Dibattito in Italia sul provvedimento contro la prostituzione
Prosegue in Italia il dibattito sul disegno di legge a firma del ministro delle Pari
Opportunità, Mara Carfagna, approvato giovedì scorso dal Consiglio dei ministri e
che vara nuove misure di contrasto alla prostituzione. Tra le pene previste per le
donne e i loro clienti multe da 200 a 3000 euro e detenzione da 5 a 15 giorni. Decisa
anche l’espulsione e il rimpatrio per i minori non accompagnati. Vengono inoltre inasprite
le pene per chi favorisce la prostituzione minorile. Ascoltiamo in proposito il prof.
Luciano Eusebi, ordinario di diritto penale all’Università Cattolica del Sacro
Cuore, al microfono di Adriana Masotti:
R. –
Il fatto è che in questo modo, il problema viene trattato solo sul piano dell’ordine,
che certo non è trascurabile, ad esempio per i riflessi sotto il profilo educativo;
ma del grosso del fenomeno, che non avviene in strada, non ci si occupa, come se non
facesse problema. Il fatto è che l’intervento finisce per riguardare essenzialmente
persone sfruttate che sono vittime della prostituzione e che finiscono per essere
ulteriormente emarginate. Un’entità detentiva simbolica è di fatto solo la premessa
per una più facile espulsione, e tra l’altro questo si pone in un rapporto molto problematico
con la logica diversa dell’articolo 18 del testo unico sugli stranieri che invece,
come noto, rappresentava la norma orientata a favorire, anche con un permesso di soggiorno
‘ad hoc’, l’iniziativa delle persone sfruttate di uscire dalla situazione in cui si
trovano. Quindi, questa prospettiva mi sembra davvero riduttiva. Per intervenire sul
fenomeno nel suo complesso bisognerebbe riflettere molto sugli strumenti di contrasto
non solo in termini repressivi dello sfruttamento.
D.
– Alcune associazioni, anche in ambito cattolico, temono che il racket troverà altre
forme di organizzazione che potrebbero portare ad uno sfruttamento ancora maggiore
delle donne, non più sotto gli occhi della cittadinanza. Lei che ne pensa?
R.
– Condivido. Ho già detto che il fenomeno già oggi non avviene in strada: in strada
ci sono le persone più emarginate. Il rischio della penalizzazione finisce per rendere
ancor più ferrea la sudditanza nei confronti degli sfruttatori, in contrasto – lo
ripeto – con la prospettiva dell’articolo 18. Tra l’altro, si dice che mentre il cliente
è punito, se si avvale delle prestazioni sessuali in luogo pubblico o aperto al pubblico,
per quanto riguarda chi si prostituisce il reato consiste anche nell’invitare ad avvalersi
delle prestazioni medesime in luogo pubblico o aperto al pubblico. E’ chiaro che,
quindi, diventa molto, molto, molto più facile riferire l’applicazione della norma
soltanto alla persona che è dedita o è sfruttata per ragioni di prostituzione. Manca,
in altre parole, una prospettiva di aiuto nei confronti di queste persone. La logica
è: pena – espulsione – rimpatrio. Si tratta di persone dalle quali non tanto ci dobbiamo
liberare, ma che invece dobbiamo liberare da una situazione che non è conforme alla
loro dignità. E’ la mancanza di questa prospettiva che lascia le maggiori perplessità.
D.
– Multe e carcere dai 5 ai 15 giorni per i clienti: di questo in effetti non si era
mai detto in passato …
R. – Certo, al di là di iniziative
abbastanza sporadiche e scoordinate a livello amministrativo... Personalmente, non
ho difficoltà ad ammettere un intervento nei confronti del cliente: credo che possa
essere significativo. Non dimenticando una cosa, che nella prospettiva di una sensibilità
cristiana è fondamentalissima: questa nostra società – anche se ciò che sto dicendo
può sembrare riferito al tempo non brevissimo – questa nostra società deve avere il
coraggio di porre il nodo educativo relativo al significato delle relazioni sessuali
e delle relazioni intersoggettive. Non possiamo fare un’autentica prevenzione se non
costruiamo consenso su un certo modo di concepire la relazionalità affettiva.
D.
– Quindi il modo di vedere la donna, ad esempio, il corpo, la corporeità …
R.
– Certamente. Credo che sia molto importante condividere, sul terreno etico – al di
là delle tante appartenenze culturali e religiose – l’idea che il corpo non è banale,
nell’umano; la sessualità ci mette in gioco nella nostra integralità di persone, e
allora la sessualità ha a che fare con una relazione, con un rapporto “io-tu”. Credo
che questo sia assolutamente essenziale. Non possiamo trascurare la dimensione educativa,
anche nelle sedi istituzionali scolastiche, e poi immaginare che gli elementi di disturbo
che derivino da certi comportamenti possano essere gestiti soltanto da provvedimenti
di immediato impatto.