2008-09-14 14:41:52

Dibattito in Italia sul provvedimento contro la prostituzione


Prosegue in Italia il dibattito sul disegno di legge a firma del ministro delle Pari Opportunità, Mara Carfagna, approvato giovedì scorso dal Consiglio dei ministri e che vara nuove misure di contrasto alla prostituzione. Tra le pene previste per le donne e i loro clienti multe da 200 a 3000 euro e detenzione da 5 a 15 giorni. Decisa anche l’espulsione e il rimpatrio per i minori non accompagnati. Vengono inoltre inasprite le pene per chi favorisce la prostituzione minorile. Ascoltiamo in proposito il prof. Luciano Eusebi, ordinario di diritto penale all’Università Cattolica del Sacro Cuore, al microfono di Adriana Masotti:RealAudioMP3


R. – Il fatto è che in questo modo, il problema viene trattato solo sul piano dell’ordine, che certo non è trascurabile, ad esempio per i riflessi sotto il profilo educativo; ma del grosso del fenomeno, che non avviene in strada, non ci si occupa, come se non facesse problema. Il fatto è che l’intervento finisce per riguardare essenzialmente persone sfruttate che sono vittime della prostituzione e che finiscono per essere ulteriormente emarginate. Un’entità detentiva simbolica è di fatto solo la premessa per una più facile espulsione, e tra l’altro questo si pone in un rapporto molto problematico con la logica diversa dell’articolo 18 del testo unico sugli stranieri che invece, come noto, rappresentava la norma orientata a favorire, anche con un permesso di soggiorno ‘ad hoc’, l’iniziativa delle persone sfruttate di uscire dalla situazione in cui si trovano. Quindi, questa prospettiva mi sembra davvero riduttiva. Per intervenire sul fenomeno nel suo complesso bisognerebbe riflettere molto sugli strumenti di contrasto non solo in termini repressivi dello sfruttamento.

 
D. – Alcune associazioni, anche in ambito cattolico, temono che il racket troverà altre forme di organizzazione che potrebbero portare ad uno sfruttamento ancora maggiore delle donne, non più sotto gli occhi della cittadinanza. Lei che ne pensa?

 
R. – Condivido. Ho già detto che il fenomeno già oggi non avviene in strada: in strada ci sono le persone più emarginate. Il rischio della penalizzazione finisce per rendere ancor più ferrea la sudditanza nei confronti degli sfruttatori, in contrasto – lo ripeto – con la prospettiva dell’articolo 18. Tra l’altro, si dice che mentre il cliente è punito, se si avvale delle prestazioni sessuali in luogo pubblico o aperto al pubblico, per quanto riguarda chi si prostituisce il reato consiste anche nell’invitare ad avvalersi delle prestazioni medesime in luogo pubblico o aperto al pubblico. E’ chiaro che, quindi, diventa molto, molto, molto più facile riferire l’applicazione della norma soltanto alla persona che è dedita o è sfruttata per ragioni di prostituzione. Manca, in altre parole, una prospettiva di aiuto nei confronti di queste persone. La logica è: pena – espulsione – rimpatrio. Si tratta di persone dalle quali non tanto ci dobbiamo liberare, ma che invece dobbiamo liberare da una situazione che non è conforme alla loro dignità. E’ la mancanza di questa prospettiva che lascia le maggiori perplessità.

 
D. – Multe e carcere dai 5 ai 15 giorni per i clienti: di questo in effetti non si era mai detto in passato …

 
R. – Certo, al di là di iniziative abbastanza sporadiche e scoordinate a livello amministrativo... Personalmente, non ho difficoltà ad ammettere un intervento nei confronti del cliente: credo che possa essere significativo. Non dimenticando una cosa, che nella prospettiva di una sensibilità cristiana è fondamentalissima: questa nostra società – anche se ciò che sto dicendo può sembrare riferito al tempo non brevissimo – questa nostra società deve avere il coraggio di porre il nodo educativo relativo al significato delle relazioni sessuali e delle relazioni intersoggettive. Non possiamo fare un’autentica prevenzione se non costruiamo consenso su un certo modo di concepire la relazionalità affettiva.

 
D. – Quindi il modo di vedere la donna, ad esempio, il corpo, la corporeità …

 
R. – Certamente. Credo che sia molto importante condividere, sul terreno etico – al di là delle tante appartenenze culturali e religiose – l’idea che il corpo non è banale, nell’umano; la sessualità ci mette in gioco nella nostra integralità di persone, e allora la sessualità ha a che fare con una relazione, con un rapporto “io-tu”. Credo che questo sia assolutamente essenziale. Non possiamo trascurare la dimensione educativa, anche nelle sedi istituzionali scolastiche, e poi immaginare che gli elementi di disturbo che derivino da certi comportamenti possano essere gestiti soltanto da provvedimenti di immediato impatto.







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