Benedetto XVI a Parigi come testimone di un Dio che ama e salva: "le radici della
Francia sono cristiane". "I giovani, la mia preoccupazione più grande"
Benedetto XVI ha iniziato oggi il suo viaggio pastorale in Francia in occasione del
150.mo anniversario delle apparizioni di Lourdes. Il Pontefice è arrivato stamani
poco dopo le 11.00 all’aeroporto di Orly accolto con grande cordialità dal presidente
francese Nicolas Sarkozy. Alle 12.30 la cerimonia di benvenuto all'Eliseo. Ecco il
testo del primo discorso del Papa in Francia:
Signor Presidente, Signore
e Signori, cari amici! Ponendo piede per la prima
volta sul suolo di Francia dopo che la Provvidenza mi ha chiamato alla Sede di Pietro,
mi sento commosso e onorato per l’accoglienza calorosa che mi avete riservato. A Lei,
Signor Presidente, sono particolarmente grato per il cordiale invito fattomi a visitare
il Suo Paese, così come per le gentili parole di benvenuto che mi ha ora rivolto.
Come non ricordare la visita che Vostra Eccellenza mi ha reso in Vaticano nove mesi
or sono? Attraverso la Sua persona, saluto tutti coloro che abitano questo Paese dalla
storia millenaria, dal presente ricco di eventi e dal futuro promettente. Sappiano
che la Francia è molto spesso al centro della preghiera del Papa, il quale non può
dimenticare tutto ciò che essa ha apportato alla Chiesa nel corso di venti secoli!
La ragione principale del mio viaggio è la celebrazione del 150° anniversario delle
apparizioni della Vergine Maria a Lourdes. Desidero unirmi alla folla degli innumerevoli
pellegrini del mondo intero, che nel corso di quest’anno convergono verso il santuario
mariano, animati dalla fede e dall’amore. È una fede, è un amore che vengo a celebrare
qui, nel vostro Paese, nel corso delle quattro giornate di grazia che mi sarà dato
di passarvi. Il mio pellegrinaggio a Lourdes doveva prevedere
una sosta a Parigi. La vostra capitale mi è familiare e la conosco bene. In essa ho
sovente sostato e, nel corso degli anni, in ragione dei miei studi e delle mie precedenti
mansioni, vi ho intrecciato buone amicizie umane e intellettuali. Vi ritorno quindi
con gioia, lieto dell’occasione che mi è così offerta di rendere omaggio all’imponente
patrimonio di cultura e di fede che ha plasmato il vostro Paese in modo splendido
durante secoli e che ha offerto al mondo grandi figure di servitori della Nazione
e della Chiesa, il cui insegnamento ed esempio hanno naturalmente oltrepassato i confini
geografici e nazionali per contrassegnare il divenire del mondo. In occasione della
Sua visita a Roma, Signor Presidente, Ella ha ricordato che le radici della Francia
- come quelle dell’Europa – sono cristiane. Basta la storia a dimostrarlo: fin dalle
origini il Suo Paese ha ricevuto il messaggio del Vangelo. Se i documenti fanno a
volte difetto, resta comunque il fatto che l’esistenza di comunità cristiane nella
Gallia è attestata in data molto antica: non si può ricordare senza emozione che la
città di Lione aveva un Vescovo già nella metà del II secolo e che sant’Ireneo, l’autore
dell’Adversus haereses, vi rese una testimonianza eloquente del vigore del pensiero
cristiano. Ora, sant’Ireneo era venuto da Smirne per predicare la fede nel Cristo
risorto. Lione aveva dunque un Vescovo la cui lingua materna era il greco: vi può
essere un segno più bello della natura e della destinazione universale del messaggio
cristiano? La Chiesa, impiantata in epoca antica nel Suo Paese, vi ha svolto un ruolo
civilizzatore al quale mi piace rendere omaggio in questo luogo. Ella stessa vi ha
fatto allusione nel Suo discorso al Palazzo del Laterano nel dicembre scorso. Trasmissione
della cultura antica attraverso monaci, professori e copisti, formazione dei cuori
e degli spiriti all’amore del povero, aiuto ai più sprovveduti mediante la fondazione
di numerose Congregazioni religiose, il contributo dei cristiani al consolidarsi delle
istituzioni della Gallia, poi della Francia, è troppo conosciuto perché mi ci dilunghi.
Le migliaia di cappelle, di chiese, di abbazie, e di cattedrali che adornano il cuore
delle città o la solitudine delle campagne dicono abbastanza su come gli antichi padri
nella fede hanno voluto onorare Colui che aveva loro donato la vita e che ci conserva
nell’esistenza. Numerose persone, anche qui in Francia, si
sono soffermate a riflettere sui rapporti tra Chiesa e Stato. In verità, sul problema
delle relazioni tra sfera politica e sfera religiosa Cristo aveva già offerto il criterio
di fondo in base al quale trovare una giusta soluzione. Lo fece quando, rispondendo
ad una domanda che gli era stata posta, affermò: “Rendete a Cesare ciò che è di Cesare
e a Dio ciò che è di Dio” (Mc 12,17). La Chiesa in Francia gode attualmente di un
regime di libertà. La diffidenza del passato si è trasformata poco a poco in un dialogo
sereno e positivo, che si consolida sempre di più. Un nuovo strumento di dialogo esiste
dal 2002 ed io ho grande fiducia nel suo lavoro, perché la buona volontà è reciproca.
