Il Papa sull'Humanae Vitae: solo gli occhi del cuore comprendono
le esigenze di un grande amore che sa donare senza riserve
Nel generare dei figli, l’amore coniugale “non solo assomiglia, ma partecipa all’amore
di Dio”: è quanto sottolinea Benedetto XVI in un messaggio al Convegno, apertosi oggi,
in occasione del 40.mo della Humanae Vitae, promossodal Pontificio
Istituto Giovanni Paolo II per Studi su Matrimonio e Famiglia e dall’Università Cattolica
del Sacro Cuore. Nel documento inviato al preside dell’Istituto, mons. Livio Melina,
il Papa sottolinea che l’Enciclica di Paolo VI ci aiuta a comprendere “il grande sì
che implica l’amore coniugale”. Il servizio di Alessandro Gisotti:
“Ogni forma
d’amore tende a diffondere la pienezza di cui vive, l’amore coniugale ha un modo proprio
di comunicarsi: generare figli”. E’ quanto scrive Benedetto XVI, che aggiunge: “Escludere
questa dimensione comunicativa mediante un’azione che miri ad impedire la procreazione
significa negare la verità intima dell’amore sponsale con cui si comunica il dono
divino”. A distanza di 40 anni dalla pubblicazione dell’Humanae Vitae, sottolinea
il Papa nel Messaggio all’Istituto Giovanni Paolo II, possiamo capire dunque che “i
figli non sono più l’obiettivo di un progetto umano, ma sono riconosciuti come un
autentico dono, da accogliere con atteggiamento di responsabile generosità verso Dio,
sorgente prima della vita umana”. Questo “grande sì alla bellezza dell’amore – si
legge nel messaggio – comporta certamente la gratitudine, sia dei genitori nel ricevere
il dono di un figlio sia del figlio stesso nel sapere che la sua vita ha origine da
un amore così grande e accogliente”.
Il Papa costata
che oggi anche molti fedeli trovano difficoltà a comprendere il messaggio della Chiesa
che “difende la bellezza dell’amore coniugale nella sua manifestazione naturale”.
La soluzione tecnica, prosegue, “appare spesso la più facile, ma essa in realtà nasconde
la questione di fondo, che riguarda il senso della sessualità umana e la necessità
di una padronanza responsabile, perché il suo esercizio possa diventare espressione
di amore personale”. La tecnica, è il richiamo del Santo Padre, “non può sostituire
la maturazione della libertà, quando è in gioco l’amore”, “neppure la ragione basta:
bisogna che sia il cuore a vedere”. Il Papa ribadisce che “solo gli occhi del cuore
riescono a cogliere le esigenze proprie di un grande amore, capace di abbracciare
la totalità dell’essere umano”.
D’altronde, il Papa
riconosce che nel cammino della coppia possono verificarsi circostanze gravi che rendono
“prudente” distanziare le nascite dei figli o addirittura sospenderle. E’ qui, spiega
il Papa, che “la conoscenza dei ritmi naturali di fertilità della donna diventa importante
per la vita dei coniugi”. Questi metodi consentono alla coppia di “amministrare quanto
il Creatore ha sapientemente iscritto nella natura umana senza turbare l’integro significato
della donazione sessuale”. Ovviamente, afferma il Pontefice, questi metodi che “rispettano
la piena verità” dell’amore dei coniugi richiedono “una maturità nell’amore che non
è immediata, ma comporta un dialogo e un ascolto reciproco e un singolare dominio
dell’impulso sessuale in un cammino di crescita nella virtù”.
Il
Papa esprime apprezzamento per quei centri come l’Istituto internazionale Paolo VI
voluto da Giovanni Paolo II che fanno “progredire la conoscenza delle metodiche sia
per la regolazione naturale della fertilità umana che per il superamento naturale
dell’eventuale infertilità”. E riecheggiando la Donum Vitae di Papa Wojtyla evidenzia
che molti ricercatori, “salvaguardando pienamente la dignità della procreazione umana”
sono arrivati a “risultati che in precedenza sembravano irraggiungibili”. Il Papa
auspica che, nella sua pastorale matrimoniale e familiare, la Chiesa sappia orientare
le coppie “a capire con il cuore il meraviglioso disegno che Dio ha iscritto nel corpo
umano”. Infine l’esortazione ai coniugi cattolici ad essere “testimoni credibili della
bellezza dell’amore”.