Il Papa incoraggia i vescovi francesi a lavorare nell'unità e nella fiducia in piena
comunione con Pietro
Il Papa ha incontrato nel pomeriggio, presso l’Hémicycle Sainte Bernadette a Lourdes,
la Conferenza episcopale francese svolgendo un ampio discorso in cui ha affrontato
numerose tematiche: dalla crisi delle vocazioni (con l’esortazione a invitare giovani
e meno giovani a rispondere alla chiamata del Signore) alla funzione del sacerdozio,
che “è indispensabile” (“I sacerdoti non possono delegare le loro funzioni ai fedeli
in ciò che concerne i loro propri compiti”), dalla questione del Motu Proprio Summorum
Pontificum sulla possibilità di usare liberamente tanto il Messale di Giovanni XXIII
del 1962 quanto quello di Paolo VI del 1970 ("alcuni frutti di queste nuove disposizioni
si sono già manifestati" nonostante le difficoltà incontrate: "nessuno è di troppo
nella Chiesa. Ciascuno, senza eccezioni, deve potersi sentire 'a casa sua' e mai rifiutato".
"Sforziamoci pertanto di essere sempre servitori dell'unità!") alle preoccupazioni
per la famiglia che affronta “oggi delle vere burrasche” (“spesso le leggi cercano
più di adattarsi ai costumi e alle rivendicazioni di particolari individui o gruppi
che non di promuovere il bene comune della società” ma "l'esperienza insegna che la
famiglia è lo zoccolo solido sul quale poggia l'intera società"), dal sacramento del
matrimonio, di cui si ribadisce l’indissolubilità (“non si possono ammettere le iniziative
che mirano a benedire le unioni illegittime”: ma la Chiesa circonda del più grande
affetto i divorziati risposati) ai giovani, su cui il Papa conta ma il mondo corteggia
e ne blandisce i bassi istinti ("la permissività morale non rende l'uomo felice")
alle radici cristiane della Francia ("le Nazioni non devono mai accettare di veder
sparire ciò che costituisce la loro specifica identità" o "affogare in una spenta
uniformità") e alla "sana collaborazione tra la Comunità politica e la Chiesa nella
consapevolezza e nel rispetto dell'indipendenza e dell'autonomia di ciascuna nel proprio
campo" (“i presupposti socio-politici dell’antica diffidenza o persino ostilità svaniscono
poco a poco”) fino al dialogo ecumenico e interreligioso che va condotto nell’amore
e nella verità e nell’impegno di conoscenza reciproca “perché l’ignoranza distrugge
più che costruire” (ci vuole discernimento: "la buona volontà non basta"). Poi una
riflessione sull'attuale "società globalizzata, pluriculturale e plurireligiosa" vista
come "un'opportunità che il Signore ci offre di proclamare la Verità e di esercitare
l'Amore, nell'intento di raggiungere ogni essere umano senza distinzione, anche al
di là dei limiti della Chiesa visibile". Infine il Papa afferma che la Francia, dopo
la liberazione dal nazismo, ha bisogno oggi di “una vera liberazione spirituale. L’uomo
ha sempre bisogno di essere liberato dalle sue paure e dai suoi peccati. L’uomo deve
senza sosta imparare o re-imparare che Dio non è suo nemico, ma suo Creatore pieno
di bontà”.Questo in sintesi il discorso del Papa, ma sentiamo il servizio della nostra
inviata Francesca Sabatinelli
Ma ecco
il testo integrale del discorso del Papa.
Signori Cardinali, carissimi
Fratelli nell’Episcopato! È la prima volta dall’inizio del
mio Pontificato che ho la gioia di incontrarvi tutti insieme. Saluto cordialmente
il vostro Presidente, il Cardinale André Vingt-Trois, e lo ringrazio delle gentili
parole che mi ha rivolto a vostro nome. Saluto anche con piacere i Vice-Presidenti,
così come il Segretario Generale e i suoi collaboratori. Un saluto caloroso rivolgo
a ciascuno di voi, miei Fratelli nell’Episcopato, che siete venuti dai quattro angoli
della Francia e d’oltremare. Il mio pensiero va anche a Mons. François Garnier, Arcivescovo
di Cambrai, che celebra oggi a Valenciennes il Millenario di “Notre-Dame du Saint-Cordon”. Mi
rallegro di essere stasera tra voi in questo emiciclo intitolato a “Sainte Bernadette”,
che è il luogo ordinario delle vostre preghiere e dei vostri incontri, luogo nel quale
esponete le vostre preoccupazioni e le vostre speranze, luogo anche delle vostre discussioni
e delle vostre riflessioni. Questa sala è posta in un punto privilegiato presso la
grotta e le basiliche mariane. Certo, le visite “ad limina” vi consentono di incontrare
regolarmente il Successore di Pietro a Roma, ma il momento che noi ora viviamo ci
è dato come una grazia per confermare i legami stretti che ci uniscono nella partecipazione
al medesimo sacerdozio direttamente derivante da quello di Cristo redentore. Vi incoraggio
a continuare a lavorare nell’unità e nella fiducia, in piena comunione con Pietro
che è venuto per confermare la vostra fede. Sono tante le vostre attuali preoccupazioni!
