La
formazione dei giovani è, pertanto, impresa nella quale anche la Chiesa si sente coinvolta,
insieme con la famiglia e la scuola. Essa infatti è ben consapevole dell’importanza
che l’educazione riveste nell’apprendimento della libertà autentica, presupposto necessario
per un positivo servizio al bene comune. Solo un serio impegno educativo permetterà
di costruire una società solidale, realmente animata dal senso della legalità”. Infine,
ancora gli inni e il picchetto militare a salutare il congedo di Benedetto XVI che
verso le 12.30 ha lasciato il Quirinale per rientrare in Vaticano, salutato lungo
la strada da migliaia di persone.