Le riflessioni del cardinale Bertone a conclusione del suo viaggio in Croazia
“Un dialogo leale e aperto con le autorità politiche per promuovere sempre di più
il bene comune della nazione” è stato auspicato dal segretario di Stato cardinale
Tarcisio Bertone, in occasione della visita di quattro giorni in Croazia, conclusasi
domenica scorsa. Spalato e Zagabria sono state le due tappe di questo viaggio internazionale
del porporato per le celebrazioni del decennale della seconda visita di Giovanni Paolo
II nel Paese. Nelle due città croate il cardinale Bertone è stato accolto da una vivace
comunità cattolica e a livello politico ha avuto incontri con il presidente Stiepan
Mesic e con il primo ministro Ivo Sanader con il quale ha affrontato il futuro ingresso
della Croazia nell’Unione Europea. Ma ascoltiamo lo stesso cardinale Bertone in questa
intervista congiunta rilasciata al responsabile dei Servizi Informativi Centrali della
nostra emittente Roberto Piermarini e al vice-direttore dell’Osservatore Romano,
Carlo Di Cicco:
D. -
Eminenza, come mai la sua visita in Croazia – a differenza dei suoi precedenti viaggi
– si è conclusa con un’importante comunicato della Conferenza episcopale? R.
- Nelle altre visite non abbiamo fatto dei comunicati speciali. In questo caso, dopo
il colloquio con il presidente della Repubblica, Eglistesso ha ritenuto
di pubblicare una nota e di comunicarla anche al sottoscritto e alla Conferenza episcopale.
Per un completamento delle informazioni sulla visita - che come sono solito fare con
le Chiese locali ha previsto l’incontro specifico con la Conferenza episcopale, con
le autorità politiche e l’incontro con i giovani - la Conferenza episcopale ha ritenuto
di diramare un comunicato, toccando alcuni argomenti discussi dai vescovi croati e
rispondendo soprattutto anche alla domanda se la Chiesa e la Conferenza episcopale
siano favorevoli all’integrazione europea della Croazia. Si era parlato di un certo
“euroscetticismo” degli ecclesiastici croati. Su questo tema abbiamo allora precisato
che la Conferenza episcopale, nella sua totalità e all’unanimità, è favorevole all’integrazione
europea, ma - come ho detto al presidente della Repubblica e al primo ministro, come
ha ripetuto la stessa Conferenza episcopale, come ripetono i Papi Giovanni Paolo II
e Benedetto XVI - senza però svendere il patrimonio storico, culturale e religioso
tipico della nazione croata, come di tutte le altre nazioni europee con profonde radici
cristiane. Abbiamo, quindi, precisato nel comunicato l’importanza anche del tema
dell’integrazione europea e l’impegno della Conferenza episcopale e delle comunità
cattoliche per camminare verso questa meta, alle condizioni che sono state ben delineate.
D. - Esistono problemi nei rapporti tra Stato e Chiesa che
lei ha potuto affrontare nei colloqui con le autorità civili incontrate nel suo viaggio? R.
- Di per sé non ci sono grandi problemi, anzi il presidente della Repubblica ha definito
i rapporti ottimi. Io ho parlato di un eccellente livello dei rapporti fra Chiesa
e comunità politica in Croazia. I rapporti sono regolati da quattro accordi che vengono
seguiti nell’itinerario di esecuzione da una Commissione bilaterale. I rapporti sono
positivi anche in campo concreto: nel riconoscimento del ruolo della Chiesa in campo
sociale e in campo culturale; così come negli aiuti che la Chiesa riceve nel portare
avanti le sue iniziative socio-formative. Certamente gli Istituti educativi non sono
ancora quelli che erano prima dell’occupazione del regime comunista, ma stanno crescendo
e sta crescendo anche la capacità della Chiesa di offrire un servizio educativo. Pensiamo
poi al problema dei seminari, della nuova università cattolica, dei terreni per la
costruzione di chiese e di opere annesse alle chiese e alle parrocchie. Ho benedetto
la prima pietra della nuova sede della Conferenza episcopale. La sede dell’università
cattolica è posta in un grande complesso, che era una scuola dell’esercito. Direi,
quindi, che i rapporti sono positivi. Naturalmente c’è la libertà di parola degli
uni e degli altri, dei vescovi e delle autorità civili e ci sono dei problemi specifici
che, come in ogni parte del mondo si presentano nella concreta vita quotidiana. Soprattutto
quando la Chiesa è attenta ai diritti delle persone e ai diritti delle comunità qualche
problema specifico sorge su quei punti, che sono eticamente più sensibili e che sono
irrinunciabili per la Chiesa. D. - La sua visita ha riproposto
all’attenzione la situazione della regione balcanica. Come mai la Santa Sede continua
a seguire questa regione con tanta premura e che cosa è cambiato nella regione rispetto
al passato decennio? Si sta vedendo sempre più chiaramente che
la regione balcanica è uno snodo molto importante, prima di tutto per l’Europa, ma
anche per tutto il mondo. Può essere una polveriera. Lo è già stata se pensiamo alla
guerra che ancora di recente ha afflitto le nazioni che ne fanno parte. Una guerra
che ha fatto tanto soffrire le persone e le famiglie, ha distrutto tante opere, tante
strutture, tanta parte del patrimonio artistico e storico di queste nazioni. La regione
dei Balcani esige la convivenza non solo di etnie molto particolari diverse fra di
loro, ma anche, ed è una sfida, laconvivenza pacifica interreligiosa.
