2008-09-16 11:42:01

I vescovi di Panamá in visita ad Limina. Il presidente della Conferenza episcopale: la Chiesa è impegnata a formare cristiani autentici


vescovi di Panamá hanno iniziato in Vaticano la visita ad Limina. Molte le sfide che la Chiesa di questo piccolo ma importante Paese centroamericano sta affrontando. Ce ne parla mons. José Luis Lacunza Maestrojuán, vescovo di David e presidente della Conferenza episcopale panamense. L’intervista è di Alina Tufani.RealAudioMP3
 
R. - A Panamá convivono scandalosamente una crescita economica straordinaria, pari al 10 per cento del PIL, con una povertà estrema che colpisce il 40 per cento della popolazione. È un problema molto serio che come pastori non possiamo trascurare: una società che si definisce cristiana e cattolica (l'85 % dei panamensi si dichiara cattolico) non può tollerare questa situazione di iniquità e, diciamo, di discriminazione economica. Altri problemi sono la violenza che esiste nella nostra società, senza trascurare i giovani, la presenza delle sette eccetera. Da un punto di vista ecclesiale, siamo impegnati ad applicare il documento conclusivo della V Conferenza del CELAM che si è svolta più di un anno fa ad Aparecida, in Brasile. Si tratta di risvegliare il sentimento missionario della Chiesa: bisogna rendersi conto che la Chiesa è per sua natura missionaria, che essere cristiano battezzato, discepolo di Gesù, comporta necessariamente uno stato di missione permanente.

 
D. - Quali sono le cause della povertà e cosa si sta facendo?

 
R. - Non è facile indicare quali siano le cause reali del problema. Da parte dell'attuale esecutivo c'è la volontà di ridistribuire i proventi del Canale di Panamá, cui si deve gran parte della crescita economica. Il governo sta compiendo alcuni passi che, tuttavia, credo non siano sufficienti.

 
D. - La Chiesa in America Latina sta affrontando le questione cruciali della vita e della famiglia. Qual è la situazione a Panamá?

 
R. - Anche a Panamá subiamo attacchi, più o meno diretti. Soprattutto negli ultimi due anni ci sono stati tentativi di introdurre nella legislazione sanitaria e nei programmi educativi il concetto di identità di genere e la propaganda per la contraccezione. E’ chiaro che la maggior parte di questi progetti sono il frutto di direttive provenienti da organismi internazionali cui i governi si piegano per ricevere in cambio qualche tipo di aiuto economico. Le nostre proteste non sono solo in nome della Chiesa ma di tutta l'umanità a favore di una visione più integrale della persona, della vita e della famiglia.

 
D. - Qual è la situazione vocazionale?

 
R. - Grazie a Dio e grazie a una pastorale giovanile più incisiva, stiamo riscontrando una maggiore risposta dei giovani alle vocazioni. Ma occorre segnalare due realtà: da un lato, il nostro cristianesimo, come è accaduto in Europa (e ora se ne vedono le conseguenze), è diventato un cristianesimo culturale, non di convinzione o di scelta. Quindi è un cristianesimo che soccombe facilmente a qualsiasi tipo di attacco, sia da parte di ideologie politiche che religiose: penso alla diffusione delle sette. Dall'altro lato, questa mancanza di convinzione e formazione fa sì che i nostri laici trascurino la partecipazione alla vita interna della Chiesa, ai gruppi liturgici, ai movimenti, all’impegno sociale. Non ci si assume la responsabilità di costruire il mondo reale. La Conferenza di Puebla ha detto che i cristiani devono essere "uomini di Chiesa nel cuore del mondo" e "uomini del mondo nel cuore della Chiesa". Ma questo non accade e così abbiamo in America Latina Paesi con una maggioranza cattolica, ma le cui società non hanno né un'etica né un'identità cattolica.

 
D. - Quali sono le aspettative dei vescovi panamensi per questa visita ad Limina e l'incontro con Benedetto XVI?

 
R. - Per noi la visita alla Santa Sede e questi sia pur brevi momenti di condivisione con il Santo Padre sono sempre molto belli. Il fatto di stare qui insieme per una settimana come gruppo, di poter condividere con i diversi Dicasteri le difficoltà, le realtà e le esperienze della nostra Chiesa è un'occasione molto bella per sentirci uniti a tutta la Chiesa e a Pietro. Non si tratta di una visita burocratica, né di una visita di cortesia, bensì di una visita di comunione, in cui la Chiesa panamense sente con Pietro e rinnova con Pietro la sua missione di servizio, non solo alla Chiesa di Panamá, ma a tutta la Chiesa. In questo senso, per noi è un momento, diciamo, di ecclesialità e di comunione che corresponsabilizza tutti alla vita e alla missione della Chiesa intera.







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