Italia: nessun calo delle firme relative all'8 per mille da destinare alla Chiesa
Nei giorni scorsi alcuni organi di stampa hanno riferito di un calo delle firme relative
all'otto per mille da destinare con la dichiarazione dei redditi a favore della Chiesa
cattolica italiana per quanto riguarda l'anno 2006, e di una lettera aperta dei vescovi,
che verrà pubblicata il mese prossimo, in cui si evidenzia uno stato di allarme per
questo dato. Il quotidiano "Avvenire" è intervenuto per smentire l’allarme dicendo
che il senso del messaggio dei vescovi è un altro. Qual è dunque la reale situazione?
Le firme a favore della Chiesa cattolica italiana sono realmente calate? Adriana
Masotti ne ha parlato con l’ingegner Paolo Mascarino, responsabile del
Servizio per la promozione del sostegno economico alla Chiesa istituito dalla Conferenza
episcopale italiana a seguito dell’ introduzione del nuovo sistema di finanziamento
delle attività religiose e sociali della Chiesa stessa:
R. – Non
sono calate le scelte per la Chiesa e non c’è nessun allarme da parte dei vescovi.
I dati relativi al 2006, che non sono ancora dati ufficiali, hanno indicato che la
Chiesa cattolica ha raccolto addirittura 38 mila firme in più rispetto all’anno precedente.
Però, contemporaneamente, 762 mila persone hanno firmato in più per lo Stato. Quindi,
quando si va a calcolare la quota di scelta per l’8 per mille, poiché lo Stato ha
avuto una crescita superiore alla Chiesa, questo si traduce in 3 punti percentuali
di crescita per lo Stato, che passa dall’8 per cento all’11 per cento. E viceversa
la Chiesa, dunque, ha perso 3 punti in percentuale non perché ha perso, ma perchè
lo Stato è cresciuto di più della Chiesa stessa.
D.
– Quindi, si tratta, diciamo, di un dato che esce da un confronto. Nella lettera dei
vescovi si sottolinea la positività di una crescita del numero delle persone che hanno
fatto comunque una scelta attraverso l’8 per mille. Perché questo è ritenuto un dato
positivo?
R. – L’8 per mille è uno strumento democratico.
Quindi, più grande è la partecipazione dei cittadini e più questo ci rende contenti,
perchè vuol dire che gli italiani stimano e apprezzano anche l’8 per mille come strumento
per sostenere la loro Chiesa, lo Stato o le altre confessioni.
D.
– Qual è il motivo reale per il quale i presuli hanno sentito l’esigenza di rivolgersi
agli italiani, a proposito dell’8 per mille?
R. –
I vescovi italiani hanno approvato nell’assemblea di maggio del 2008 una lettera pastorale
proprio in occasione dei 20 anni dall’avvio della riforma e in particolare i 20 anni
dal documento “Sovvenire alle necessità della Chiesa”. Quindi, questa lettera vuole
riproporre a tutti gli italiani il documento di 20 anni fa e quindi riproporre i valori
della riforma. Inoltre, i vescovi hanno anche ritenuto opportuno ringraziare gli italiani
per tutto il sostegno che hanno dato alla Chiesa in questi 20 anni. Il gesto della
firma dell’8 per mille contiene in sé diversi valori, non costa nulla in più ai contribuenti
e quindi potrebbe sembrare un gesto banale, addirittura. In realtà, è un modo molto
concreto di vivere la propria appartenenza all’intera Chiesa, perchè naturalmente
ciascuno di noi sperimenta la Chiesa nella comunità di riferimento, nella propria
parrocchia, nella diocesi, e dove può interviene con il proprio tempo libero e se
vuole anche con le proprie offerte. Ma se si vuole essere partecipi dell’intera Chiesa
bisogna anche rendersi conto che abbiamo bisogno di risorse per i Paesi del Terzo
Mondo, per le parrocchie meno ricche d’Italia, per le diocesi che sono in difficoltà.
Quindi, firmando per l’8 per mille noi moltiplichiamo la nostra possibilità di raggiungere
situazioni geograficamente distanti da noi ma che possiamo comunque sostenere con
questo gesto.
D. – Scopo dell’8 per mille non è principalmente
quello del sostegno per il clero...
R. – L’8 per
mille nasce con una legge, che vincola l’impiego delle somme assegnate alla Chiesa
cattolica a tre finalità precise: la carità in Italia e nei Paesi del Terzo Mondo,
le esigenze di culto e pastorale della popolazione in Italia e, al terzo posto, il
sostentamento del clero qualora le altre fonti di finanziamento del clero non fossero
sufficienti a sostenere tutti i 39 mila sacerdoti. E parlo quindi dell’impegno nelle
comunità, del lavoro di eventuali sacerdoti che prestano servizio di cappellano militare
negli ospedali o insegnanti di religione, dei redditi degli istituti diocesani, delle
apposite offerte per il clero.
D. – In conclusione,
che cosa ha significato per la Chiesa italiana la riforma del suo sostegno economico?
R.
– Lo Stato italiano, divenuto dopo la guerra una moderna democrazia da un lato e,
dall’altro, la Chiesa cattolica, che ha vissuto una profonda riforma con il Concilio
Vaticano II, si sono incontrati con occhi nuovi e hanno scoperto di poter collaborare
cordialmente per il bene dell’uomo e del Paese. Quindi, anche dal punto di vista dei
rapporti economici tra Stato e Chiesa, la riforma del Concordato è stata fondamentale,
perchè si sono tagliate quelle forme automatiche e dirette di sostegno dello Stato
alla Chiesa che non avevano più senso e si è tornati ad affidarsi ai fedeli, attraverso
sistemi che lo Stato mette a disposizione, favorisce, ma del quale lo Stato non ha
più nessuna responsabilità diretta.