2008-09-10 15:16:51

Rischiano di allargarsi le violenze anticristiane in India


In un’intervista all’agenzia SIR, mons. Aleixo Das Neves Dias, vescovo di Port Blair, nelle Isole Andamane e Nicobare dipendenti dal governo di New Delhi, sostiene che la situazione in India "potrebbe degenerare”. Dopo le violenze anticristiane nello stato dell’Orissa costate la vita a più di 20 persone, esiste - secondo il presule - il rischio di un allargamento ad “altri Stati indiani notoriamente anticristiani, come il Gujarat, il Madhya Pradesh, il Chattisghar”. “Il governo dell’Orissa e il governo indiano - osserva - non fanno tutto ciò che si dovrebbe fare, nonostante la presenza della polizia, ma se non viene fermata in tempo, la violenza contro i cristiani rischia di propagarsi”. Mons. Dias parla anche delle minacce dei fondamentalisti indù ricevute da mons. Raphael Cheenath, arcivescovo di Cuttack-Bubaneshwar in Orissa, ed elogia la decisione delle autorità di proibire la processione con le ceneri di un leader indù, occasione per nuove violenze anticristiane. Sulla situazione nella regione, Antonella Palermo ha raggiunto telefonicamente a New Delhi l'inviato del quotidiano Avvenire, Claudio Monici:RealAudioMP3

R. - E’ una situazione che ha un po’ dell’inverosimile, perché a un occhio distratto oppure non informato di quello che sta avvenendo all’interno dello Stato dell’Orissa, si tratta di una città dove si respira un’aria di relativa tranquillità: il solito trambusto indiano, la solita povertà e tutte queste cose. Tranne che poi, quando ci si avvicina ai luoghi di culto cristiani, la cosa cambia perché sono tutti assicurati dalla presenza della polizia. E in effetti l’aria che si respira è quella di apprensione e di una tensione che c’è, che è più interna al Paese: è oltre la capitale, qualche centinaio di chilometri all'interno della giungla e nelle altre località e nel distretto di Mandaramal. Lì la situazione certamente è tesa e quello che mi è capitato ne è la cartina tornasole: essendo andato a vedere un meeting induista per curiosità professionale, appena sono stato notato, il mio aspetto occidentale li ha fatti immediatamente gridare: “Ecco, è uno di loro, è uno dei cristiani!”. Un sintomo di tensione che sicuramente esiste, anche se le notizie che arrivano dall’interno adesso non sono più quelle di un paio di settimane fa, con chiese da distruggere, gente da uccidere e sfollati. Anche perché credo che, purtroppo, questo lavoro ormai sia stato già fatto.

 
D. - La giornata di preghiera e di digiuno, indetta domenica scorsa dalla chiesa indiana, pare sia andata bene…

 
R. - La partecipazione qui è stata vissuta con intensità. La comunità cristiana, le varie espressioni certamente hanno un attaccamento alla fede che è sorprendente. E quello è anche il ricovero dove cercare conforto di fronte alla paura, di fronte all’ignoto, di fronte ad una situazione che comunque è di una minoranza presente in questo Paese che comunque deve fare i conti anche con l'isolamento dovuto alle lunghe distanze: per esempio, a Nuova Delhi siamo lontani due ore di aereo dalle località interessate in questo momento dalla aggressione e dalla violenza anti-cristiana. I religiosi con cui ho parlato mi hanno detto: “Per il rito domenicale non è cambiato nulla, abbiamo soltanto chiesto ai nostri fedeli di pregare di più, di unirsi ancora di più alla sofferenza: alla sofferenza di chi ha patito, appunto, anche con il digiuno”.

 
D. - C’è qualche cristiano che cerca di camuffarsi in qualche modo?

 
R. - Direi di no. Quelli che ho potuto incontrare, no. Certamente, agiscono delle dinamiche che a me probabilmente sfuggono, sono sconosciute. Si è parlato di conversioni, e sicuramente ci sono state. Sono popolazioni povere, rurali: popolazioni che perdono tutto, hanno paura, molto spesso non conoscono nulla al di là di quello che è la loro vita, del quotidiano, dell’oggi, non del domani. Quello che è stato ieri è già una cosa superata, perché bisogna andare avanti quotidianamente. Non ho trovato persone timorose della propria fede, direi proprio di no. Anz, la fede c'è ed è forte.







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