Quarant'anni fa moriva il teologo Romano Guardini: il ricordo di mons. Luigi Negri
Quarant'anni fa, il primo ottobre del 1968, moriva, a Monaco di Baviera, Romano Guardini,
teologo, esegeta e filosofo della cultura che ha segnato profondamente il XX secolo.
Nato a Verona nel 1885 si formò e visse in Germania dove, con il suo impegno di resistenza
al nazismo, ha offerto anche una testimonianza vissuta di fedeltà al credo cristiano.
Fausta Speranza ha chiesto a mons. Luigi Negri, vescovo di San Marino-Montefeltro,
di spiegare perché lo ricordiamo come una delle grandi voci profetiche del Novecento:
R. - Guardini
ha saputo sintetizzare tre movimenti di pensiero che sono essenziali. Innanzitutto,
il movimento del domandare greco: Guardini ci ha fatto rivivere la grande avventura
della ricerca della verità, del bene, della bellezza e del giusto, che caratterizza
il pensiero greco, che è elemento fondamentale dell’Occidente. Poi la modernità, che
vide nei suoi aspetti di esigenza positiva, ma anche di fallimento. Lavorò su grandi
pensatori, come Dostovjesky e come Kafka. Poi recuperò la forza delle origini cristiane
con quelle straordinarie riletture dell’immagine di Cristo, del Signore, attraverso
la lettura soprattutto dei Vangeli e in particolare del Vangelo di San Giovanni. Quindi,
io credo che abbia sintetizzato tre movimenti dai quali non possiamo prescindere:
la tradizione greca, la faticosa crisi della modernità e il recupero della tradizione
cristiana.
D. – Mons. Negri, Romano Guardini, sacerdote
impegnato nel movimento liturgico e in quello dei giovani, una sorta di filosofo della
religione e della cultura, è morto nel 1968, un anno ricco di significati: ha perso
qualcosa la cultura al momento?
R. – Sì, credo che
abbia perso un vigoroso testimone del cristianesimo come redenzione di ciò che di
più autentico c’è nell’uomo. Innanzitutto, l’esigenza della verità e l’impeto dell’amore.
Egli formò decine e decine di generazioni di giovani, una presenza cristiana autentica,
che non sanno dimenticare che dal suo movimento uscirono alcuni dei pochissimi grandi
resistenti all’hitlerismo. La vera resistenza al regime nazista – e questo è assolutamente
chiaro se si leggono i documenti nazisti – fu la Chiesa, fu la Chiesa cattolica, sintetizzata
fra gli altri nel nome del grande vescovo di Münster, von Galen, il
Leone di Dio. Ma poi decine e decine di giovani studenti delle scuole medie superiori
e dell’università furono una vera resistenza, basti ricordare la Rosa Bianca. E Guardini
che conosceva di persona i protagonisti della Rosa Bianca ha scritto delle pagine
straordinarie su questa esperienza di testimonianza cristiana e di resistenza civile.
D.
– Un pensatore nato nel 1885, morto nel 1968: oggi, nel terzo millennio, quale testamento
forte ci lascia?
R. – Ci lascia un testamento che
io sintetizzerei col titolo dei suoi due volumetti straordinariamente attuali “Ansia
per l’uomo”. Certamente è testimone della grande soluzione che il cristianesimo è
per la vita dell’uomo, ma direi che ci testimonia l’inevitabilità dell’essere ansiosi
della nostra esistenza, sulla verità della nostra esistenza. Insomma, ci aiuta a riprendere
quella che Agostino, altro grande pensatore da lui frequentato, chiamava quella inquietudine
profonda, per cui noi non siamo mai quieti finché non troviamo il mistero di Dio nella
persona di Gesù Cristo. Credo che lui sia stato l’iniziatore di una straordinaria
materia nelle facoltà tedesche, prima e dopo il nazismo, quella che si chiamava visione
cristiana della realtà. Credo che più che mai oggi noi dovremmo poter offrire noi
adulti, noi preti, noi sacerdoti, noi vescovi, noi insegnanti, dovremmo riuscire ad
offrire con la sua stessa pertinenza ed attualità le linee fondamentali di quella
visione cristiana della vita e delle cose che risulta vincente, come ci ricorda spesso
Benedetto XVI, che risulta vincente perché è vera e soprattutto perchè è bella.