So che intendete impegnarvi con entusiasmo a lavorare entro il nuovo quadro definito
con la riorganizzazione della carta delle province ecclesiastiche, e me ne rallegro
vivamente. Vorrei profittare di questa occasione per riflettere con voi su qualche
tema che so essere al centro della vostra attenzione. La Chiesa
– Una, Santa, Cattolica e Apostolica - vi ha generati mediante il Battesimo. Essa
vi ha chiamati al suo servizio; voi le avete donato la vostra vita, prima come diaconi
e sacerdoti, poi come Vescovi. Vi esprimo tutto il mio apprezzamento per questo dono
delle vostre persone: nonostante l’ampiezza del compito, che ne sottolinea l’onore
– honor, onus ! – voi adempite con fedeltà e umiltà il triplice vostro compito, nei
confronti del gregge che vi è affidato, di insegnare, governare, santificare, alla
luce della Costituzione Lumen gentium (nn.25-28) e del Decreto Christus Dominus.
Successori degli Apostoli, voi rappresentate il Cristo a capo delle diocesi che vi
sono state affidate, e vi sforzate di realizzare in esse l’immagine del Vescovo tracciata
da san Paolo; dovete crescere senza posa in questa via, nell’intento di essere sempre
più “ospitali, amanti del bene, assennati, giusti, pii, padroni di voi stessi, attaccati
alla dottrina sicura, secondo l’insegnamento trasmesso” (cfr Tt 1,8-9). Il popolo
cristiano deve guardarvi con affezione e rispetto. Fin dalle origini la tradizione
cristiana ha insistito su questo punto: “Tutti quelli che sono per Dio e per Gesù
Cristo, sono con il Vescovo” scriveva sant’Ignazio di Antiochia (Ai Filad., 3,2),
il quale aggiungeva pure: “Colui che il padrone di casa invia per amministrare la
sua casa, noi dobbiamo accoglierlo come accoglieremmo colui che lo ha inviato” (Agli
Efes. 6,1). La vostra missione, soprattutto spirituale, sta dunque nel creare le condizioni
necessarie perché i fedeli possano “cantare ad una sola voce mediante Cristo un inno
al Padre” (Ibid. 4,2) e in tal modo fare della loro vita un’offerta a Dio. Voi
siete giustamente convinti che per far crescere in ogni battezzato il gusto di Dio
e la comprensione del senso della vita, la catechesi riveste un’importanza fondamentale.
