Dibattito sul testamento biologico dopo le dichiarazioni del cardinale Bagnasco: intervista
con mons. Sgreccia
La Chiesa accetta una legge sul “fine vita” a protezione del paziente ma che non consacri
alcuna forma di eutanasia mascherata o di abbandono terapeutico. Mons. Elio Sgreccia,
presidente emerito della Pontificia Accademia per la Vita, torna sulle parole pronunciate
lunedì scorso a Roma dal cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale
italiana, in apertura del Consiglio permanente: il teologo risponde a quanti, soprattutto
della stampa, possono averci letto una apertura della Chiesa nei confronti del cosiddetto
testamento biologico, inteso come volontà del paziente di decidere anticipatamente
di interrompere la propria alimentazione e idratazione in caso di malattia grave.
Ascoltiamo mons. Sgreccia in questa intervista di Francesca Sabatinelli:
R. – Non
si è accolta l’idea del cosiddetto “testamento di vita”, perché questa parola non
figura nelle dichiarazioni del cardinale Bagnasco. Il concetto di “testamento di vita”
comprende il diritto di rifiutare il sostegno vitale finale e, quindi, anche l’alimentazione
e l’idratazione. Il cardinale Bagnasco ha detto, invece, che l’alimentazione e l’idratazione
non devono essere sottratti mai al paziente. Ciò che si deve offrire al malato in
fase finale rimane quello che è stato insegnato finora: ha diritto ad avere l’alimentazione
e l’idratazione e ad avere le terapie necessarie; può rifiutare le terapie proporzionate
e gli accanimenti terapeutici. Queste dichiarazioni non equivalgono al “testamento
di vita”.
D. – Mons. Sgreccia, si ritiene che sia
arrivato comunque il momento di pensare ad una legge che possa evitare di scivolare
poi in derive di vario genere?
R. – Sì, ma non perché
questo fosse necessario. Si accetta un discorso di una legge, perché si impone a causa
non di una scelta della Chiesa, ma di sentenze di tribunali che impongono di fare
delle chiarificazioni.
D. – Una spinta forte è stata
data dal caso Englaro…
R. – Sì. Per evitare queste
fughe verso l’eutanasia compare la necessità di una legge, ma si tratta di una legge
di difesa del paziente dall’eutanasia e non di una legge di accoglienza del “testamento
di vita”.