Grande successo di pubblico alle Paralimpiadi di Pechino
Proseguono con successo a Pechino – fino al prossimo 17 settembre – le Paralimpiadi,
i giochi olimpici per atleti con disabilità fisiche, visive o intellettive. La Cina
detiene il primato nel numero totale di medaglie vinte nelle varie discipline, seguita
da Gran Bretagna e Stati Uniti. Tra i 56 Paesi in gara, l’Italia è al 28.mo posto.
Dal 1948, quando vennero organizzate per la prima volta in Gran Bretagna con il nome
di “Stoke Mandeville Games”, le Paralimpiadi hanno cambiato il modo di concepire lo
sport. Paolo Ondarza ne ha parlato con Giunio De Santis, segretario
generale del comitato italiano paralimpico.
R. – Sono
giochi strepitosi ed il popolo cinese ha veramente risposto a questo evento. Non ce
l’aspettavamo una risposta di questo tipo! Ha risposto nel modo in cui dovrebbe rispondere
un Paese civile, all’avanguardia in tema di sport. C’è un’affluenza di pubblico incredibile.
E' un grandissimo spettacolo a livello mediatico.A livello proprio di comunicazione
e di visibilità c’è stato un importante incremento rispetto al passato. Naturalmente,
siamo ancora lontani da quelli che dovrebbero essere – a nostro giudizio – il rispetto
e la considerazione per un movimento che ha raggiunto lo stesso livello delle Olimpiadi;
parliamo di 200 atleti che sono assolutamente equiparabili ai 2.200 atleti dei Giochi
Olimpici. D. – Forse la mancanza di rilevanza data dai media
è dovuta anche ad una concezione oggi dello sport, spesso associato alla forma fisica
perfetta … R. – Credo che in Italia abbiamo fatto tanti passi
– passi da gigante – ma siamo molto indietro rispetto a questo concetto che è culturale.
Perché è solo in Italia, dove vige la regola del calcio, che i giochi olimpici hanno
la loro vetrina ogni quattro anni. Gli altri sport sono ritenuti sport minori e così
anche i giochi paralimpici. Ma negli altri Stati, e parlo soprattutto di Paesi europei
- Germania, Spagna, Gran Bretagna - c’è quasi parità assoluta tra gli sport olimpici
e quelli paralimpici. E’ un problema italiano, ma tanti passi da gigante – ripeto
– sono stati fatti in questo senso. D. – Una riflessione sulle
strutture sportive in Italia: quanto sono idonee, organizzate per favorire la fruizione
della pratica sportiva da parte degli atleti disabili? R. –
Siamo molto indietro. Purtroppo, non è bello constatarlo, ma è così. Ci vuole assolutamente
la collaborazione di tutte le istituzioni, non soltanto territoriali, ma anche quelle
nazionali.