I due strumenti principali di cui disponete, il Catechismo della Chiesa Cattolica
e il Catechismo dei Vescovi di Francia, costituiscono mezzi preziosi. Offrono infatti
una sintesi armoniosa della fede cattolica e consentono di annunciare il Vangelo con
fedeltà reale alla sua ricchezza. La catechesi non è innanzitutto una questione di
metodo, ma di contenuto, come indica il suo stesso nome: si tratta di un’assimilazione
organica (kat-echein) dell’insieme della rivelazione cristiana, capace di mettere
a disposizione delle intelligenze e dei cuori la Parola di Colui che ha dato la sua
vita per noi. In questo modo, la catechesi fa risuonare nel cuore di ciascun essere
umano un unico appello rinnovato senza posa: “Seguimi” (Mt 9,9). Una accurata preparazione
dei catechisti consentirà la trasmissione integrale della fede, secondo l’esempio
di san Paolo, il più grande catechista di tutti i tempi, al quale guardiamo con un’ammirazione
particolare in questo bimillenario della sua nascita. In mezzo alle cure apostoliche
egli esortava così: “Verrà giorno in cui non si sopporterà più la sana dottrina ma,
per il prurito di udire qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo le
proprie voglie, rifiutando di dare ascolto alla verità per volgersi alle favole” (2
Tm 4,3-4). Consapevoli del grande realismo delle sue previsioni, con umiltà e perseveranza
voi vi sforzate di corrispondere alle sue raccomandazioni: “Annunzia la parola, insisti
in ogni occasione opportuna e non opportuna … con ogni magnanimità e dottrina” (2
Tm 4,2). Per realizzare efficacemente questo compito, voi avete
bisogno di collaboratori. Per questo motivo le vocazioni sacerdotali e religiose meritano
più che mai di essere incoraggiate. Sono stato informato delle iniziative che con
fede vengono prese in questo settore e ci tengo a recare tutto il mio sostegno a coloro
che non hanno paura, come ha fatto Cristo, di invitare giovani e meno giovani a mettersi
al servizio del Maestro che è qui e chiama (cfr Gv 11,28). Vorrei ringraziare calorosamente
e incoraggiare tutte le famiglie, tutte le parrocchie, tutte le comunità cristiane
e tutti i Movimenti di Chiesa, che sono il terreno fertile capace di dare il buon
frutto (cfr Mt 13, 8) delle vocazioni. In questo contesto, non posso tralasciare di
esprimere la mia riconoscenza per le innumerevoli preghiere dei veri discepoli di
Cristo e della sua Chiesa. Vi sono tra loro sacerdoti, religiosi e religiose, persone
anziane o malate, anche prigionieri, che per decenni hanno fatto salire a Dio le loro
suppliche per dar compimento al comando di Gesù: “Pregate il padrone della messe perché
mandi operai nella sua messe”(Mt 9,38). Il Vescovo e le comunità di fedeli devono,
per quel che le riguarda, favorire ed accogliere le vocazioni sacerdotali e religiose,
poggiando sulla grazia che dona lo Spirito Santo in vista di porre in atto il discernimento
necessario. Sì, carissimi Fratelli nell’Episcopato, continuate a chiamare al sacerdozio
e alla vita religiosa, così come Pietro gettò le sue reti in adempimento dell’ordine
del Maestro, pur avendo passato la notte a pescare senza prendere nulla (cfr Lc 5,5).
Non si ripeterà mai abbastanza che il sacerdozio è indispensabile
alla Chiesa, nell’interesse dello stesso laicato. I sacerdoti sono un dono di Dio
per la Chiesa. I sacerdoti non possono delegare le loro funzioni ai fedeli in ciò
che concerne i loro propri compiti. Cari Fratelli nell’Episcopato, vi esorto a perseverare
con ogni premura nell’aiutare i vostri sacerdoti a vivere in intima unione con Cristo.
La loro vita spirituale è il fondamento della loro vita apostolica. Li esorterete
pertanto con dolcezza alla preghiera quotidiana e alla degna celebrazione dei Sacramenti,
soprattutto dell’Eucaristia e della Riconciliazione, come faceva san Francesco di
Sales con i suoi preti. Ogni sacerdote deve potersi sentire felice di servire la Chiesa.
Alla scuola del Curato d’Ars, figlio della vostra Terra e patrono di tutti i parroci
del mondo, non cessate di ridire che un uomo non può far nulla di più grande che donare
ai fedeli il Corpo e il Sangue di Cristo e perdonare i peccati. Cercate di essere
attenti alla loro formazione umana, intellettuale e spirituale, come anche ai loro
mezzi di sussistenza. Sforzatevi, nonostante il carico delle vostre pesanti occupazioni,
di incontrarli regolarmente e sappiate riceverli come dei fratelli ed amici (cfr LG
28, CD 16). I sacerdoti hanno bisogno del vostro affetto, del vostro incoraggiamento
e della vostra sollecitudine. Siate loro vicini e abbiate un’attenzione particolare
per coloro che sono in difficoltà, malati o anziani (cfr CD 16). Non dimenticate che
essi sono, come dice il Concilio Vaticano II riprendendo la stupenda espressione usata
da sant’Ignazio di Antiochia nella Lettera ai cristiani di Magnesia, “la corona spirituale
del Vescovo”(cfr LG 41). Il culto liturgico è l’espressione
più alta della vita sacerdotale ed episcopale, come anche dell’insegnamento catechetico.
