"L'abolizione della pena capitale, grande scelta di vita": così il cardinale Martino
al Congresso promosso dalla Comunità di Sant'Egidio
L’abolizione della pena di morte è “una grande scelta di vita”: è quanto afferma il
cardinale Renato Martino, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, in
un messaggio al terzo Congresso internazionale dei ministri della Giustizia che si
è svolto oggi a Roma sul tema: “Dalla moratoria all’abolizione della pena capitale”.
Il porporato sottolinea che la pena capitale è “uno strumento che sempre più rivela
non solo la sua contrarietà ai grandi valori cristiani che sottostanno ai diritti
universali dell’uomo, ma anche la sua totale inefficacia”. Al Congresso, promosso
dalla Comunità di Sant’Egidio, è intervenuto l’arcivescovo Agostino Marchetto, segretario
del Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti. Ce ne parla
Isabella Piro: “La pena di
morte non è mai necessaria, neanche di fronte a crimini orrendi o al genocidio”: lo
ha ribadito con forza mons. Marchetto, ricordando che “la Chiesa cattolica guarda
con estremo favore e con grande speranza alla mobilitazione internazionale” per l’abolizione
della pena capitale. Una pena definita “senza appello e senza funzione di riabilitazione
del condannato”. La moratoria appare quindi, ha continuato il presule, “come il primo
passo necessario per quei Paesi che hanno bisogno di dotarsi di strumenti del diritto
appropriati e di offrire radici più profonde o anche inedite, ad una cultura della
vita”. Quindi, mons. Marchetto ha citato l’Africa, ricordando
che in quel continente i Paesi abolizionisti sono arrivati a 13, mentre sono 23 quelli
che applicano una moratoria de facto. Una “porzione significativa, forse decisiva”
dei 141 Paesi al mondo esenti dalla pena capitale, ha detto il presule, ribadendo
che il movimento abolizionista “deve e può divenire una conquista stabile, oltre l’instabilità
politica”. Il presule ha poi aggiunto che “la Chiesa difende
da sempre la sacralità della vita umana, dal concepimento fino alla morte naturale,
come valore universale”. Di fronte a questa “acquisizione della coscienza”, allora,
“la pena di morte appare sempre più strumento inaccettabile, prima ancora che inutile
e dannoso”. E poiché il progetto divino è quello di una “civiltà dell’amore e della
vita”, i cristiani – ha continuato mons. Marchetto - non possono accettare che “sia
negata all’uomo la speranza della redenzione”. Chi ha commesso un crimine, per quanto
efferato, deve avere la possibilità “di essere perdonato, pur subendo una grave pena
riparatrice, e vivere nella speranza”, perché i cristiani “non possono non credere
nella forza e nella grazia del pentimento, che trasforma il cuore e la vita”. L'arcivescovo
ha rivolto infine un plauso particolare alla Comunità di Sant'Egidio per il suo "lavoro
costante, capillare, a livello internazionale, volto a favorire, presso le istituzioni,
i governi e l’opinione pubblica e le persone comuni, una sensibilità più aperta alle
esigenze di una giustizia 'che va oltre', rispettosa cioè della vita umana, anche
dei condannati”. E durante il Congresso è stato lanciato un nuovo
forte appello a passare dalla moratoria universale della pena capitale, approvata
l’anno scorso all’ONU, all’abolizione. Oggi è stata anche l’occasione per chiedere
di fermare un’esecuzione prevista a breve negli Stati Uniti. Il servizio di Francesca
Sabatinelli:
Si salvi
la vita a Troy Davis, la sua esecuzione sarebbe un’ennesima ferita alla giustizia
e una vergogna. A lanciare l’appello per un afroamericano condannato a morte negli
Stati Uniti, per un delitto del quale non esistono né prove né testimoni, è la comunità
di Sant’Egidio che continua la sua lotta contro la pena capitale, a meno di un anno
dall’approvazione all’ONU della risoluzione per una moratoria nell’uso della pena
di morte. Sant’Egidio parla attraverso il III Congresso internazionale dei ministri
della Giustizia: rappresentanti di 16 Paesi riuniti a Roma per un confronto che, si
spera, possa portare ad un allargamento del fronte delle Nazioni che hanno eliminato
le esecuzioni dai loro ordinamenti giuridici. Ad oggi sono 62 quelle che mantengono
la pena di morte, 135 quelle che l’hanno abolita nella legge o nella pratica. Un mondo
senza pena di morte è possibile, spiega Mario Marazziti, portavoce
di Sant’Egidio, e non è meno sicuro. Un messaggio che, dice, viene affidato a uomini
e donne coraggiosi. Ascoltiamo Marazziti: R. – Questi uomini
e donne coraggiosi sono anche uomini e donne nei governi, ministri della giustizia,
nelle corti supreme di giustizia. E’ una contaminazione, è un lavoro che noi facciamo
anche di aiuto nell’iniziativa parlamentare, anche per far capire che le difficoltà
di un Paese per abolire la pena di morte non sono tanto differenti da quelle di chi
ha fatto questo percorso ed oggi ha una forma più alta di giustizia e non vede l’aumento
del crimine. D. – E’ passato meno di un anno dall’approvazione
della moratoria. Adesso, che cosa ci aspetta nei prossimi mesi? Traguardi, forse,
ancora più difficili? R. – Adesso, all’ONU, a novembre e dicembre
ci sarà una risoluzione che riafferma quella dello scorso anno, che chiede intanto
più pubblicità, più comunicazione, più nitidezza su questo percorso perché è contenuto
nel primo rapporto sulla pena di morte che il segretario generale dell’ONU ha fatto,
il 15 settembre. Direi che si va verso il fatto che ogni due anni ci sarà un grande
dibattito, culturale, civile, politico, che porterà, progressivamente, a restringere
il numero dei Paesi che usano la pena capitale e a far aumentare il numero dei Paesi
che firmeranno il secondo protocollo opzionale alla convenzione per i diritti civili
e politici, che è l’unico documento abolizionista vincolante e che alcuni Paesi hanno
firmato ma non ancora ratificato. In sintesi: diminuisce lo spazio culturale per
la pena di morte, si comincia ad immaginare un mondo in cui non si usa più questa
scorciatoia militare che copre, a volte, il fatto che non si risolvono tanti problemi
sociali.