Pensiamo esattamente alla confessione cattolica, a quella ortodossa - talora con obbedienze
distinte - e alla religione musulmana. Quindi è un banco di prova per una convivenza
pacifica, per una collaborazione e per i diritti di cittadinanza condivisi dagli appartenenti
a queste diverse etnie, a queste diverse confessioni, a queste diverse religioni.
D. - Quale convinzione si è fatta – ed ha riferito al Papa
- sulla condizione della popolazione in Croazia e l’azione della Chiesa in quella
regione? R. - Ho avuto un’impressione assai positiva. Pensiamo
alle regioni che compongono la Croazia, pensiamo alla Dalmazia, alla riorganizzazione
delle sedi vescovili da parte della Santa Sede, della Slavonia per esempio, con la
possibilità di un rapporto positivo con la Serbia, dal punto di vista religioso e
anche dal punto di vista delle circoscrizioni ecclesiastiche cattoliche. Perciò ho
incontrato una comunità cattolica molto viva, molto bene avviata, con progetti pastorali
significativi da parte della Conferenza episcopale. Ho visto la Conferenza episcopale
molto unita, proprio nei progetti pastorali precisi. Tra l’altro abbiamo appena nominato
il presidente della Conferenza episcopale come nuovo Metropolita di Djakovo-Osijek,
nella Slavonia. I progetti toccano un itinerario bene articolato di iniziazione cristiana,
un progetto per la famiglia, e poi anche un’attenzione al problema educativo ed al
problema della formazione dei seminaristi. Tra l’altro c’è un buon numero di seminaristi;
ho visitato infatti due seminari: il seminario di Spalato e quello di Zagabria. Quindi
ho trovato delle comunità locali vive che si sono espresse con la partecipazione della
popolazione a tutte le celebrazioni che ho presieduto: alle manifestazioni pubbliche,
all’incontro dei giovani e poi alla grande Messa domenica scorsa nella piazza principale
di Zagabria. La Chiesa è viva, molto unita al Papa secondo una antichissima tradizione
che è stata confermata dalla fedeltà eroica del cardinale Luigi Stepinac, perché non
bisogna dimenticare che in Croazia ho celebrato il decennale della beatificazione
di questo grande uomo di Chiesa, degno di ammirazione proprio per la sua fedeltà.
D. - Tra i suoi interventi appare di particolare importanza
il discorso all’Università croata. Come mai in un contesto così differente lei si
è richiamato al discorso di Benedetto XVI al mondo della cultura francese? R.
- Mi è parso necessario, direi doveroso da parte mia, perché è naturale che nei miei
interventi citi i Papi e i loro grandi discorsi. In modo particolare cito gli interventi
di Benedetto XVI a cui sono particolarmente vicino e affine proprio per la collaborazione
che ho avuto con Lui per tanti anni. Ma mi è parso importante e necessario parlando
in una università cattolica in Croazia e a Zagabria - in cui si è voluto ricostituire
un centro di cultura superiore che era impensabile anche solo dieci o venti anni fa
– citare due discorsi di Benedetto XVI: il discorso del Papa in Francia, a Parigi,
al mondo della cultura e il discorso non pronunciato all’Università della Sapienza
di Roma. Sono due discorsi fondamentali chegettano uno sguardo, come
in un affresco, sui problemi del rapporto fede e cultura, tra fede e scienza; Parola
di Dio, vita ed esperienza quotidiana. Ho ripreso questi temi e il discorso all’inaugurazione
della nuova Università cattolica è stato attentamente ascoltato e recepito ed ha avuto
echi anche nell’opinione pubblica croata soprattutto nel mondo della cultura e della
scienza. Questo è un fatto positivo che può rilanciare la missione della università
in Croazia, soprattutto nel campo dell’educazione e formazione dei giovani, delle
giovani leve del futuro religioso, sociale e politico del Paese. D.
- Ora che pare concluso il ciclo dei suoi viaggi all’estero nel 2008, si può rilevare
che anche in Croazia ha tenuto fede a un aspetto importante: l’incontro con i giovani.
Perché questa costante? R. - E’ vero che nei miei viaggi ho
visto comunità giovanili entusiaste, piene di buona volontà, assetate di messaggi
forti. Ricordo l’incontro in Bielorussia, un incontro veramente entusiasmante che
mi ha toccato profondamente. Sono salesiano - anche la Radio e alcuni giornali della
Croazia mi hanno intervistato ponendo la domanda come mai un salesiano è diventato
segretario di Stato - e come salesiano non posso dimenticare i giovani. Ho tenuto
presente anche che la Conferenza episcopale e la diocesi di Zagabria, hanno avviato
una missione giovani, un progetto di pastorale giovanile che vuole formare e lanciare
giovani cristianamente formati nella società. Pensiamo anche alla formazione socio-politica
per avere una classe politica cattolica, proiettata verso il bene comune del Paese
e con criteri di comportamento e di giudizio, cioè con indirizzi corrispondenti alla
dottrina sociale della Chiesa.