Il vostro compito di santificazione del popolo dei fedeli, cari Fratelli, è indispensabile
alla crescita della Chiesa. Nel “Motu proprio” Summorum Pontificum sono stato portato
a precisare le condizioni di esercizio di tale compito, in ciò che concerne la possibilità
di usare tanto il Messale del Beato Giovanni XXIII (1962) quanto quello del Papa Paolo
VI (1970). Alcuni frutti di queste nuove disposizioni si sono già manifestati, e io
spero che l’indispensabile pacificazione degli spiriti sia, per grazia di Dio, in
via di realizzarsi. Misuro le difficoltà che voi incontrate, ma non dubito che potrete
giungere, in tempi ragionevoli, a soluzioni soddisfacenti per tutti, così che la tunica
senza cuciture del Cristo non si strappi ulteriormente. Nessuno è di troppo nella
Chiesa. Ciascuno, senza eccezioni, in essa deve potersi sentire “a casa sua”, e mai
rifiutato. Dio, che ama tutti gli uomini e non vuole che alcuno perisca, ci affida
questa missione facendo di noi i Pastori delle sue pecore. Non possiamo che rendergli
grazie per l’onore e la fiducia che Egli ci riserva. Sforziamoci pertanto di essere
sempre servitori dell’unità! Quali sono gli altri campi che richiedono
maggiore attenzione? Le risposte possono differire da una diocesi all’altra, ma vi
è un problema che appare dappertutto di una particolare urgenza: è la situazione della
famiglia. Sappiamo che la coppia e la famiglia affrontano oggi delle vere burrasche.
Le parole dell’evangelista a proposito della barca nella tempesta in mezzo al lago
possono applicarsi alla famiglia: “Il vento gettava le onde nella barca, tanto che
ormai era piena” (Mc 4, 37). I fattori che hanno generato questa crisi sono ben conosciuti,
e non mi soffermerò perciò ad elencarli. Da vari decenni le leggi hanno relativizzato
in molti Paesi la sua natura di cellula primordiale della società. Spesso le leggi
cercano più di adattarsi ai costumi e alle rivendicazioni di particolari individui
o gruppi, che non di promuovere il bene comune della società. L’unione stabile di
un uomo e di una donna, ordinata alla edificazione di un benessere terreno, grazie
alla nascita di bambini donati da Dio, non è più, nella mente di certuni, il modello
a cui l’impegno coniugale mira. Tuttavia l’esperienza insegna che la famiglia è lo
zoccolo solido sul quale poggia l’intera società. Di più, il cristiano sa che la famiglia
è anche la cellula viva della Chiesa. Più la famiglia sarà imbevuta dello spirito
e dei valori del Vangelo, più la Chiesa stessa ne sarà arricchita e risponderà meglio
alla sua vocazione. Conosco, per altro, ed incoraggio vivamente gli sforzi che fate
per recare il vostro sostegno alle diverse associazioni che operano per aiutare le
famiglie. Avete ragione di attenervi con fermezza, anche a costo di andare controcorrente,
ai principi che fanno la forza e la grandezza del Sacramento del matrimonio. La Chiesa
vuol restare indefettibilmente fedele al mandato che le ha affidato il suo Fondatore,
il nostro Maestro e Signore Gesù Cristo. Essa non cessa di ripetere con Lui: “Ciò
che Dio ha unito l’uomo non lo separi!” (Mt 19,6). La Chiesa non si è data da sola
questa missione: l’ha ricevuta. Certo, nessuno può negare l’esistenza di prove, a
volte molto dolorose, che certi focolari attraversano. Sarà necessario accompagnare
le famiglie in difficoltà, aiutarle a comprendere la grandezza del matrimonio, e incoraggiarle
a non relativizzare la volontà di Dio e le leggi di vita che Egli ci ha dato. Una
questione particolarmente dolorosa è quella dei divorziati risposati. La Chiesa, che
non può opporsi alla volontà di Cristo, conserva con fedeltà il principio dell’indissolubilità
del matrimonio, pur circondando del più grande affetto gli uomini e le donne che,
per ragioni diverse, non giungono a rispettarlo. Non si possono dunque ammettere le
iniziative che mirano a benedire le unioni illegittime. L’Esortazione apostolica Familiaris
consortio ha indicato il cammino aperto da un pensiero rispettoso della verità e della
carità. I giovani, lo so bene cari Fratelli, sono al centro
delle vostre preoccupazioni. Voi dedicate loro molto tempo, e avete ragione. Come
avete potuto constatare, ne ho appena contattato una moltitudine a Sydney, nel corso
della Giornata Mondiale della Gioventù. Ho potuto apprezzarne l’entusiasmo e la capacità
di consacrarsi alla preghiera. Pur vivendo in un mondo che li corteggia e blandisce
i loro bassi istinti, e portando essi pure il fardello pesante di eredità difficili
da assimilare, i giovani conservano una freschezza d’animo che ha suscitato la mia
ammirazione. Ho fatto appello al loro senso di responsabilità, invitandoli a far leva
sempre sulla vocazione che Dio ha loro donato nel giorno del Battesimo. “La nostra
forza sta in ciò che Cristo vuole da noi”, diceva il Cardinal Jean-Marie Lustiger.