Sappiamo che restano ancora aperti certi territori di dialogo che dovremo percorrere
e bonificare poco a poco con determinazione e pazienza. Lei ha del resto utilizzato,
Signor Presidente, l’espressione di “laicità positiva” per qualificare questa comprensione
più aperta. In questo momento storico in cui le culture si incrociano tra loro sempre
di più, sono profondamente convinto che una nuova riflessione sul vero significato
e sull’importanza della laicità è divenuta necessaria. E’ fondamentale infatti, da
una parte, insistere sulla distinzione tra l’ambito politico e quello religioso al
fine di tutelare sia la libertà religiosa dei cittadini che la responsabilità dello
Stato verso di essi e, dall’altra parte, prendere una più chiara coscienza della funzione
insostituibile della religione per la formazione delle coscienze e del contributo
che essa può apportare, insieme ad altre istanze, alla creazione di un consenso etico
di fondo nella società. Il Papa, testimone di un Dio che ama
e che salva, si sforza di essere un seminatore di carità e di speranza. Ogni umana
società ha bisogno di speranza e questa necessità è ancora più forte nel mondo d’oggi
che offre poche aspirazioni spirituali e poche certezze materiali. I giovani sono
la mia preoccupazione più grande. Alcuni di loro faticano a trovare un orientamento
che loro convenga o soffrono di una perdita di riferimenti nella loro vita familiare.
Altri ancora sperimentano i limiti di un comunitarismo religioso condizionante. Messi
a volte ai margini e spesso abbandonati a se stessi, sono fragili e devono affrontare
da soli una realtà che li supera. E’ dunque necessario offrire loro un solido quadro
educativo e incoraggiarli a rispettare e ad aiutare gli altri, così che arrivino serenamente
all’età matura. La Chiesa, in questo campo, può recare il suo contributo specifico.
Anche la situazione sociale del mondo occidentale, segnata purtroppo da una tacita
progressione della distanza tra ricchi e poveri, mi preoccupa. Sono certo che è possibile
trovare soluzioni giuste che, andando oltre l’aiuto immediato necessario, giungano
al cuore dei problemi nell’intento di proteggere i deboli e di promuovere la loro
dignità. Attraverso le sue numerose istituzioni e iniziative la Chiesa, come del resto
numerose associazioni nel Suo Paese, cerca spesso di provvedere alle necessità immediate,
ma è allo Stato che spetta di legiferare per sradicare le ingiustizie. In una cornice
molto più larga, Signor Presidente, mi dà pensiero anche lo stato del nostro pianeta.
Con grande generosità Dio ci ha affidato il mondo da Lui creato. E’ urgente imparare
a rispettarlo e a proteggerlo meglio. Mi sembra che sia venuto il momento di fare
delle proposte più costruttive per garantire il benessere delle generazioni future. L’esercizio
della Presidenza dell’Unione Europea costituisce per il Suo Paese l’occasione di testimoniare
l’attaccamento della Francia, secondo la sua nobile tradizione, ai diritti dell’uomo
e alla loro promozione per il bene dell’individuo e della società. Quando il cittadino
europeo vedrà e sperimenterà personalmente che i diritti inalienabili della persona
umana, dal concepimento fino alla morte naturale, come anche quelli relativi all’educazione
libera, alla vita familiare, al lavoro, senza dimenticare naturalmente i diritti religiosi,
quando dunque il cittadino europeo si renderà conto che questi diritti, che costituiscono
un tutto indissociabile, sono promossi e rispettati, allora comprenderà pienamente
la grandezza dell’edificio dell’Unione e ne diverrà un attivo artefice. Il compito
che Le incombe, Signor Presidente, non è facile. I tempi sono incerti ed è una impresa
ardua trovare la strada buona in mezzo ai meandri del quotidiano sociale ed economico,
nazionale e internazionale. In particolare, di fronte al pericolo del riemergere di
vecchie diffidenze, tensioni e contrapposizioni tra Nazioni, di cui oggi siamo preoccupati
testimoni, la Francia, storicamente sensibile alla riconciliazione tra i popoli, è
chiamata ad aiutare l’Europa a costruire la pace dentro i suoi confini e nel mondo
intero. E’ importante, a tale riguardo, promuovere un’unità che non può e non vuole
divenire uniformità, ma che è capace di garantire il rispetto delle differenze nazionali
e delle diverse tradizioni culturali, che costituiscono una ricchezza nella sinfonia
europea, rammentando, d’altra parte, che “la stessa identità nazionale non si realizza
se non nell’apertura verso gli altri popoli e attraverso la solidarietà con essi”
(Esort. Ap. Ecclesia in Europa, n.112). Esprimo la mia fiducia che il Suo Paese contribuirà
sempre di più a far progredire questo secolo verso la serenità, l’armonia e la pace. Signor
Presidente, cari amici, desidero ancora una volta esprimervi la mia gratitudine per
questo incontro. Vi assicuro che non mancherò di pregare intensamente per la vostra
bella Nazione, affinché Dio le conceda pace e prosperità, libertà e unità, uguaglianza
e fraternità. Affido questi voti all’intercessione materna della Vergine Maria, Patrona
principale della Francia. Che Dio benedica la Francia e tutti i Francesi!