Dal Papa i vescovi dell'Uruguay in visita ad Limina: intervista con il presidente
della Conferenza episcopale
Il Papa ha ricevuto oggi il primo gruppo di vescovi uruguayani per la visita ad Limina.
L’Uruguay, ex colonia spagnola indipendente dal 1825, conta oltre tre milioni di abitanti,
il 40% dei quali di origine italiana. Sulle sfide pastorali presenti in questo Paese
latinoamericano ascoltiamo il presidente della Conferenza episcopale mons. Carlos
Collazzi, vescovo di Mercedes, al microfono di Davide Dionisi: R.
- Il contesto è molto simile a quello dell’America Latina, ma l’Uruguay è un Paese
originale a causa di una presenza massiccia di immigrati. I nostri cognomi sono italiani,
spagnoli, tedeschi. Rispetto al resto del continente non abbiamo indigeni, per certi
versi siamo molto simili all’Europa. Per molti cittadini latinoamericani andare in
Uruguay, vuol dire andare in America, cioè approdare in un luogo dove il futuro è
assicurato. Arrivando qui, ognuno ha portato con sé testimonianze della cultura di
appartenenza e questa è una delle particolarità del nostro Paese. L’altra specificità
riguarda la diffusione di una mentalità laicista e secolarista, anche se gli uruguayani
hanno un senso religioso molto forte. Questo per noi è grande motivo di sofferenza
ma, al tempo stesso, rappresenta la grande sfida.
D.
- La Chiesa in America Latina sta affrontando questioni cruciali come la difesa della
vita e della famiglia. Qual è la situazione in Uruguay?
R.
- La vita e la famiglia sono al momento le altre nostre priorità. Ma credo che siano
questioni aperte ovunque. Per quel che riguarda il dibattito attuale sulla depenalizzazione
dell’aborto, la Chiesa ha fatto sentire la sua voce chiara e forte. Confidiamo anche
nell’impegno del presidente della Repubblica, medico di professione, che ha dichiarato
in più occasioni che nel caso in cui il parlamento varasse leggi pro-aborto, lui porrebbe
il suo veto. E un veto presidenziale ad una legge, comprometterebbe di certo il proseguimento
del suo iter. Aggiungo che la sua non è una posizione confessionale. Anche in occasione
dell’incontro con la Commissione permanente della Conferenza episcopale, il presidente
ha ribadito che non avrà alcuna esitazione a continuare sulla sua strada. La Conferenza
episcopale in più occasioni si è espressa non solo sull’interruzione della gravidanza,
ma anche sulle coppie omosessuali.
D. - Quale è
la situazione delle vocazioni?
R. - Si è sempre detto
che la mancanza di sacerdoti e di religiosi è un problema che interessa l’Uruguay,
ma abbiamo un numero di vocazioni sempre costante. Non registriamo cali e in questo
è evidente che il Signore non ci fa mancare il suo aiuto. Siamo certamente bisognosi
di preti. In più occasioni ci siamo avvalsi del prezioso supporto dei sacerdoti fidei
donum. Per alimentare la pastorale vocazionale, è necessario puntare sulla pastorale
giovanile. In questo ci aiuta la scuola cattolica che conta un numero considerevole
di allievi, nonostante abbia molte difficoltà. Non dimentichiamo che non riceve alcuna
sovvenzione dallo Stato, così i genitori per far studiare i propri figli da noi sono
costretti a pagare interamente le rette. E’ cresciuto in questi anni il diaconato
permanente che non sostituisce certamente i preti, ma con la propria identità è riuscito
a lavorare al nostro fianco facendoci raggiungere traguardi importanti.
D.
- Cosa sta facendo la Chiesa in Uruguay per dare attuazione al documento di Aparecida?
R.
- Dopo Aparecida, la Chiesa in Uruguay ha tracciato le linee guida dei suoi orientamenti
pastorali. Abbiamo applicato concretamente quanto emerso dalla Conferenza studiando
bene la realtà dove tali principi andavano promossi. Ogni cristiano deve diventare
discepolo o missionario e il nostro compito è quello di risvegliare la missione evangelizzatrice
della Chiesa. Il nostro riferimento biblico è, e rimane, la strada di Emmaus.
D.
- In conclusione, cosa si aspettano i vescovi uruguayani da questa visita ad Limina
e dall'incontro con Benedetto XVI?
R. - Ci aspettiamo
che Pietro, oggi Benedetto XVI, ci confermi nella fede. Arriviamo qui a Roma con un
atto forte di fede, veniamo da molto lontano ma sappiamo che il Santo Padre ci è molto
vicino. La visita ad Limina è una espressione forte della comunione della Chiesa.
Nutriamo molte aspettative su ciò che il Papa ci dirà per confermare la nostra missione
come pastori.