La Beatificazione di Vincenza Maria Poloni, apostola della misericordia. Il commento
del vescovo di Verona Giuseppe Zenti
“Senza la misericordia la nostra civiltà è più povera. Con la misericordia è più ricca
e umana”: con queste parole il prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi,
l’arcivescovo Angelo Amato, ha sintetizzato l’insegnamento di madre Vincenza Maria
Poloni proclamata Beata ieri pomeriggio nella celebrazione eucaristica presieduta
a Verona dal vescovo Giuseppe Zenti. La nuova Beata, infatti, è la fondatrice dell’Istituto
delle Suore della Misericordia di Verona. Il servizio di Fausta Speranza.
E’ stata
“modello della intramontabile carità cristiana”, ha detto l’arcivescovo Amato ricordando
che la nuova Beata è vissuta nella prima metà dell’Ottocento, un secolo in cui “la
Chiesa di Verona è stata benedetta da una straordinaria costellazione di santi e
sante, la cui opera e il cui nome è ancora vivo e presente tra noi”. “Una quotidianità
esemplare”, prima in famiglia poi come fondatrice delle opere per bisognosi, è il
punto di forza della comprovata “eroicità delle virtù” di madre Vincenza Maria Poloni
che fondò insieme con il Beato Carlo Steeb, le Sorelle della Misericordia di Verona,
anche per offrire ricovero a donne anziane o ammalate, che tanto impegno profuse nell’Ospedale
cittadino per l’assistenza medica e spirituale agli allora abbastanza frequenti malati
di colera. L’arcivescovo Angelo Amato ha voluto sottolineare la sua capacità di “atti
concreti di sottomissione e di umiliazione” e poi due tratti caratteristici della
sua personalità: a fronte di molti fatti, pochissime parole, tanto che non restano
suoi scritti ma tante testimonianze orali delle sue opere; e poi un “atteggiamento
di alta professionalità nel lavoro”. La santità, infatti, - ha spiegato mons. Amato
– non solo sviluppa le virtù teologali della fede, speranza e carità, ma si manifesta
anche mediante virtù umane altamente esemplari, come fortezza, perseveranza, competenza,
umiltà, precisione nell’adempimento dei doveri del proprio stato”. Ma qual è stata
l’atmosfera alla Beatificazione di ieri e come la cittadinanza sente la figura e l’insegnamento
della nuova Beata Vincenza Maria Poloni? Lo abbiamo chiesto al vescovo di Verona,
mons Giuseppe Zenti:
R. – La
Beata era poco conosciuta, è stata fatta conoscere recentissimamente; però, la risposta
non soltanto dei veronesi, ma anche delle diocesi in cui le Sorelle sella Misericordia
operano, si sono fatte vive più che mai. Si calcola che fossero 8-10 mila persone,
in questa Beatificazione, ed è stata conosciuta - proprio in questi tempi – come un
carisma che noi vedevamo già attuato dalle sue figlie spirituali, le Sorelle della
Misericordia, ma come una donna di altissimo valore, che si è dedicata agli ultimi
anima e corpo. Il clima di ieri è stato, direi, una grazia, vissuta insieme, molta
serenità, un silenzio profondissimo durante tutto il rito, una vibrazione autentica
dell’animo - favorita anche da un bel coro e dall’insieme di chi partecipava.
D.
– Eccellenza, un’intramontabile carità cristiana, atti concreti di sottomissione e
di umiliazione, un atteggiamento di alta professionalità nel lavoro; ecco, è facile,
oggi, capire parole come “sottomissione” e “umiliazione”, soprattutto rispettarle
e viverle nella propria vita, in una società che tende alla superefficienza?
R.
– Effettivamente sono parole molto pesanti, che si capiscono soltanto in una generosità
di dedizione che non teme neppure le umiliazioni. Quindi, prima dell’umiliazione,
ci sta la dedizione, che non si ferma di fronte a nessun ostacolo, affronta tutti
i sacrifici; per così dire, quella stessa strada che ha percorso Gesù, che non si
è fermato neppure di fronte alla prospettiva della Croce, tanto era dedicato al Padre
per la salvezza dell’umanità. Oggi più che mai bisogna proprio insegnarlo alle giovani
generazioni, che i motivi del vivere valgono più del vivere, e che se uno abbassa
troppo la guardia - anche nella formazione, nel senso della generosità, con tutti
i sacrifici e le umiliazioni che sono connessi – non educa di fatto, non si educa.