Nel corso del suo primo viaggio in Francia, il mio venerato Predecessore rivolse ai
giovani del vostro Paese un discorso che non ha perduto nulla della sua attualità
e che ricevette allora un’accoglienza di indimenticabile calore. “La permissività
morale non rende l’uomo felice”, proclamò nel Parco dei Principi sotto un uragano
d’applausi. Il buon senso che ispirava la sana reazione del suo uditorio non è morto.
Prego lo Spirito Santo di voler parlare al cuore di tutti i fedeli e, più generalmente,
di tutti i vostri compatrioti, per dare loro – o per loro restituire – il gusto di
una vita condotta secondo i criteri di una vera felicità. All’Eliseo
ho evocato l’altro giorno l’originalità della situazione francese, che la Santa Sede
desidera rispettare. Sono convinto, in effetti, che le Nazioni non devono mai accettare
di veder sparire ciò che costituisce la loro specifica identità. In una famiglia,
il fatto che i diversi membri abbiano lo stesso padre e la stessa madre non comporta
che essi siano soggetti tra loro indifferenziati: sono in realtà persone con una propria
individualità. La stessa cosa avviene per i Paesi, che devono vegliare a preservare
e a sviluppare la loro specifica cultura, senza lasciarla mai assorbire dalle altre
o affogare in una spenta uniformità. “La Nazione è, in effetti, per riprendere le
parole del Papa Giovanni Paolo II, la grande comunità degli uomini uniti tra loro
da legami diversi, ma soprattutto precisamente dalla cultura. La Nazione esiste ‘mediante’
la cultura e ‘per’ la cultura, ed essa è perciò la grande educatrice degli uomini
perché, nella comunità, possano ’essere ancora di più’ ” (Discorso all’UNESCO, 2 giugno
1980, n.14). In questa prospettiva, il porre in evidenza le radici cristiane della
Francia permetterà ad ogni abitante di questo Paese di meglio comprendere da dove
egli venga e dove egli vada. Di conseguenza, nel quadro istituzionale esistente e
nel massimo rispetto delle Leggi in vigore, occorrerebbe trovare una strada nuova
per interpretare e vivere nel quotidiano i valori fondamentali sui quali si è costruita
l’identità della Nazione. Il vostro Presidente ne ha evocato la possibilità. I presupposti
socio-politici dell’antica diffidenza o persino ostilità svaniscono poco a poco. La
Chiesa non rivendica per sé il posto dello Stato. Essa non vuole sostituirglisi. E’
infatti una società basata su convinzioni, che si sente responsabile dell’insieme
e non può limitarsi a se stessa. Essa parla con libertà e dialoga con altrettanta
libertà nel desiderio di giungere alla edificazione della libertà comune. Grazie ad
una sana collaborazione tra la Comunità politica e la Chiesa, realizzata nella consapevolezza
e nel rispetto dell’indipendenza e dell’autonomia di ciascuna nel proprio campo, si
rende all’uomo un servizio che mira al suo pieno sviluppo personale e sociale. Numerosi
punti, primizie di altri che vi si aggiungeranno secondo le necessità, sono già stati
esaminati e risolti in seno alla “Istanza di Dialogo tra la Chiesa e lo Stato”. Di
questa fa naturalmente parte, in virtù della missione sua propria e in nome della
Santa Sede, il Nunzio Apostolico, che è chiamato a seguire attivamente la vita della
Chiesa e la sua situazione nella società. Come sapete, i miei
Predecessori, il Beato Giovanni XXIII, antico Nunzio a Parigi, e il Papa Paolo VI
hanno costituito dei Segretariati che sono divenuti, nel 1988, il Pontificio Consiglio
per la Promozione dell’Unità dei Cristiani e il Pontificio Consiglio per il Dialogo
Interreligioso. Vi si aggiunsero ben presto la Commissione per i Rapporti religiosi
con l’Ebraismo e la Commissione per i Rapporti religiosi con i Musulmani. Questa strutture
sono in qualche modo il riconoscimento istituzionale e conciliare di innumerevoli
iniziative e realizzazioni anteriori. Commissioni e Consigli simili si trovano del
resto nella vostra Conferenza Episcopale e nelle vostre diocesi. La loro esistenza
e il loro funzionamento dimostrano la volontà della Chiesa di andare avanti sviluppando
il dialogo bilaterale. La recente Assemblea plenaria del Pontificio Consiglio per
il Dialogo Interreligioso ha messo in evidenza che il dialogo autentico richiede,
come condizioni fondamentali, una buona formazione per coloro che lo promuovono e
un discernimento illuminato per avanzare poco a poco nella scoperta della Verità.
L’obiettivo dei dialoghi ecumenico e interreligioso, differenti naturalmente nella
loro natura e nelle finalità rispettive, è la ricerca e l’approfondimento della Verità.
Si tratta di un compito nobile e obbligatorio per ogni uomo di fede, perché Cristo
stesso è la Verità. La costruzione di ponti tra le grandi tradizioni ecclesiali cristiane
e il dialogo con le altre tradizioni religiose esigono un reale impegno di conoscenza
reciproca, perché l’ignoranza distrugge più che costruire. D’altra parte, non v’è
che la Verità che permetta di vivere autenticamente il duplice comandamento dell’amore
che ci ha lasciato il nostro Salvatore. Certo, è necessario seguire con attenzione
le diverse iniziative intraprese e discernere quelle che favoriscono la conoscenza
e il rispetto reciproci, così come la promozione del dialogo, ed evitare quelle che
conducono in vicoli ciechi. La buona volontà non basta. Sono convinto che convenga
cominciare con l’ascolto, per poi passare alla discussione teologica ed arrivare infine
alla testimonianza e all’annuncio della fede stessa (cfr Nota dottrinale su certi
aspetti dell’evangelizzazione, n.12: 3 dicembre 2007). Lo Spirito Santo vi doni il
discernimento che deve caratterizzare ogni Pastore. San Paolo raccomanda: “Esaminate
ogni cosa, tenete ciò che è buono” (1 Ts 5,21). La società globalizzata, pluriculturale
e plurireligiosa nella quale viviamo, è un’opportunità che il Signore ci offre di
proclamare la Verità e di esercitare l’Amore, nell’intento di raggiungere ogni essere
umano senza distinzione, anche al di là dei limiti della Chiesa visibile. Nell’anno
che precedette la mia elezione alla Sede di Pietro, ebbi la gioia di venire nel vostro
Paese per presiedervi le cerimonie commemorative del sessantesimo anniversario dello
sbarco in Normandia. Raramente ho avvertito come allora l’attaccamento dei figli e
delle figlie di Francia alla terra dei loro antenati. La Francia celebrava allora
la sua liberazione temporale, al termine di una guerra crudele che aveva fatto innumerevoli
vittime. Ora, è soprattutto per una vera liberazione spirituale che conviene lavorare.
L’uomo ha sempre bisogno di essere liberato dalle sue paure e dai suoi peccati. L’uomo
deve senza sosta imparare o re-imparare che Dio non è suo nemico, ma suo Creatore
pieno di bontà. L’uomo ha bisogno di sapere che la sua vita ha un senso e che egli
è atteso, al termine della sua permanenza sulla terra, a prendere parte senza fine
alla gloria di Cristo nei cieli. Vostra missione è di condurre la porzione di Popolo
di Dio affidata alle vostre cure a riconoscere questo termine glorioso. Vogliate accogliere
qui l’espressione della mia ammirazione e della mia gratitudine per tutto quel che
fate nell’intento di progredire in questo senso. Siate certi della mia preghiera quotidiana
per ciascuno di voi. Vogliate credere che non cesso di domandare al Signore e alla
sua Madre di guidarvi sulla vostra strada. Con gioia ed emozione
vi affido, carissimi Fratelli nell’Episcopato, a Nostra Signora di Lourdes e a santa
Bernadette. La potenza di Dio si è sempre manifestata nella debolezza. Lo Spirito
Santo ha sempre lavato ciò che era sordido, irrigato ciò che era arido, raddrizzato
ciò che era sviato. Il Cristo Salvatore, che ha voluto fare di noi strumenti di comunicazione
del suo amore agli uomini, non cesserà mai di farvi crescere nella fede, nella speranza,
nella carità, per darvi la gioia di condurre a Lui un numero crescente di uomini e
di donne del nostro tempo. Nell’affidarvi alla sua forza di Redentore, imparto a voi
tutti dal profondo del cuore un’affettuosa Benedizione Apostolica.